Sollenità di Cristo Re

2Sam 7,1-6.8-9.12-14a.16-17; Sal 44; Col 1,9b-14; Gv 18,33c-37

La prima lettura e il vangelo intrecciano due temi di grande interesse. Il primo è quello del pellegrinare o del dimorare, della casa o della tenda (nella prima lettura), del collocarsi pienamente nel mondo o nel non essere totalmente di questo mondo (per dirlo con il vangelo). A Natan Dio dice: non ti ricordi che io ti ho seguito, ho pellegrinato con te, senza preoccuparmi di legarmi totalmente a un luogo (come per un santuario). E così Gesù risponde: il Regno di cui parlo non si identifica con qualcosa di questa terra, non è il potere delle nazioni o dei politici, non è il potere della chiesa…
Tema interessante e intrecciato con il secondo – che vedremo dopo.

Io penso che tutti possano riconoscere l’importanza di questo primo tema. Lo si percepisce fortemente nell’esperienza della giustizia. La giustizia non è la giustezza – dico ai ragazzi. La giustezza è un calcolo, una retribuzione. La giustizia è molto di più, dipende da chi sei tu e dalla tua storia. La giustizia per esprimersi davvero deve amare, deve conoscere in profondità, non gli basta applicare una regola. Lo sperimentano i ragazzi che a parità di voto, a parità di esercizio,- rispetto per esempio alla fatica – sento che non è giusto dare la stessa valutazione, quella non sarebbe giustizia. Sarà anche matematicamente esatto, è giustezza, ma non è giustizia.
Allora si capisce che la vera giustizia (nella vita), l’avere giustizia per sé, non è questione di questo mondo. Leggete Manzoni per capirlo. La giustizia è questione di Dio, è questione che solo uno che ti conosce meglio dei tuoi genitori e ti ama più di loro può avere su di te una parola giusta davvero.
Ecco lo scarto. In questo senso la giustizia non è di questo mondo, non è delle leggi, dei compiti in classe, delle multe, della politica…. non che siano queste sbagliate, ma non corrispondono pienamente al senso che abbiamo dentro e che sentiamo che con la sola giustezza, pur essendo esatta, spesso suona come “indigusta”. Il Regno non è di questo mondo. Dio sta in una tenda. In questo senso noi attendiamo qualcosa nella vita.

Intrecciato a questo (lo scarto tra nel mondo e del mondo), c’è il tema della regalità della croce. In Samuele Dio la esprime con la frase “io ti sarò padre e tu mi sarai figlio”, mentre il Vangelo lo espime con la frase di Gesù “manifestare la verità”, ovvero la croce. La Croce svela la vera regalità che non è di questo mondo, che non è nella nostra logica spontanea.
Come può essere regalità questa impotenza? Come può essere potente -regale- questa croce, questo manifestarsi della verità come dono di sé totale?

Guardando a noi, dovremmo almeno dire questo: tutto ciò che genera, porta frutti, ci affascina davvero, trasforma e cambia le cose, dura… non proviene mai da una violenza, da una forza e da una costrizione. Se ci pensiamo le cose più belle che abbiamo ricevuto le abbiamo sempre ricevute come appello alla nostra libertà, questo davvero ci ha cambiato. Un esempio: un padre non cambia un figlio costringendolo con la forza a studiare (che potenza è questa? è da schiavi ma finisce) ma facendo un appello alla sua libertà che faccia capire al ragazzo: ti do tutto quello che ho di prezioso, quello che per me è prezioso, quello che sono io.

Questo è davvero potente: quando noi diciamo questo, nudo, senza protezioni e senza ruoli o maschiere, che tutto quello che sono è per te nelle tue mani. Questo cambia il cuore. E’ come guardare negli occhi e sostenere lo sguardo, tu così ti consegni e sai che questa “impotente e gratuita consegna” è la cosa più forte e più vera che tu puoi operare nell’altro.
Ecco la regalità dell’amore, questa potenza infinita e impotente in quanto è il segno più forte alla tua libertà.

Interessante. La regalità di Gesù (la sua potenza) non è la struttura (neanche dell’oratorio), non è l’abitudine (neanche della Messa), non è l’istituzione (neanche della Chiesa)… è la potenza di uno sguardo che dona tutto all’altro facendo appello alla sua libertà. Le braccia aperte sulla croce. Il dispiegarsi della verità.
Qui c’è la verità di Dio che non è onnipotente perchè può tutto quello che vuole (il nubifragio…). Quello sarebbe un dittatore, ma è onnipontete perché l’amore è l’unica forma vera di potenza in grado di cambiare le cose, perché è come uno che ti guarda negli occhi consegnandosi nudo per come è, dandoti tutto quello che ha.
E – noi aggiungiamo – ogni altra potenza che non viene dall’amore, dal proprio mettersi in gioco e consegnarsi, ma dal male (dalla costrizione, dall’obbligo, dal ricatto morale), è semplicemente destinata a perdersi, non sarà mai fruttuosa, farà danni e muorirà lei stessa.