VIII Domenica dopo Pentecoste

Letture

LETTURA 1Sam 3, 1-20 Lettura del primo libro di Samuele In quei giorni. Il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al suo posto, i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuele andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore disse a Samuele: «Ecco, io sto per fare in Israele una cosa che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà. In quel giorno compirò contro Eli quanto ho pronunciato riguardo alla sua casa, da cima a fondo. Gli ho annunciato che io faccio giustizia della casa di lui per sempre, perché sapeva che i suoi figli disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per questo io giuro contro la casa di Eli: non sarà mai espiata la colpa della casa di Eli, né con i sacrifici né con le offerte! ». Samuele dormì fino al mattino, poi aprì i battenti della casa del Signore. Samuele però temeva di manifestare la visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli disse: «Samuele, figlio mio». Rispose: «Eccomi». Disse: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi nascosto nulla. Così Dio faccia a te e anche peggio, se mi nasconderai una sola parola di quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svelò tutto e non tenne nascosto nulla. E disse: «È il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene». Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea, seppe che Samuele era stato costituito profeta del Signore. SALMO Sal 62 (63) Dal grembo di mia madre sei tu il mio sostegno. O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua. R Così nel santuario ti ho contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria. Poiché il tuo amore vale più della vita, le mie labbra canteranno la tua lode. R Così ti benedirò per tutta la vita: nel tuo nome alzerò le mie mani. Come saziato dai cibi migliori, con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. R Quando nel mio letto di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. R EPISTOLA Ef 3, 1-12 Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini Fratelli, io, Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani… penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del vangelo, del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua potenza. Ame, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. VANGELO Mt 4, 18-22 ✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo In quel tempo. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, il Signore Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Il tema delle letture di oggi è quello della vocazione. Mi sono chiesto anzitutto cosa significa oggi la parola vocazione, come ancora oggi possiamo vivere una forma di chiamata simile a quella descritta nei Vangeli.

Credo che ciò che possiamo definire “vocazionale” nella nostra vita (un certo lavoro, uno particolare campo di studio, una relazione affettiva, una famiglia o una forma di vita diversa) abbia sempre a che fare con una fatica, un sacrificio, che in quel campo, fatta per quella persona, non si riduce ad essere una semplice fatica, ma acquista un senso e diventano il nostro modo di amare. Quando i discepoli saranno in crisi e diranno al Signore: “noi abbiamo lasciato tutto e dunque cosa ne abbiamo?”, Gesù ricorda che la fatica che gli è chiesta ha una ricompensa cento volte più grande perché trasforma il sacrificio solamente patito in un modo di voler bene. Questa trasformazione è possibile perché uno in quel campo, con quelle persone, dentro ciò che gli chiede questa fatica, ha incontrato Cristo. Cristo trasforma in noi il sacrificio subito in un gesto di dono.

Quale sia il campo dove uno realizza questa trasformazione, quale sia lo stato di vita dove uno trova che la fatica della vita non è sprecata ma gli è chiesta, è giusta, è leggera, perché è il suo modo di voler bene… questo è dato alla storia di ciascuno e non è fissato a priori. Come per questo vangelo, la ricerca di questo campo ha a che fare con quello che siamo, con la nostra storia ed è straordinario come ogni autentica chiamata sappia non buttare via nulla di quello che siamo. Mentre ciò che non è vocazione (un lavoro sbagliato o una donna sbagliata o una vita sbagliata) alla fine ti chiedono di rinunciare a quello che sei o a quello che sei stato, chiedono di negare “parti di te”, ciò che è la tua vocazione non butta via nulla. Per questo Gesù dice: “vi farà pescatori di uomini”. “Pescatori” erano loro; era il mestiere che facevano tutti i gironi, era la loro essenza e ciò non è stato buttato via. Gesù non gli ha detto: avete sbagliato tutto fino ad oggi, da oggi fate quello che vi dico io. Ma ha usato quello stesso lavoro che sapevano fare per altro. Così ogni autentica forma vocazionale non butta nulla di quello che sei e della tua storia. Una ragazza che pretendesse di escludere la storia del suo moroso, pretendesse di prendere dal suo moroso solo per ciò che lei vuole vedere, oppure un lavoro che pretendesse di annichilire chi lo fa, di sfruttarlo come una macchina o peggio di non lasciare spazio per il carisma personale di ciascuno… non credo sarà una relazione o un lavoro vocazionali, dove uno può trasformare la fatica in amore.

Vocazione è certamente sinonimo di felicità. Perché significa aver trovato sé stessi, il proprio posto nel mondo, dato non dall’obbligo sociale, ma dalla scoperta più vera di ciò che si è. Poi, vocazione è felicità in quanto il sacrificio fa parte della vita stessa ed esso o viene subito, o si diventa cinici e ci si aliena dalla vita, oppure deve essere cambiato in altro, trasformato, ma non possiamo cambiarlo da soli a forza di volontà. Per questo vocazione è parola così alta che non può essere ridotta a una tecnica per scoprire le proprie propensioni o le proprie passioni, ma resta invece anche una grazia, un dono improvviso che ci raggiunge inaspettato, una chiamata da aspettare e da chiedere.

Un ultimo particolare. Molti commentatori di questo vangelo hanno messo in luce come sia strano e storicamente inimmaginabile questa immediata reazione dei discepoli. Come può accadere, hanno rivelato in molti, che una persona chiamata sulle rive di un lago da un uomo, lasci tutto, che abbandoni le sue cose così improvvisamente. Così molti commentatori hanno supposto che in realtà Gesù conoscesse già prima questi discepoli, magari da anni, e che questo fosse soltanto come un approdo, come il momento narrativo simbolico del giorno che si sono distanziati definitivamente dal loro mestiere per seguire quel maestro che già conoscevano.

Tuttavia, quello che dimentica questa lettura, è di prendere sul serio questo “subito” (“subito lo seguirono”). È possibile questo “subito” se si capisce la portata e la grandezza di poter rispondere al nostro desiderio più vero, se si capisce il fascino e l’attrattiva che si prova quando per un attimo la vita, il nostro essere qui, hanno un posto, un luogo e una verità. Da adulti è più difficile ricordarsi quanto desideriamo questo e quando lo ricerchiamo. Ieri un ragazzo di diciott’anni mi ha detto che si alza alle tre di notte quando esce l’album del suo cantante preferito… noi adulti ci dimentichiamo di quanto l’anima abbia profondamente bisogno di qualcosa in grado di corrispondergli e di quanto desideriamo poter ritrovare noi stessi, dare senso alla fatica della nostra vita senza sentirci schiavi del lavoro, di una famiglia o dei ruoli di una società. Se capissimo questo non ci stupiremmo di questo “subito”. È un’attrattiva che in fondo abbiamo desiderato anche noi e che possiamo capire benissimo.