VII Domenica dopo il Martirio

Letture

LETTURA Is 65,8-12 Lettura del profeta Isaia Dice il Signore: «Come quando si trova succo in un grappolo, si dice: “Non distruggetelo, perché qui c’è una benedizione”, così io farò per amore dei miei servi, per non distruggere ogni cosa. Io farò uscire una discendenza da Giacobbe, da Giuda un erede dei miei monti. I miei eletti ne saranno i padroni e i miei servi vi abiteranno. Saron diventerà un pascolo di greggi, la valle di Acor un recinto per armenti, per il mio popolo che mi ricercherà. Ma voi, che avete abbandonato il Signore, dimentichi del mio santo monte, che preparate una tavola per Gad e riempite per Meni la coppa di vino, io vi destino alla spada; tutti vi curverete alla strage, perché ho chiamato e non avete risposto, ho parlato e non avete udito. Avete fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco, l’avete scelto». SALMO Sal 80 (81) Il popolo di Dio ascolta la sua voce. «Ascolta, popolo mio: “Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto”. R Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti! R Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia». R EPISTOLA 1Cor 9,7-12 Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? Chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge? Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così. Nella legge di Mosè infatti sta scritto: «Non metterai la museruola al bue che trebbia». Forse Dio si prende cura dei buoi? Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché «colui che ara, deve arare sperando, e colui che trebbia, trebbiare nella speranza di avere la sua parte». Se noi abbiamo seminato in voi beni spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali? Se altri hanno tale diritto su di voi, noi non l’abbiamo di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non mettere ostacoli al Vangelo di Cristo. VANGELO Mt 13,3b-23 ✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Vorrei commentare due passaggi che mi sembrano i più difficili da comprendere. Il primo riguarda la seconda lettura e il secondo è tratto dal Vangelo.

La lettura della lettera ai Corinzi non mi sembra di facile comprensione. Cosa sta dicendo Paolo? La lettera ai Corinzi è stata scritta per rispondere ad alcuni problemi della comunità che erano stati posti, forse anch’essi tramite lettera, e Paolo spesso risponde con espressioni come: “riguardo a…”. Molti sono problemi pratici: come ci dobbiamo comportare rispetto alle altre religioni, rispetto a quelli che ci chiedono di compiere sacrifici, cosa dobbiamo fare per il matrimonio o riguardo ai carismi di ciascuno ecc. Paolo scrive in risposta ma poi si lascia prendere la mano in diversi punti e parla di ciò che gli sta più a cuore.
Nel brano di oggi fa questo ragionamento: usa delle metafore dalla vita concreta per dire che chiunque lavora ha diritto alla sua ricompensa. Per sostenere ancora di più questa tesi dice: anche la Scrittura dice che al bue che trebbia, ovvero che lavora, non devi mettere la museruola, devi in sostanza dargli la sua ricompensa. Ma fa questo discorso per parlare di sé e dire: avrei anche io diritto alla mia ricompensa perché ho predicato a voi il Vangelo, tuttavia non chiedo qualcosa di materiale. Sappiamo infatti che Paolo faceva il tessitore e che viveva di ciò che lavorare. Però aggiunge: quello che vi chiede non è una ricompensa materiale ma un frutto spirituale. Se il mio lavoro non è andato perduto (come la semente del Vangelo che feconda la terra) ciò che spetta a me è in realtà una ricompensa data dalla vostra maturazione spirituale. Quale? Quella di superare la grande inimicizia che divideva la prima comunità cristiana che era fatta di persone che avevano provenienze diverse: l’inimicizia delle persone di origine ellenistica e pagani dai Giudei. Paolo chiede a questa comunità di mostrare che i cristiani non vivono divisi e di raccogliere una colletta da mandare alla comunità di Gerusalemme che era in grave crisi economica (la gente non aveva di che mangiare perché c’era la guerra) in segno di una divisione superata. Grosso modo questo il senso del discorso di Paolo è: non date a me la mia ricompensa che pure mi spetterebbe, ma mostratemi che la mia predicazione non è andata persa con un gesto di unione con quelli che fino a ieri erano vostri nemici.

Il secondo pezzo difficile credo sia la risposta che dà Gesù alla domanda: perché parli in parabole? Gesù dice: “a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha” e poi cita Isaia (Is 6,9-10) che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete…”.
Al di là del loro significato, di questo discorso mi ha sempre colpito una cosa: Pierpaolo Pasolini usa questi versetti del Vangelo di Matteo per commentare la morte di Gesù sulla croce. Quando nel film “il Vangelo secondo Matteo” mette in scena la morte di Cristo, proprio nel momento in cui spira, Pasolini sceglie il nero di camera e una voce fuori campo che che dice la citazione di Isaia che abbiamo letto.
Questo mi ha sempre fatto pensare che allora in questo discorso c’è qualcosa di importante: si tratta infatti di saper vedere e saper riconoscere qualcosa che altrimenti resterebbe a noi ignoto o oscuro. Saper vedere è la questione ultima più preziosa.
Il discorso di Gesù parrebbe dividere in due il mondo: quelli predestinati che vedono e capiscono da una parte e dall’altra quelli che pur avendo occhi non saranno mai in grandi di saper vedere davvero. In realtà non è così: Gesù non pensa a dei predestinati, ma vuole mettere l’accento su quelle condizioni, quelle precondizioni, che servono all’uomo per poter vedere. C’è un percorso che è necessario fare (il discepolato) grazie al quale è possibile capire e vedere e senza il quale invece è meglio un linguaggio metaforico e diverso, perché altrimenti non si sarebbe in grado di capire.

Vorrei fare un esempio che forse rende più semplice capire di cosa sta parlando Gesù. Qualche giorno fa una nostra parrocchiana, andando a Milano con il treno, scesa a una stazione vicino a un grande polo universitario, è caduta e si è fatta male, rompendosi una spalla. Nel cadere gli è scivolato il cellulare che stava cercando di prendere per chiamare i soccorsi. È rimasta a terra urlando e chiedendo aiuto per 45 minuti. Molti ragazzi scendevano dal treno, nel suo binario e in quello vicino, la sentivano urlare aiuto, la vedevano, ma giravano la testa dall’altra parte. Nessuna ha chiamato un’ambulanza o si è avvicinato per prestare soccorso. Solo un poliziotto, dopo 45 minuti, facendo il giro l’ha soccorsa. Il poliziotto ha detto a questa donna, scossa anche dal fatto che nessuno le prestava aiuto, che i ragazzi forse si erano spaventati o l’avevano scambiata per una donna ubriaca e senza dimora…
Ma il punto è questo: l’episodio terrificante dice che si può stare sentire ma non ascoltare, si può vedere ma non capire. Si può stare a un palmo di naso da un altro che chiede aiuto ma non vederlo. E non c’è nulla da fare in quel momento: chi non ha capacità di vedere non ha proprio nulla (a chi non ha sarà tolto anche quello che ha), viceversa chi sa vedere l’altro nel suo bisogno basta un nulla per accorgersi (a chi ha sarà dato). Così non è tanto questione di essere predestinati: ma del cammino che hai fatto nella vita che ti permette di vedere uno che grida aiuto e fermarti, anche se hai fretta o se sei di corsa. Questo è la differenza, ma se non hai questo prerequisito che ti permette di vedere, in quel momento non c’è proprio nulla da fare. Il vangelo è ancora attuale.