XI domenica dopo Pentecoste

Link alle letture.

Il tema comune a queste letture mi sembra la riflessione sul “piccolo resto di Israele”. Elia si sente perduto perché pensa di essere rimasto da solo contro Acab, invece Dio gli risponde: mi sono riservato un piccolo gruppo che tu non conosci. Al di là della vittoria di Elia in questa pagina, il profeta dovrà scappare, Acab gli darà la caccia, si ritroverà di nuovo solo, fallito… allora scoprirà un altro volto di Dio, troverà Dio dove non se lo aspettava: non nel grande terremoto, nel grande incendio o nella grande tempesta ma in quel “soffio leggero”, nel “silenzio svuotato”. Pensava di essere solo, ma dopo scoprirà un amico che sarà per lui come il suo “piccolo resto” (Eliseo), unica amicizia ma carica di significato.

Allo stesso modo Isaia quando vede il grande fallimento della deportazione e dell’esilio, quando pensa che la storia di Israele sia finita, profetizza che vi sarà un “piccolo resto di Israele”, un piccolo gruppo di israeliti che tornerà in quella terra. Un piccolo gruppo posto a testimonianza e a segno per molti. “Un-resto-tornerà” è il nome che il profeta aveva dato ad uno dei suoi figli, ed è anche il cuore della sua visione della salvezza: «Solo un resto – il resto di Giacobbe – farà ritorno al Dio forte. Poiché anche se il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare, soltanto un suo resto ritornerà» (Isaia 10, 21-22).

Una profezia che parla di ritorno e di salvezza nel tempo del non-ritorno, e quindi del non-compimento della promessa fatta ai padri. Ad Abramo, dopo il monte Moria, YHWH aveva detto: «Io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare» (Genesi 22,17). E molte altre volte lo ripeterà, poi, ai suoi figli. Isaia conosce questa grande promessa, che è il fondamento della fede sua e del suo popolo. Crede e ha fiducia in quella parola originaria. Ma i fatti gli dicono il contrario: il popolo è disperso e smarrito. È questa la prima fatica morale, infinita, di tutti i profeta: annunciare una parola e vivere dentro un presente storico che la nega. Così per Elia, per Isaia, per Paolo e per Gesù stesso: la pietra scartata dai costruttori è ciò che rimarrà dopo il fallimento della Croce, in quei pochi uomini pescatori di Galilea. Davvero poca cosa!

Trovo che questo tema sia importante non solo in senso sociale o ecclesiologia, ma sopratutto in senso personale. La vita adulta porta con sé un certo carico di fallimenti e delusioni. Grandi o piccole che siano fanno apparire le promesse giovanili come lontane o impossibili. Il tempo sembra portarsi via di gran fretta le cose belle e la perdita della fede è la soluzione più semplice in queste crisi della vita. Diventare cinici è la soluzione più facile. Alcuni adulti dicono ai ragazzi che esprimono ancora degli ideali e delle speranze: “ma sì, tanto poi vedrai cos’è la vita” oppure “sei ancora giovane e idealista”. Sono frasi che suonano come bestemmie, sono il segno di uomini diventati vecchi invece di saggi. Dentro questo comune cinismo non sappiamo più vedere alcun “resto”, alcuna piccola cosa che abbia senso e valore. Nulla pare colmare il vuoto di chi è diventato cinico.

Talvolta si scopre che la sabbia dell’intero mare che ci era stata promessa il giorno del grande incontro sia soltanto la sabbia della spiaggia sotto l’ombrellone, o soltanto quella che possiamo racchiudere in un pugno. Eravamo partiti in cerca del cielo, pensavamo di aver trovato il paradiso sulla terra, di conoscere Dio ed essere diventati suoi amici. Passano gli anni, e ci ritroviamo circondati da nubi fitte, il paradiso terrestre non lo abbiamo trovato, la vita che pensavamo di vivere non siamo riusciti a viverla perché si è rivelata troppo diversa da come l’avevamo immaginata, e chi è Dio lo sappiamo sempre di meno. Possiamo uscire da queste autentiche depressioni spirituali se ci accorgiamo che è un piccolo “resto” che si salva: tra le pietre scartate qualcosa è rimasto e non è stato buttato via del tutto, la salvezza è veramente quella sola piccola cosa che è sopravvissuta della prima promessa. È quella persona che abbiamo aiutato, quella stretta di mano che abbiamo ricevuto, quel lavoro che abbiamo fatto bene per quarant’anni anche se non era la nostra vocazione, quella preghiera che abbiamo continuato a recitare anche senza capire più le parole che pronunciavamo…

La maggior parte della nostra vita non è diventata quello che volevamo, ma una parola, una sola, è rimasta viva ed è cresciuta; un compito, uno solo, lo abbiamo svolto bene e continuiamo a farlo bene e bello. E così un giorno sentiamo con chiarezza che in quell’umile “pugno di sabbia” c’è tutta la promessa antica; che si è salvata, che ha salvato noi, che ha salvato il mondo intero. Anche i granelli di sabbia contenuti in una mano sono innumerevoli, non li possiamo contare. Volevamo  come Elia una salvezza grande e potente e non l’abbiamo trovata. Finché non scopriamo che era piccola e fragile e per questo non l’avevamo riconosciuta. Eppure, per quanto piccola cosa, pietro butta via dagli altri, è carica di senso e di significato. Come nel miracolo delle piante che possono ritornare a fiorire se solo un piccolo “resto” –magari un rametto che avremmo buttato– è ancora vivo.