VII domenica dopo il martirio di S. Giovanni

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È difficile spiegare delle parabole; non sono state dette per essere spiegate. È come commentare una poesia: c’è sempre il rischio di capire troppo o di non capire nulla. Tuttavia…

La prima cosa che penso si debba dire è che l’espressione “il Regno di Dio” deve suonare misteriosa, ma non totalmente. Io la tradurrei così per renderla più chiara: “l’esperienza di Dio”, “vivere facendo esperienza che Dio esiste”; questo è il regno o la signoria di Dio. È infondo una domanda attuale perché nel nostro tempo si fa tutto e si può fare tutto senza Dio. Quando invece compare Dio nella vita?

Le prime due parabole delimitano il primo contesto per il quale Dio appare nell’orizzonte della vita. Dice Gesù: Dio appare dentro una verità o un valore (il tesoro, la perla) di cui fai una scoperta improvvisa, talvolta carica di stupore, spesso imprevedibile.
Quindi, noi che siamo così spesso preoccupati di dire che Dio esiste agli altri, dobbiamo ricordarci che sarà lui stesso a rendere ragione di sé. Per quanto ci riguarda, nessun altro ci potrà convincere che “è stato Dio”, ma c’è una certezza che nasce solo in noi stessi e che ha lo stesso carattere di una scoperta irresistibile, dove i valori della tua vita vengono improvvisamente tutti ridimensionati.

Mi diceva oggi un professore universitario che alla prima lezione di scuola ha voluto conoscere i ragazzi che aveva di fronte e ha fatto qualche domanda alla sua platea di circa 200 diciannovenni. Ha chiesto: “quanti vanno a Messa?” e 4 hanno alzato la mano; “quanti fanno volontariato?” 5 hanno alzato la mano. “Quanti vanno in palestra?” metà della platea ha alzato la mano.
Questo ci scandalizza? Personalmente no, penso che il vangelo dica bene e che il tesoro nel campo e la perla preziosa vanno scoperti e la scoprono pochi nella vita.
Eppure, quando vedi un ragazzi diciottenne che oltre al tempo per studiare trova il tempo per aiutare una ragazzina egiziana per fare i compiti… ecco, quando questo ragazzo sta con lei, spesso capisce al volo quanto è importante quello che sta facendo e che perla preziosa ha trovato nella sua vita… e lo stesso se gli capita improvvisamente di assistere un papà malato e allora tutti i valori cambiano e il tempo speso con il papà diventa improvvisamente più importante de tempo speso per la propria palestra. Ecco una scoperta!

Un secondo esempio. Ero a cena da una coppia che tanti anni fa ha perso un figlio per tumore. Erano due persone atee, lavoravano all’Unità e il figlio non era battezzato. Eppure, dentro la tragedia di questa vicenda, lei mi dice in onestà con sé stessa: “Grazie Signore di avercelo mandato. Da lui abbiamo capito che cos’è l’amore“. Improvvisamente capisco il Vangelo e l’immagine di chi perde tutto ma non rimane totalmente a mani vuote. Dentro una tragedia che certamente ribalta tutti i valori della vita e tutte le tue priorità e certezze, dentro tutto quel dolore, pure anche una perla preziosa… Anche qui, nessuno deve spiegarti nulla, la perla preziosa sai benissimo dove sta e cosa ti sta dicendo (cosa non muore mai e cosa invece non vale), in onestà con te stesso a un certo punto della vita.

Così un ragazzo ventenne che fa fisica e che ha tutti i dubbi su Dio, ma che poi sa benissimo cosa è giusto fare quando il suo amico gli dice che è malato e dove stia il bene e il male nel modo e nel tempo che devi spendere per lui. E su questo la fisica -che lo ha tanto distratto negli anni- non ha proprio nulla da dirgli. Ecco, quando avvengono queste scoperte, non c’è bisogno che altri ti dicano dov’è Dio o che Dio è nella vicinanza e nell’amore che ha imparato a dare… perché con stupore ci arrivi benissimo da solo. E poi relativizzi tante altre cose o anche “vendi” tutto il resto.

L’ultima parabola penso che parli anch’essa del bene e del male che si scopre. Parla della tenace pazienza che dobbiamo mantenere perché nella rete i pesci sono di tutti i tipi, buoni e cattivi. Dobbiamo resistere alla tentazione di separare definitivamente noi i buoni dai cattivi, ma anche resistere dalla tentazione che non ci sia un “bene” e un “male” e che Dio non prenda parte. Quella del giudizio può essere una immagine che mette paura e forse nell’antichità metteva ben più paura di oggi. Ma non credo sia stata detta per mettere paura: quando si va dalla propria madre si sa che alla fine essa ci perdona sempre. Ma è importante credere che Dio non sia al di là del bene e del male, come che la madre che non deve essere indifferente alle marachelle del figlio. Dio prende parte. Il nostro è un Dio che prende partito, che ama l’amore e odia l’odio, che chiama bene il chirurgo e male il tumore. Un Dio per il quale non è tutto relativo. Si capisce allora che questa scoperta di un Dio per il quale esiste un “bene e un male” non è poi molto diversa dalla prima scoperta, ovvero dalla scoperta di cosa per noi sia davvero importante e cosa invece non valga tutte le nostre energie. E forse per questo che le due parabole, apparentemente così diverse, sono state alla fine raccontate vicine.