V Domenica di Avvento

Vorrei parlare di due temi che emergono da questo vangelo e che mi sembrano utili ai fini del nostro cammino.
Le domande che i farisei pongono al Battista sulla sua identità mi sembrano interessanti nel loro carattere evasivo, come tentativi di non cogliere e vedere la questione che sta a cuore al battezzatore e che è decisiva nella sequela cristiana. Il loro problema infatti è come collocare la questione religiosa e il battesimo di Giovanni, come inquadrarla o considerarla (il profetismo, Elia, l’apocalittica…).
Invece, la questione è altrove: non è –come diciamo noi– quale sia la religione giusta o sbagliata, come far funzionare la parrocchia o i valori, ma il fatto della mia personale conversione. Questo è l’unico tema interessante e decisivo per Giovanni: non qualcosa che riguarda la società, gli altri o un’appartenenza (gli esseni, i movimento dei farisei, i gruppi rivoluzionari gli zeloti), ma “raddrizzare i propri cammini”.

Duemila anni fa come oggi le domande evasive che poniamo agli uomini religiosi –pur di non considerare quell’unica e vera questione– sono infinite. Il mondo che va male, la politica che non ci aiuta, l’economia, l’IMU, i vescovi corrotti… quanti luoghi comuni e quanto perdere fiato pur di non mettere a tema e di non non capire che la consistenza della nostra vita sta da un’altra parte! La cosa impressionante è che si può passare una vita anche frequentando la parrocchia senza mai considerare quest’altra questione: il proprio rapporto con Dio, la propria fatica di vivere, il proprio dramma esistenziale fatto di tutti i nostri difetti, vizi, errori… La parrocchia, il Bar dell’oratorio, i gruppi parrocchiali… si possono fare cento cose senza mettere a tema che invece sono io con il mio cammino di vita che devo continuamente “raddrizzare”. Non è la scuola che è cattiva, la crisi che ci opprime… ma la questione sono io!
Invece, si vede la differenza di spessore umano di chi non si accontenta della mediocrità delle cose, del fatto che “tanto le cose vanno così”, che “tanto sono fatto così” e fa un cammino personale, legge il Vangelo, mette mano al proprio carattere, ai propri difetti… magari cambiandoli di pochissimo, ma sempre riponendo la questione del proprio vivere nella relazione con Dio.

La seconda sottolineatura è la seguente. Giovanni sa che, quando sono state rimosse tutte le domande evasive, quando siamo a tema noi stessi e la qualità del nostro cammino, allora è necessario un giudizio di bene e di male ed è necessaria una strada buona. E’ necessario intuire una qualità etica del proprio vivere. Non tutte le strade sono buone, non tutte le scelte sono uguali, non tutti i cammini portano a umanizzarci. E dobbiamo sentire un compito e una responsabilità verso una sempre maggiore “umanizzazione” di noi stessi. Quando si perde questa tensione tutto è permesso, tutto è dovuto, tutto è indifferente. Leggere un libro, suonare il pianoforte o fare bene un mobile impiegando anche più del tempo necessario, diventa identico a sbrigare le cose in fretta, a lavorare male, ad accontentarsi della superficie, a svagarsi con la partita della domenica. Ma non sono la stessa cosa, non costruiscono persone uguali! C’è sempre un cammino da raddrizzare verso bene, perché c’è una qualità del vivere che emerge nella propria vita e che può essere bella, può uscire con gli anni, può renderci persone come Giovanni.

Una grande menzogna del nostro tempo tende a farci credere che non sia necessario per vivere da persone felici un discernimento personale, un giudizio etico, una qualità della vita. Tutto sembra essere uguale o ridotto alla personale libertà che viene vista come un “fare quello che si vuole”. Ma se un uomo ha come unico interessa la partita della domenica e un’altro invece viaggia, si interessa alla storia o agli altri che ha sotto casa (ognuno a modo suo e con i suoi carismi)… Beh, non indifferente agli altri e la società nella quale vivremo sarà ben diversa.
Scriveva il libro di Isaia qualche capitolo prima della lettura di oggi: “Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro”.