V domenica di Pasqua

At 10,1-5.24.34-36.44-48a; Sal 65; Fil 2,12-16; Gv 14,21-24

Il messaggio che propone questo vangelo, come anche la prima lettura, è sintetizzabile in una espressione: “Dio non esclude nessuno”. Se ne rende conto Pietro, nel corso della sua storia e afferma: “mi accorgo che Dio non fa differenza di persona ma chiunque pratichi la giustizia…”. E’ lo stesso pensiero che porterà Paolo a dire: “non c’è più Greco o Giudeo, schiavo o libero, uomo o donna…”.
Anche Gesù nel vangelo sembra dirlo esplicitamente. A Giuda che si domandava il perché di una elezione particolare dei dodici risponde dicendo: chiunque mi ama e osserva la mia parola verrà amato dal Padre. Semplice. .
Molti anni dopo anche San Tommaso dirà: “Homini facienti quod in se est deus non denegat gratiam”, Dio non nega la sua grazia a chiunque compia ciò che si deve.

Penso che non dobbiamo banalizzare la scoperta cristiana che “Dio non esclude nessuno”. Anzitutto significa che possiamo riconoscere la sua grazia ben oltre i nostri confini o le nostre esclusioni. Possiamo riconoscere qualcosa della grazia di Cristo pure nel mussulmano che inizia con fede il suo ramadam. Possiamo vedere la stessa grazia di Cristo nel gesto di carità del nipote che non va più a messa da anni ma non si rifiuta di andare al ricovero a trovare sua nonna. Noi sappiamo riconoscerla, sappiamo la sua sorgente, la sua verità, sappiamo che è la grazia o la manifestazione di Cristo, ma la vediamo operare anche dove non si conosce, dove la gente non la sa legata alla verità di Dio.

C’è poi un secondo aspetto per cui possiamo non banalizzare il fatto che “Dio non esclude nessuno”. Che ci accorgiamo di vivere in un mondo sempre più evoluto, sempre più scristianizzato ma che allo stesso tempo ha sempre più bisogno di “escludere molti”. Dietro agli ideali della crescita, del progresso, dell’eccellenza, io vedo molta gente che viene esclusa dal sistema o che non ce la fa.
Il tasso di abbandono scolastico alle superiori è in crescita, ormai il 17%. La forbice tra chi ce la fa e chi rimane indietro, tra chi lavora tantissimo e chi un lavoro non lo trova, tra chi è molto ricco e chi è molto povero… è sempre in aumento. In america il dieci percento della popolazione detiene ormai il novanta percento del patrimonio.
Un amico che vive a Londra mi spiegava che le scuole pubbliche per creare scuole di elite, che escludano chi non ce la fa lasciandolo, hanno introdotto un criterio geografico di residenza: se non risiedi in quel quartiere non puoi accedervi. Con la conseguenza che chi è ricco e abita in quartieri costosi, avrà solo compagni come lui e la scuola migliore sarà solo per lui. E’ l’ideale dell’eccellenza: a parole si dice che siamo tutti uguali, ma nella realtà, se sei laureato… Lo si dice implicitamente ai figli dopo la terza media: “scegli quello che vuoi”, ma sotto sotto sappiamo che se farà economia in Bocconi saremo più contenti…

Detto in altri termini, da quando le questioni economiche sono diventate il cardine della società, “tutti siamo uguali” è scritto solo sulla carta, perché nella realtà tutto è stato costruito perché “si possano escludano molti”. Cosa fare? Io non penso che il sistema o la società si possano aggiustare. Non sono un utopista. Forse sempre nella storia, in forme e modi diversi, “si sono esclusi molti”. Forse davvero solo “Dio non esclude nessuno”. Però, posso imparare a chiamare le cose con il loro nome (ingiustizia) e posso riconoscere tutta la fatica che faccio a vedere gli altri senza “escludere nessuno”, riconoscendo in ciascuno un segno della grazia Cristo per me. Posso almeno sapere di questa alternativa e sapere che essa non si basa su nuove riforme economiche o governi più giusti o teorie diverse sull’occupazione… si basa sul cuore dell’uomo che deve seguire Cristo. Forse tutto ciò avviene con il tempo, come è accaduto anche a Pietro che dice: “sto rendendomi conto…”, come per dire “in tutti questi anni sto pian piano capendo, sto imparando anche io”.