VI domenica dopo il martirio di S. Giovanni

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La prima cosa importante quando si legge un vangelo come questo è di non fermarsi alla prima impressione. Andremmo a casa con un vago senso di dovere sull’accoglienza che forse non aiuta alla nostra vita, perché si fermerà sempre solo a un imperativo morale.

Facciamoci qualche domanda: quando Gesù dice queste parole nel Vangelo di Matteo? A chi sono rivolte e cosa significavano? Siamo durante il suo secondo grande discorso -almeno secondo il racconto di Matteo. Nel primo, il grande “discorso alla Montagna”, Gesù insegna ai discepoli una novità che chiama Regno: la pretesa di Gesù di fondare relazioni diversa tra le persone e una relazione diversa con Dio (il Padre nostro, l’amore per il nemico…). Il secondo grande discorso riguarda quel gruppo di persone che erano stata affascinata da quella parola e che aveva iniziato a seguire Gesù.

Ma Gesù, allora come oggi, vede che c’è tanta gente che nella vita non sa cosa seguire, che si perde, che ha in testa nulla, che segue false mode, che si fa problemi inutili, che è sola… e aveva detto “la messe è molta ma sono pochi gli operai”. Aveva capito che quel gruppetto di persone che lo seguiva avrebbe potuto (e forse dovuto) dare ad altri quello che aveva ricevuto da Lui. E’ il primo invio alla missione. Concretamente significa che c’erano dei simpatizzanti di Gesù e del suo messaggio che ospitavano queste persone, i discepoli ed altri itineranti, che le nutrivano… e quelli che avevano avuto Gesù come maestro ora toccava a loro raccontare di Dio, di come era più bello condividere piuttosto che accumulare…

Prima di inviare queste persone Gesù le istruisce: non andate da soli ma a due a due, non andate portandovi dietro tante cose (due bisacce), o con abiti di riconoscimento (due tuniche), fatevi accogliere nelle case, non girate di famiglia in famiglia, guardate che vi perseguiteranno, non tutti vi accoglieranno… ecc. La conclusione di questo discorso di missione (e direi di condivisione e di fiducia) è il Vangelo di oggi.

Cosa dunque ne ricaviamo? Molte cose. Anzitutto che c’è una dinamica circolare tra accogliere ed essere accolti, tra ricevere un insegnamento e trasmetterlo. I discepoli erano discepoli e ora si trovano ad essere maestri, divisi in tre gruppi che direi: i carismatici (profeti), i giusti e i semplici (o piccoli), quelli che semplicemente non sono particolari ma solo hanno seguito Gesù. I discepoli che hanno accolto Gesù ora sono loro ad essere accolti, avranno simpatizzanti, persone che gli daranno da mangiare, persone con famiglia che poi magari fanno altrettanto.

E’ importante questa circolarità: si è genitori quando ci si riconosce figli, si è maestri quando si sa cosa sia essere stati discepoli, si è accolti quando si accoglie…
Il tema vero di questa circolarità sono le relazioni perché il Vangelo ha a cuore questo. Troppa gente non è accogliente non perché è “cattiva”, ma perché non è mai stata accolta. Molta gente soffre perché se ne sta da sola o perché non ha amicizie vere, ma solo superficiali. Ci sono persone che non invitano mai nessuno a casa, che non escono mai alla sera… Invece, se si vivono le relazioni, il tema dell’accoglienza -con tutte le sue problematiche e le sue bellezze- è semplicemente un fatto quotidiano, è semplicemente la vita.
Vi invito ad osservare quanto è forte questa espressione: “chi accoglie un giusto o un profeta, avrà la ricompensa del giusto o del profeta”. Come dire: il valore di una persona non si misura solo con quello che ha fatto lui -come pensiamo noi. Sei bravo se hai fatto delle cose belle nella vita… Invece, per Gesù e per tutta quella cultura semitica, è così forte il valore delle relazioni che letteralmente tu “sei i tuoi amici” (solo così si capisce il Salmo 1), sei le tue relazioni. Gesù lo dice anche in un alto passo: “fatevi amici con le vostre disoneste ricchezze, perché quando verranno a mancare, essi vi accolgano”. Tu sei le persone che nella tua vita hai accolto, le tue amicizie, chi sei andato a cercare, chi hai aiutato.

Molte famiglie oggi fanno la scelta coraggiosa di seguire Gesù e non solo i preti. Essi sono come i discepoli, ormai controcorrente rispetto al mondo e ai suoi valori. Hanno bisogno di essere accolte e di accogliersi l’un l’altra a vicenda, di sostenersi in questo cammino e di non stare sole.
I figli -sopratutto adolescenti- hanno un bisogno fortissimo di essere accolti e riconosciti, tanto che se non lo trovano nella vira reale, lo andranno a cercare in quella virtuale. Hanno dunque bisogno qualche adulto cristiano (che non siano i genitori) che li sappia accogliere, un professore, un educatore, un prete, un amico… altrimenti si perdono. Altrimenti -oggi- resta solo il consumismo e il grido di Gesù che riconosce la quantità di coloro che non sanno che sono soli e persi perché non sanno chi o cosa valga la pensa di seguire.