V domenica dopo l’Epifania

Is 60,13-14; Sal 86; Rm 9,21-26; Mt 15,21-28

“Mio figlio è tormentato da un demonio”. Non è una cosa che succedeva solo allora: Ci sono spiriti immondi anche oggi – da combattere con i denti e con tutta la tenacia che a volte solo le donne hanno – . Qualche esempio:
– C’è uno spirito cattivo che infonde un clima di crisi e che gli insegna che la vita, in fondo “ben che vada”, si sopporta.
– C’è un secondo spirito, ancora più cattivo. Dice così: qualcuno è salvo e per altri -come donne fenice e straniere- non c’è scampo. (Non gli immigrati e noi) ma tra di noi. Tormentati da spiriti che gli dicono: se non hai, se non soddisfi, se non ti realizzi….
– C’è uno spirito che tormenta i ragazzi perché li convince che sono soli. E li convince di questo perché li convince che è supestizione pensare che c’è un Dio che ti consoce come null’altro al mondo e ascolta.

Contro questi spiriti cattivi, non solo contro il male in Afica, bisogna continuare a combattere e non dire mai (facciamocene una ragione). Con i mezzi che abbiamo, anche se ne abbiamo pochi.

Io penso che questa pagina sia tra gli insegnamenti più belli contro la nostra tendenza non a considerare più le ferite degli uomini (quelle vere e non solo la mancanza del pane). Perché c’è una tendenza (anche a volte religiosa e fatalista) che non ci fa vede queste ferite (dei ragazzi, delle donne) e si dimentica di combatterle. Si inizia a chiamarle “fatalità”, “prezzo necessario”, “male inevitabile”. Poi ci si dimentica che esistono. Poche donne hanno ancora la forza di protestare (come questa del vangelo), anche per i propri figli.
Quante ferite come quella di questa donna avremmo noi da gridare ricordando che una ferita è sempre un male da combattere.

E dobrebbero sorpernderci le parole che usa all’inizio Gesù. Se non fossimo così abbituati a sentirle non ci dovremmo credere, dovremmo andare a vedere sul libro se è proprio vero? Ma dal finale le capiamo: le usa per mettere alla prova i suoi, per vedere fino a che punto si può pensare così (come facevano i farisei). Vuole portarci a vedere noi stessi quanto è assurdo un Dio così, un Dio che le ferite di alcuni le curi e quelle di altri le disprezza. Recita la parte religiosa, la parte che dice “fatalità”.

Esempio, docce del sabato… Cosa avrei detto a mio figlio. Sarei riuscito a non perdere la passiano verso gli uomini e a non dire “fatalità” di alcuni, ma a continuare a patire l’ingiustizia di un mondo così e a trasemttergli questo.

E quanto è assurdo un uomo così, anche se insegna questo (insegna proprio questo): insegna a fare di tutto per curare la nostra infuenza ma a chiamare “male inevitabile” per esempio il bullismo o la maleducazione o la dipendenza da videogiochi… con la quale crescono i nostri ragazzi. Guardate: qualcuno ha già iniziato a dire, pazienza, è la tecnologia che avanza.Così facciamo finta di nulla su “pomeriggi persi” e non osiamo dire nulla perché poi “se se ne vanno”, per paura di perdere qualcosa.

Noi dobbiamo riconoscere questa tenacia che non cede per nulla. Non cede una donna. Senza dire mai: “certi nascono cananei, sarà un disegno di Dio”… non dirlo e impareremo a chimare il male (piccolo o grande) con il suo nome e a insegnare la soddisfazione nel combatterlo ogni giorno.