Testimonianza vocazionale

Nato a Milano, sotto al Duomo

Sono nato a Milano non lontano dal Duomo. Chi è nato a Milano ha un legame particolare con questo edificio che è simbolo della sua città. C’è un affetto reale dei milanesi vero il loro Duomo. La madonnina che domina dall’alto la città è simbolo di un affetto che verso Maria che si è manifestato tante volte nel corso della storia. Molti milanesi maschi secondogeniti (come me) portano come secondo nome Maria o Mario, segno di una promessa che avevano fatto durante i tempi scuri della peste. La tradizione vuole che nessun edificio di Milano possa essere più alto della Madonnina. Una legge, resa ufficiale negli anni trenta, impedì alla Torre Velasca di superare i fatidici 108,5 metri per rispetto della Madonnina. Quanto questa legge fu superata e Milano si dovette dotare di grattacieli come le grandi città una copia della Madonnina fu posta prima sul Pirellone, poi sul tetto della regione (161 m) e infine, nel 2015 fu messa sul grattacielo Isozaki (209 m) che (esclusa la punta della Torre Unicredit) risulta il grattacielo più alto di Milano.

C’è un affetto reale per questo simbolo, ma non pensate sia diventato prete per questo. Tuttavia, quando sarete a Milano in piazza Duomo vi invito a non pensare subito ai simboli che vi attraggono: Abercrombie o il McDonald o Luini con i suoi panzerotto. Quelli sono marchi che hanno pochi decenni, mentre quella montagna bianca che avrete di fronte è lì da molto prima e vi assicuro che non “passerà” come la moda di una maglietta firmata. Per costruirlo hanno letteralmente svuotato una montagna. Si sono messi in testa di fare una cattedrale interamente di marmo. Mentre tutte le altri grandi cattedrali delle grandi città europea (Parigi, Londra) erano “false” dentro di mattoni e fuori rivestite di marmo, i milanesi hanno pensato di farla interamente di marmo e hanno dovuto trasportarne tanto da svuotare quasi una montagna. Ci hanno impiegato più di 400 anni (1386 recita una scritta che ne ricorda l’inizio e fu terminata a fine ‘700).

Perché tanto affetto per una Chiesa? Forse lo si piò capire meglio da una ricerca recente che è stata fatta a partire da una domanda apparentemente banale: chi ha pagato il Duomo? E’ facile in tempi moderni costruire un edificio così grande, è facile, ad esempio costruire uno stadio: una persona ricca paga e i costruttori lavorano. Ma il Duomo non è stato costruito così. Una ricerca ha dimostrato che circa 80% dei soldi che sono serviti per costruirlo proveniva da piccole offerte. Ci sono dei registri dove è stato annotato tutto. Addirittura le prostitute hanno dato la loro offerta. Certamente non gente di Chiesa, ma che voleva anch’esse vedere terminata quella chiesa. La sentivano come la loro chiesa e, anche se forse non ci andavano alla domenica, sarebbero state un po’ più tristi se tanta bellezza che aveva un significato così grande non si sarebbe mai finita di costruire. Era come se quella Chiesa fosse più di una Chiesa, ma un sogno comune.  E questa passione ha coinvolto milioni di persone nella storia tanto che è rimasta ancora oggi per chi in qualche modo si sente milanese. E’ la forza di una tradizione.

Io sono nato a qualche centinaio di metri da questa Chiesa in una famiglia certamente “borghese”. Non c’era l’oratorio, le messe nella zona erano molto noiose, tanto che ci fu un momento della mia vita che volevo smettere di andare a Messa… prima però devo dire che ciò che io avevo bisogno quando ero ragazzo era quello che a mio avviso hanno bisogno tutti i ragazzi sulla faccia della terra da quando vengono al mondo. Non gli importa di avere tanti o pochi giochi, gli abiti firmati o di potere andare in America… Due cose hanno bisogno più di tutto: di vedere che mamma e papà si vogliono bene e degli amici veri sui quali contare. Queste due cose sono state le cose che più mi sono mancate da ragazzo. E poiché sono due cose molto importanti sono andato avanti a lungo e a cercare forse anche fuori dalla mia famiglia.
Venire poi da una famiglia borghese significa avere molte possibilità, fare dei viaggi, incontrare gente importante, avere un’ottima cultura, ma significa anche portare il peso e la responsabilità di tutto ciò. Se i tuoi sono così importanti, allora ti aspetti che devi diventarlo anche tu. E questo genera un certo peso o una certa aspettativa. Per esempio, finita la terza media –alla vostra età—io non volevo fare il liceo. Non mi piaceva molto studiare (odiavo la matematica e l’analisi logica) mentre ero un ragazzo molto sensibile e creativo. Tuttavia cosa aveva fatto mia madre? Il liceo classico. Cosa mio padre? Il liceo classico. Cosa mio fratello? Il liceo classico… Ora, indovinate cosa potevo o dovevo fare io?

La scuola e gli amori

Così sono andati gli anni del liceo (che non ho scelto). La mia prima pagella sembrava il prefisso di Varese… tuttavia alla fine sono uscito alla maturità con il massimo dei voti. Dunque, la prima bella notizia è che in questi anni si può cambiare. Non è vero che “si è così” e non “si può farci nulla”. Cosa mi ha aiutato? Due cose in particolare: un libro e un professore di italiano.
Ho avuto un professore di italiano che mi ha capito. E tutto è nato dalla fiducia che ho intuito lui aveva per me. Una volta ha citato una cosa che avevo detto io e allora ho capito che questo professore era diverso: non voleva solo dire delle cose ma mi aveva ascoltato… poi aveva il grande pregio che riusciva a tirarci fuori delle domande che ci ponevamo tutti. Erano domande strane: se la vita fosse un sogno? perché esistiamo e perché si soffre così? Perché mi sento così fragile e con tanta paura? Ma tutti ce le ponevamo solo che non avevamo il coraggio di parlarne tra noi. Lui riuscì a spiegarci che tutta la poesia risuona di quelle stesse nostre domande. Ricordo ancora quando ci spiegò per un’ora la poesia di Montale “un giorno andando per un’aria di vetro…”. Ci fu un brivido nella classe e tutti eravamo con gli occhi spalancati a sentire delle parole che capivamo essere proprio quelle perfette per dire quello che anche noi chiedevamo. E il bello della poesia è che con due parole esprime (lascia intuire) un discorso che io saprei fare solo in modo confuso.
La seconda cosa che mi cambiò fu un libro. Un amico mi regalò un libro biografia di Richard Feynman, un fisico premio Nobel del ‘900. Era un librone e non avevo intenzione di leggerlo, ma un po’ per stima di questo amico, un po’ non so perché inizia a leggerne le prime pagine. Nel primo capitolo era raccontato di come questo fisico da ragazzo fosse bravo a scuola. Ricordo che mentre leggevo accadeva che paragonavo lui a me e mi sentivo uno zero assoluto. Io copiavo i compiti di fretta alla mattina ero svogliato e distratto mentre lui prendeva tutti i massimi voti. Nacque quasi un po’ di invidia per quel ragazzo. Mi sentii una merda, letteralmente. Non c’è cambiamento che non passi dall’accorgersi di quello che si è, anche del nulla che si è. Bisogna farlo senza paura, ma se non lo si fa ci si giustifica sempre o si dice: “domani recupero”, “domani studierò”, “tanto ce la posso fare”. Occorre il coraggio di un sogno e di voler cambiare.

Vorrei anche raccontare qualcosa del mondo delle ragazze, così come l’ho conosciuto io al tempo del liceo. Qui devo dire subito due cose: sembra una cosa facile ma è complicatissima. Non facciamo gli spavaldi, andare a parlare con una donna è come chiedere informazioni a un cinese senza conoscerne la lingua.
E un conto è avere una ragazza (desiderio di tutti noi maschi) un conto è innamorarsi. Avere una ragazza era quasi una sfida che ci proponevamo, serviva a dire a noi stessi che eravamo capaci. Avere una ragazza alla fine è più una esperienza per sé stessi e di solito non dura molto. Quello che ci muove è uscire dalla solitudine e non che realmente ci siamo innamorati. In questo senso basta non sia troppo brutta… E su questo ognuno ha la sua storia ma non è così difficile.
Innamorarsi invece è la cosa difficile. Ci sono persone che si innamorano in seconda media e persone che non si sono innamorante fino ai trentanni. Molto dipende dalla storia personale e dobbiamo avere grande rispetto per tutti. Non c’è male più grande che ferire su questi temi. Non decidi di innamorarti e anzi, quando ci sei dentro non è per nulla piacevole perché provi emozioni forti che non controlli affatto e che di per sé ti spaventano anche. Non lo decidi tu. Come accade? Racconto come mi è accaduto: sei a cena e pensi a quello che potrebbe accadere dopo cena. Hai puntato a una ragazza come una preda, così sarà la tua ragazza e tu ti sentirai importante e appagato (fin qui non sei innamorato). Ma poi accade che lei parla! E racconta che ha la mamma in carcere perché rubava, che ha vergogna di questo, che ha una sorella da accudire… e tu, che prima vedevi lei come la tua conquista, non ti importa più della conquista, ma ti si stringe lo stomaco e inizi a pensarla. Il suo modo, il suo sguardo, arriva a disturbare e a in inquietare (letteralmente) il tuo senza poterlo controllare. Non tutti accettano questa cosa perché perdere un po’ il controllo su di noi può apparire rischioso, ma questa è (per tutti gli uomini) l’esperienza dell’innamorarsi. E i cristiani dicono sia tra le cose più belle che possa accadere nella vita.

La vocazione

Finite le superiori sono andato a studiare fisica. Perché? Un po’ perché non ne potevo più di latino e greco e un po’ per una cosa che mi era capitata. In quinta superiore mi hanno portato al CERN. Entriamo in un edificio sperduto nel bosco con un ascensore che ci cala 100 metri sotto terra. Lì scopro cos’è un acceleratore di particelle…  un tunnel sotterraneo di 27 km dove si scontrano particelle prossime alla velocità della luce con temperature vicine a quelle del nucleo solare… Tutto questo è costato più di 6 miliardi di euro, ci lavorano migliaia di persone… Dopo quella visita incredibile, nel viaggio di ritorno mi domandavo perché l’uomo spende tanti soldi? Forse guarisce da qualche malattia strana o mangia meglio o gli passano i brufoli… no. Non ci sono motivi pratici per cui si spendono tutti quei soldi. Quei soldi sono spesi per domande come: perché si è rotta la supersimmetria? Domande sulla struttura della materia, sul Big Bang… Domande inutili perché se hai la nonna malata, lei resta malata anche dopo che hai risposto (ve lo assicuro). Eppure queste domande inutili per me erano importantissime. Ci distinguono da quelli che vogliono vivere per sopravvivere, per avere solo uno stipendio a fine mese, per mangiare e andare in bagno… Io ero convinto di una cosa: non volevo vivere per sopravvivere, ero disposto a fare sacrifici per non finire di andare a lavorare solo per guadagnarmi uno stipendio… avrei voluto che il mio lavoro avesse a che fare con queste domande grandi che fanno sì che sia un uomo vero.
C’è un racconto molto bello che studierete quest’anno. Sapete che Ulisse affrontò un viaggio lungo per tornare a casa e rivedere la moglie e i figli. Sognava la normalità di una vita con una famiglia. Sognava i propri affetti e per essi affronta tante avventure. Tuttavia, quando arriva finalmente ad Itaca, quando riabbraccia la moglie e comincia a fare una vita dove c’è il lavoro, la moglie e i figli e basta, dove sembra vivere solo per far trascorre il tempo, ecco che si annoia, gli manca qualcosa… qualcosa che valga anche un pericolo ma che dia sapore (voi non trasgredite a volte per questo? Perché non risulta troppo noiosa la vita “regolare”). Così si rimette in mare. Gli sta stretta una vita spesa per il nulla. Chiama i suoi compagni e per convincerli fa un discorso (dirà Dante) con queste famose frasi: “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Ecco, a 19 anni ho scelto di fare fisica un po’ perché cercavo questo cercavo nella scienza quello stupore che veniva dal mio essere intrinsecamente curioso, incapace di vivere aspettando la pensione.

Tuttavia la fisica non ha saputo rispondere a quello che cercavo. Avevo capito che non erano delle risposte “teoriche” che cercavo, ma una esperienza. Cercavo una esperienza di amicizia che mi testimoniasse qualcosa di bello. Questa infondo l’avevo già incontrata. A un certo punto allora mi sono domandato cosa fosse più importante? Cosa faceva la bellezza della mia vita… e sono andato un po’ in crisi. Fino ad allora avevo vissuto una bella esperienza di comunità e di Chiesa.

Faccio un passo indietro. Io sono nato in una famiglia cattolica e i miei genitori mi hanno sempre insegnato per esempio a “ringraziare”. Insegnare a ringraziare è insegnare il senso religioso delle cose perché indirettamente è come se ti dicesse: c’è un altro dal quale tu provieni, non tutto dipende da te, non tutto esiste perché ci sei tu. Questa gratitudine verso la vita, che contiene anche un senso profondo, ma non “triste” del limite umano, che mi è stata insegnata penso sia stata la matrice del mio senso religioso. Tuttavia a quattordici anni, perché la Messa era per me noiosa, chiesi di non andarci più. I miei genitori non mi obbligarono, ma una domenica mattina presero la macchina e mi portarono nella periferia sud di Milano. Un quartiere e una zona tutto all’opposto di dove ero nato. Condomini popolari, lotto tra bande… in quel contesto c’erano tre preti diversi da quelli che avevo visto nelle messe precedenti. Anzitutto perché si tornava a casa e si discuteva di quello che avevano detto. Poi perché parlavano in modo diverso. Così sono diventato amico di uno di questi preti che teneva un gruppo di ragazzi. E alla sera andavo spesso da lui con altri e lì mi sono fatto degli amici. Alla sera tornavo con il cuore gonfio, come quando vivi una serata bella che vorresti non finisse mai e ti dispiace andartene. Erano amici diversi rispetto a quelli di scuola o a quelli delle superiori. Con quelli di scuola non riuscivo a parlare di tutto: si parlava solo di scuola o ci si metteva in mostra. Ero importante per quello che avevo e non per quello che ero. Ma questo mio affetto per questi amici nuovi non fu visto bene dai miei genitori. Perché loro dicevano: non ti legare troppo, tanto poi gli amici cambiano, è più importante la tua carriere, è più importante che vai all’estero. Ed erano frasi che mi facevano male perché quando vuoi bene a qualcuno non puoi pensare che poi tanto non li rivedi più. Lì ho capito che il cristianesimo è una amicizia che prendi sul serio e che Dio lo trovi dentro la serietà di una amicizia: persone con le quali non ti limiti a qualche battuta ma a condividere il senso del tuo vivere con loro, condividere la totalità e il senso del nostro vivere. Grazie alla amicizia con queste persone e con questo prete è cominciato un cammino lungo… fino a quando un giorno non sono andato in crisi. Avevo studiato fisica ma non sapevo se sarei stato davvero un fisico: non era solo cosa studiare ma chi essere. Mi ero già posto alla fine delle superiori la stessa domanda, ma l’avevo scacciata dai miei pensieri perché ne avevo paura. Ma le cose vere ritornano e non le si può eliminare del tutto da dentro di noi. Alla fine capivo che volevo restituire le cose belle che avevo ricevuto. Avevo capito che non si è felici se si fa il lavoro dove guadagni tanto o se si ha una moglie bella, ma si è felici se riesce a non vivere solo per te e a ridare un po’ delle cose belle che gli altri hanno dato a te. Andai a fare degli esercizi spirituali, lontano da tutti e poi presi una decisione. Una decisione così è difficile da prendere ma a un certo punto è necessario buttarsi su una intuizione altrimenti ci si precludono cose bellissime: non bisogna permettere che gli altri (le cose “standard” o gli amici o i genitori) rovinino la nostra felicità…

Conoscenza della classe

Domande per la conoscenza della classe. Nella forma del dialogo orale è necessario un momento di preparazione da parte dei ragazzi.

  1. La mia famiglia. Come è la mia situazione famigliare? I miei genitori sono credenti o no? Quanto ci tengono alla religione?
  2. La mia fede: Credo in Dio? Penso di essere cristiano? Che esperienza ho del catechismo passato? Sono contento di aver scelto di fare religione o è stato un obbligo?
  3. La mia persona: un mio pregio e un mio difetto? mi considero timido o estroverso? ti senti fortunato o sfortunato nella vita e perché? I miei interessi principali sono?

 

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