Ultima domenica dopo l’Epifania

Is 54,5-10; Sal 129; Rm 14,9-13; Lc 18,9-14

Vorrei collocare questo vangelo nel contesto più grande degli insegnamenti di Gesù sullo stile della preghiera. Io non penso esista una preghiera che dice cose “giuste” o “cose sbagliate”. Non penso che “certe cose” non si possano dire o che se ne debbano dire altre. Ma certamente esiste uno stile della preghiera cristiana che la differenzia da tutto il resto, anche che la differenzia dal moto spontaneo dell’anima che si rivolge a Dio. Lo stile della preghiera cristiana non è uno stile generico di preghiera. E Gesù fatica molto, spende molte parole e molta attenzione a insegnarlo ad discepoli.

Prendiamo qualche esempio. Avrete in mente quando Gesù insegna che lo stile della preghiera crisitana non è quello di chi cerca di farsi vedere per pregare. Non è in sé una cosa cattiva “farsi vedere pregare”, tuttavia questo non è lo stile della preghiera cristiana. Questa non serve a farsi vedere. E così Gesù aggiunge: “quanto pregate chiudete la porta della vostra camera e pregate nel segreto, e Dio che vede anche nel segreto vi ascolterà”.

Oppure avrete in mente quando dice che nella preghiera non dobbiamo “convinecere Dio”. Non si tratta di rendere Dio degno del nostro ascolto. Anche perché potrebbe Dio risvegliarci e esaudirci perché noi insistiamo? O non è già pronto lui a sostenerci. “Se voi che siete cattivi, date cose buone ai vostri figli…”. Dio è già disposto a darci cose buone.

Allora che serve pregare, come questo pubblicano, nello stile di questo uomo? Serve a rendere degni noi, amati noi, ascoltati noi, dalla fatica di questa vita. Mi diceva un prete mio amico: se crederai nelle relazioni sperimenterai cosa significa che nella vita viviamo perché altri ci sopportano, viviamo perché perdonati. Se credi nelle relazioni e non nei ruoli (ai ruoli si lascia sempre un rispetto ossequioso… ma non centra con il perdono.

Ecco lo stile della differenza cristiana. Avere con Dio la stessa confidenza di relazione (e non di ruolo) che si ha con la propria moglie a cui si perdona e alla quale si chiede di essere perdonati. La stessa perfetta confidenza che ci rassicura davanti al sorriso dell’altro che non se la prende per quello che sei veramente.

Vorrei concludere con una nota. Per credere in questa confidenza, in questo perdono, è necessario credere a un Dio, al Dio di Gesù. Senza Cristo, non si può perdonare. Cosa potrebbe pedonare una donna che ha person un figlio in un incidente al suo assassino… quale prezzo potrà mai pagare questo ragazzo per il male che ha fatto? E io che prezzo potrei mai pagare? Solo un Dio ci può salvare.

Abbiate in mente che il Vangelo di Marco inizia proprio con questo scandolo. Lo scandalo di non voler credere che un uomo possa dire: “ti sono perdonati i tuoi peccati”. Ma noi ci crediamo realemente, quando all’inzio di questa messa abbiamo detto il kyrie. Pensiamo realmente che lì, basta questo gesto (diceva anche Dante) che né il mio fratello né Dio potrà mai chiedere la mia pelle per ciò che sono nella mia vita?