Serata Scienza-Fede a Desio

Prima di iniziare la nostra chiacchierata vi vorrei confessare un disagio, l’imbarazzo che mi viene quando devo parlare di questi temi.
E’ come essere nella situazione di un film di Woody Allen quando lui – ebreo – seduto su un lettino dallo psicologo racconta: “Ho 12 anni e vado alla sinagoga. Chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita. Ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco – l’ebraico. Allora lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico.”
Ecco, a parte i 600 dollari che non chiedo, la sensazione è la stessa: che la fede, la religione, le risposte alle domande della vita, il cristianesimo ecc., alla fine siano cose che non si spiegano, non si devono argomentare, bisogna solo crederle.
E quando anche qualcuno tenta di spiegarle sembra appunto che parli ebraico: non si capisce nulla, ti confondono le carte, magari ti fanno anche dubitare di quelle 4 cose religiose di cui eri convito.
Ecco. Questo è il mio imbarazzo: che, in fondo, quando dico che ho studiato le leggi della fisica, uno pensa a delle cose magari da geni mezzi matti che girano in pigiama, ma che sono argomentate e si dimostrano e ci sembrano plausibili e universali ecc. Mentre quando dico che credo nel Signore Gesù, lì parlo di una mia credenza privata e personale e particolarissima, di cui alla fine non si può rendere ragione e spiegare (se non appunto parlando in ebraico e chiedendoti 600 dollari).
L’imbarazzo aumenta anche quando vedo su Youtube i filmati di Odiffredi contro la religione, dove dice che “la religione è l’oppio dei popoli”, “è una superstizione da ignoranti…” ecc. ecc. Tutte cose sempre vecchie e sempre nuove, ma che ormai mi fanno addirittura sorridere, e invece capisco che gettano scompiglio e un cristiano dei nostri dell’oratorio non saprebbe cosa rispondergli. Al massimo arriverebbe a dire: “se io credo sono fatti miei, questo alla fine non contrasta con le tue scoperte, perché tu ti fermi al razionale e spiegabile mentre io vado oltre – se io vado oltre con la fede, cosa ti importa? Tanto alla fine il cristianesimo è amore e quindi faccio solo del bene.” E amenità del genere che non hanno a che fare con il cristianesimo e soprattutto danno ragione a Odiffredi: la scienza si spiega e si capisce, la fede non si spiega e non si capisce, al massimo si crede, ci si convince (o ti convincono).

Ecco, lo dico subito, prima di entrare nel merito. Questa idea della fede (e della scienza) non è l’idea che ho io. Questa fede che uno “non sa dire”, come fosse fatta di allucinazioni popolari da oppio, miracoli e coincidenze inspiegabili o misteriose, o peggio una credenza da sfigati alla canna del gas. Questa fede che è un fatto personale e privato che ognuno ha nel suo cuore e non si può dire nulla all’altro, dove il sentimento personale è l’ultimo giudice e ti devi sentire bene e rappacificato (allora, più onesto Woody Allen che dice: l’amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande).
Ecco, questa non è la fede che ho scoperto quando ho scoperto il Signore Gesù. Non è la fede che mi ha portato in seminario, e per la quale invece spenderò la mia vita a cercare di dirla. Per dire che no riguarda solo me o delle mie convinzioni o una parte di me quando non sa più spiegare con la scienza delle cose. Lo ripeto: se fosse così (se la fede fosse questa cosa da credenti ciechi alla canna del gas nella vita) preferisco essere come Odiffredi e dichiararmi non credente (anzi preferisco essere come il rabbino che prende i 600 dollari).

Perché dico così? Da dove mi viene questa convinzione? Mi viene proprio dalla scoperta del Signore Gesù che addirittura va contro la religione quando questa tende l’insidia di diventare superstizione, di andare contro l’uomo (e chiedere a un uomo di non usare la sua ragione e intelligenza è andare contro l’uomo). Ricordate quando Gesù si mette contro la religione che riteneva da lapidare le donne adultere, e – facendo ragionare l’uomo – gli dice: ti pare che tu possa farlo e per di più in nome di Dio? E addirittura va contro la religione che aveva superstizione degli uomini morti sulla croce – perché morire uccisi in croce non era un modo come un altro ma per la religione si era come maledetti da Dio, era come avere un malocchio enorme – e ci va sopra lui, per dirti che non è vero, che sono credenze che non hanno a che fare con Dio.
Ecco, se proprio devo dirlo con due frasi (così non è difficile e non è ebraico) ho scoperto questo dalla fede cristiana — che non è di nessuna altra religione — che mi toglie dall’imbarazzo che avevo e mi fa ben sperare di non mettere scienza contro fede: che, nel Vangelo, Dio non sopporta di essere subito, di dover essere riconosciuto a scapito di qualche cosa che è visto come buono oppure come escamotage di una mancanza. Preferisce giocare il rischio di uscirsene in punta dei piedi (di non essere riconosciuto per nulla – vai tranquillo e rimani ateo) piuttosto che chiedere una adesione cieca, e quindi sempre violenta, il sacrificio di qualche cosa che è percepito come buono (per esempio la nostra intelligenza).
In altre parole: Dio chiede di essere riconosciuto degno di fede (credibile) o altrimenti meglio atei. Perché Lui sa benissimo che se è subito, allora nel nome di Dio si servono i prepotenti e si fomentano superstizioni e povertà… Quando è subito l’uomo inizia ad avere paura di Dio, perché non sa spiegare cosa Dio può fare oggi o domani: oggi può apparire come la Madonna, ma domani può giustificare una guerra… Capite che arma che diventa un Dio quando è arbitro fuori da ogni ragione o è un assoluto in cui credi ciecamente?
Esemplifico: è come una ragazza innamorata a tal punto di te che preferisce andarsene via lei in esilio lontana, purché tu non abbia il sospetto che è lì per fregarti, perché tu ti senta scippato di qualche cosa quando c’è lei, per esempio del tuo tempo, della tua intelligenza, della tua logica, di cose che tu percepisce come buone.

Per questo il Dio cristiano chiede a quelli che lo riconoscono di renderne ragione (“Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni” 1Pt 3,15). E questo è scritto esplicito: non violentate i ragazzi con delle cieche credenze (rinunciando all’intelligenza), perché il Dio che avete scoperto chiede solo di essere apprezzato gratuitamente.
Vorrei che tutti percepissero la differenza tra il Dio cristiano di Gesù e il dio della superstizione che è in contrasto con la scienza. E se per caso inizi a percepire il Dio cristiano come una superstizione, devi sapere che – per il cristianesimo – è meglio atei: Dio stesso rinuncia a farsi valere. In altre parole: il Dio cristiano è il primo a far fuori il potere terrificante e affascinante del sacro come grande mistero davanti al quale ti chini. E’ il primo a credere a tal punto nell’uomo che addirittura affida alla sua intelligenza e ragione la capacità di indagarlo (e di predicarlo): e ci tiene così tanto a questo uomo che preferisce rimetterci di tasca sua e scomparire piuttosto che predicare un Dio che tiene cieco l’uomo e gli dice cosa fare come se lui non fosse in grado.
Andate a testa alta di questa scoperta che è solo del cristianesimo, perché nessuno preferisce andare contro la religione ed essere ucciso lui stesso (in nome della religione) per non tenere l’uomo cieco.

Per dirvi che anche le persone di chiesa sbagliano e hanno sbagliato su questo: Quando c’è stato un incidente al CERN io e un altro fisico che è con me in seminario dispiaciuti pensavamo allo smacco e ai soldi e al tempo perso… un nostro compagno – idiota (scusate l’aggettivo) – dice: ecco, se quei soldi invece di darli alla scienza che non combina nulla gli avessero dati alla chiesa! Capite l’idiozia del mio compagno (va anche contro una tradizione secolare della chiesa che da soldi alla ricerca): il Dio cristiano mi autorizza a dire che è più cristiano –paradossalmente- un ateo dedito alla fisica che uno come questo mio compagno che ha una idea superstiziosa di Dio e che teme –sotto, sotto- che la scienza gli porti via qualche cosa o porti via qualche cosa a Dio.

Dunque questa è la mia prima tesi: non solo il Dio cristiano non va contro la scienza ma odia la superstizione fin nel suo DNA e chiede ai suoi di spiegare, di rendere ragione, di fare queste serate – se ce ne fosse bisogno vedendo Odiffredi in TV e se ci si sentisse spaesati.
Di più, è l’inizio della fine dello strapotere della religione sull’uomo in favore di tutta la sua intelligenza (che è di più della sola ragione, come vedremo). Dunque è l’inizio della scienza stessa come lavoro della intelligenza dell’uomo contro il terrore di ciò che è ignoto (la superstizione). E’ come se Dio stesso ti dicesse che non ce nulla di sconosciuto o ignoto che ti può fare paura e che viene da Dio (nel quale lui ci metterà il becco).
Se c’è un fulmine non è perché Dio ti castiga, ma andrai a studiare l’elettromagnetismo e scoprirai che sono delle particelle cariche nell’aria che… Bene, prima che ci arrivassero i fisici, con il cristianesimo già sapevamo che non era un giochetto di Dio, una manifestazione misteriosa di Dio.
Capite: quando dite che Gesù e la sua storia è “rivelazione di Dio”, dovete subito percepire (prima di tutta la devozione e il “sacro” che ci mettete) che lì c’è tutto quello che Dio aveva da dirti su di sé e sull’uomo (come dice la fine del vangelo di Giovanni) e dunque non avere paura di attenderti altro di misterioso che non sai. Basta! Da Gesù in avanti, come funzionano i fulmini e l’atomo e tua nonna, non è una cosa dove devi chiedere Dio o peggio temerlo o avere con lui dei conflitti. E’ come una porta aperta a indagare tutto il mondo con la scienza, con la fisica, ma anche l’arte, la sociologia ecc. ecc.

Detto questo, dove sta allora il problema tra scienza e fede? Perché si percepisce un conflitto? Provo in primo luogo darvi un quadro a vari livelli.

Un primo livello – banale – è quello per cui alcune affermazioni della Bibbia sembrano in contrasto con la scienza. E’ un contrasto di verità: la fisica dice che è vera una cosa, la Bibbia dice che è vera un’altra.
Esempio: l’evoluzionismo dice che l’uomo viene dalla scimmia, mentre la Bibbia racconta che l’uomo è creato da Dio.
Questo è proprio un livello banale che è oggi ampiamente risolto ma che qualcuno ancora tira fuori. Noi oggi sappiamo che qualsiasi affermazione o frase (della Bibbia o della scienza) va interpretata, bisogna capire cosa aveva intenzione di dire nel suo contesto, e senza tradire questa intenzione ritradurre sempre l’intenzione nel linguaggio e nel contesto moderno. Questo non significa che tutto è relativo e che ognuno legge quello che vuole. Al contrario interpretare è una condizione fondamentale proprio per non variare la verità di una affermazione.
Esempio: se mia nonna dice “va c’ha pa’ i rat” (tradotto “va a prendere i topi”) non significa che siamo in tempo di guerra e ci mangiamo i topi, ma che l’ho fatta arrabbiare o l’ho stufata e mi manda al diavolo (diremmo noi). Ora, se io scrivo su un quaderno, mia nonna “mi ha mandato al diavolo”, i miei nipoti (magari tutti atei e miscredenti) non dovranno capire che mia nonna era una satanista e faceva riti magici, ma che non mi sopportava più e scriveranno qualche cosa con una loro espressione.
Ora, l’esempio banale serve solo per dire che ogni tempo cerca di capire e ritradurre nel suo linguaggio le cose della tradizione che riceve. E non possiamo confrontare i topi con il diavolo.
Allora se la bibbia dice che l’uomo è creato da Dio (e poi che è cacciato ecc.) usa un suo linguaggio per dire una certa “sensazione” epocale che percepisce (che riguarda la profondità di un certo legame con Dio), ma non è da confrontare con un’altra “sensazione” o scoperta che invece è preoccupata di rispondere alla domanda evolutiva dell’uomo e delle specie. Io in queste due cose non vedo proprio nessun contrasto (vedo altre cose problematiche nella teoria dell’evoluzione che potrei raccontarvi…).
Se prendo letteralmente le cose vedo un contrasto, ma se interpreto (mi chiedo a quale domanda rispondono, in quale contesto si inseriscono, di quale esperienza si parla) vedo che uno descrive la specie dell’uomo (e che l’uomo debba essere anche una specie non ci piove) e l’altro è interessato all’uomo come mistero e libertà (che è una sensazione che ha sempre avuto e sperimentato e non centra con il fatto che ho questo naso e questi occhi perché i miei genitori…).
Secondo esempio: non si può confrontare l’espressione “in principio Dio creò” con la teoria del Big Bang. Se si interpreta si capisce subito che è mettere vicino pere e patate.
Ora, il livello della verità della bibbia (quandi dici per esempio: la Bibbia è parola di Dio – posto che anche questo andrà capito) riguarda non il senso letterale di alcune espressioni, o racconti, ma riguarda la realtà dell’esperienza di chi scrive. Chi scrive parla di una esperienza (tendenzialmente sua) e per fare questo usa anche molte immagini e racconti che possiede, ma il livello della verità è sulla sua esperienza e sul legame che lui dice esserci tra l’esperienza e la vita. Che per descrivere questa esperienza usi immagini inventate, mitiche, o altro, non è grave.
Uno scrittore famoso dice che la teologia (la bibbia) è una forma di letteratura fantastica (espressione usata anche da Odiffredi). Ora, è letteratura fantastica non ciò che solo usa immagini fantastiche ma ciò che descrive esperienze fantastiche e inventate: non c’è nessuna pretesa di verità nel descrivere le esperienze di cappuccetto rosso, oltre al fatto che i lupi non parlano. Mentre –dico io– è una “fantastica letteratura” ciò che usa anche immagini fantastiche per dire una esperienza reale, per dire la realtà di una esperienza. In questo senso la Bibbia è una fantastica letteratura.
Ora, anche la scienza è interessata a descrivere una certa verità sulle cose, ma appunto a partire da altri tipi di esperienze e altri interessi: potrà dirci la verità del funzionamento delle stelle e dei pianeti, o del cervello e dei meccanismi che entrano in gioco quando ci innamoriamo, ma non potrà dirci perché io che so di essere libero (non così tanto condizionato) a un certo punto – andando contro magari il parere dei miei genitori e amici – decido che mi metto con quella ragazza lì?

Non ci deve stupire il fatto che nei secoli le due cose (i due campi) sono entrate in conflitto. Questo in gran parte dipende dal fatto che per secoli la domanda che muoveva la scienza era molto vicina a quella che muoveva la fede, nel senso che (proprio per quello slancio che viene dal Signore Gesù stesso a demitizzare il mondo – in principio era il Logos) la ricerca di un ordine nel cosmo era una domanda legata alla ricerca di Dio. La cosa si è rotta nel momento in cui (con la modernità) la sua ricerca dell’ordine da una semplice via verso Dio, diventa lo scopo stesso e la qualifica stessa dell’uomo. Ci si accorge che se Dio viene fuori da questa ricerca è un puro “oggetto” tra i tanti oggetti e l’uomo non ne ha più bisogno.
In altre parole si rompe quella sensazione epocale (se funziona, fuonziona così e non è un dogma) per cui quando scopri una legge fisica scopri un modo che ha avuto Dio per regolare il mondo, una sua traccia. Oggi, semplicemente scopri una legge che ti dice la tua capacità di vedere e indagare il mondo. Per la modernità, la sensazione epocale è che la ricerca non porta a Dio, ma porta solo a sé stessa, all’uomo che è lo scopritore, a oggetti della natura. In questo ribaltamento, per la scienza, non c’è nulla di male: solo si è rotto un legame che prima veniva percepito, perché è cambiato un interesse. Si è spostata una domanda: prima l’idea di Dio ti veniva da lì (non è che la dimostravi ma ti si accendeva quando scoprivi qualche legge del cosmo), ora ti viene da altre domande e percezioni (ma anche nella Bibbia, il senso di Dio non si accende mica solo quando contempli la perfezione della natura). Ma di questo cambiamento non ci si è accorti subito e a volte ci si è confusi…

Un secondo livello riguarda gli eventi straordinari (miracoli) descritti nella Bibbia. Quando si scrivono cose che (anche quando interpretate) vanno contro alcune evidenze della fisica o della vita. Su questo è bene che sappiate che qualcuno tentò qualche anno fa di forzare l’interpretazione e diceva che tutte le volte che nella Bibbia si dice qualche cosa che è fuori dalla esperienza normale (i miracoli, le apparizioni ecc.) in realtà non si parla di una esperienza veramente così accaduta (ricordate che è lì che dicevo ne va della verità) ma è solo un modo mitologico, e narrativo, per dire un concetto, una idea, un altro tipo di esperienza sentita che non si saprebbe dire se non con la narrazione mitologica.
Esempio: se si racconta che Gesù risuscitò Lazzaro, in realtà la bibbia non vuole dire che è vera questa esperienza, ma è un suo modo per dire l’idea della salvezza che vince la morte, che si ha incontrando Gesù. E’ solo un racconto mitico che nasconde una esperienza che noi oggi diremmo con un concetto, in una idea. Idem quando si dice che “Dio parlò a Mosè”, non è che sente una voce ma, diremmo oggi, che sente quella cosa come vera, proprio come se venisse da Dio.
Questa operazione, per me è eccessiva e soprattutto non necessaria. Eccessiva perché l’esperienza umana che si descrive vive di cose reali e non solo di concetti o idee o sensazioni. L’esperienza vive del fatto che realmente vedi uno malato che non è più malato, uno morto che ora è vivo ecc. Altrimenti da dove nasce l’idea, se non nasce dalla realtà dell’esperienza anche sensibile? Da cosa nasce?
Non necessaria perché si annidano due equivoci: il primo è che la fede nasca dal miracolo. Ora, mai si è visto qualcuno che si è convertito perché ha visto cose che sono inspiegabili. Nella bibbia la fede è sempre in qualche modo presupposta per il miracolo. In uno slogan: è la fede che fa miracoli e non i miracoli che fanno la fede (Gesù alla donna emorroissa che dice: la tua fede ti ha salvato). Perché altrimenti si ritorna al Dio misterioso che ha bisogno di sconvolgere la natura per attirare il tuo sguardo (impaurito) e farsi credere. Mentre ricordate che lui pur di non fare questo preferisce non essere creduto affatto!
Il secondo equivoco è una falsa pretesa della scienza: che tutto ciò che è vero sia dimostrabile, che la verità stessa delle cose coincida con la sua dimostrazione. Questo è falso nella scienza e è falso nella vita stessa. Nella scienza ve lo indico con questo raccontino: un famoso matematico scrive a un suo amico dicendo “ho scoperto un bellissimo teorema di matematica ma non ne ho ancora trovata la dimostrazione”. Ecco: come faceva a sapere che era un teorema vero se non ne aveva ancora la dimostrazione. Eppure tutta la scoperta scientifica funziona così: per intuizioni che si suppongo vere, perché alcune cose anche nella scienza attirano lo sguardo e ci sembrano promettenti mentre altre meno. Certamente per il metodo scientifico quello che è dimostrato è vero (nel metodo scientifico) ma non viceversa, mica tutto quello che non è dimostrabile o dimostrato è di per sé falso.
A questo proposito vi invito a leggere il libro di Kung “la struttura delle rivoluzioni scientifiche” per vedere come procede la scienza… scoprirete che i modelli scientifici cambiano in modo tutt’altro che razionale.
Che l’dimostrabile o indimostrato non sia tutto falso è poi assolutamente vero nella vita, dove scegliamo senza dimostrare mai nulla. Pensate che disastro sarebbe la vita se prima di avere un amico fai il conto dei pro e dei contro…
Non fatevi ingannare da strani ragionamenti. Se uno vede una cosa che la scienza non sa spiegare con le sue argomentazioni, non c’è molto da aggiungere. La scienza oggi non lo spiega. Punto. Cosa è di più: la realtà che vedi o la scienza che spiega la realtà? Un domani magari la scienza te lo spiegherà (o magari no), ma se questa cosa ti interpella non ti deve interpellare perché qualcun altro la spiega o non la spiega. Ti interpella la cosa e starà a te lasciarti interpellare. Se vedi un malato guarire inspiegabilmente non credi in Dio perché è inspiegabile la guarigione, ma ti domandi che senso ha che prima il tua amico stava morendo e ora è in vita. Che sia spiegabile o meno, che sia stato salvato da un medico o da un miracolo, a me importa pochissimo. Se il meccanismo causa-effetto è rotto o meno, non mi assicura dell’intervento di Dio o meno. Io so che un mio amico era morto ed ora è vivo. Questo mi interpella per me e so che tutto quello che Dio aveva da dire all’uomo l’ha detto nella sua storia, nella storia di Gesù, e non potrà mai succedere nulla di miracoloso che tradisca quel senso. Non c’è miracolo che tenga che possa interpellarmi mettendomi paura su Dio, come se ora si mettesse a fare strani giochetti con la vita o la morte. Ditemi se non c’è affermazione più scientifica e laica di questa?

Un terzo livello – quello per me decisivo oggi – riguarda non tanto se ha ragione la scienza o la fede, se quando Dio dice A e la scienza B devo credere a uno o all’altro (posto che ho fatto vedere che non è così). Non riguarda ciò che è vero o ciò che è falso, ma ciò che è sensato o insensato. La differenza sembra sottile ma è decisiva, provo a spiegarmi.
Sono convinto che la questione di Dio oggi non riguarda un conflitto di verità, ma il fatto che Dio non sia più “necessario” nel contesto attuale della vita. Non è più necessario in nessun campo delle esperienze della vita (quando stai male, quando ti innamori, quando litighi con i tuoi) e dunque parlare di Dio risulta non tanto falso, quanto insensato. Anzi, di più che insensato: un discorso dove compare Dio diventa privo di senso, finisce di essere sensato. Se nomini Dio quando stai male e dici Dio in un discorso medico, hai un nome non necessario che non solo è superfluo, ma ti impedisce di andare a vanti nella discussione. Esempio banale: se mi chiedo perché funziona una macchina, e descrivo il motore, non posso dire: perché c’è Dio che ha creato… se nomino questa parola in quel contesto rendo insensato ogni ulteriore discorso. E così vale per ogni contesto scientifico ma anche storico e poi sociologico ecc. ecc.
In pratica ogni contesto che spiega oggi l’esperienza (oggi con la psicologia anche l’esperienza dell’amore o dell’odio o dell’invidia) non ha più bisogno di parlare di Dio e la parola Dio chiude ogni ulteriore discorso sensato. Vi invito a fare un rapido scanning dei settori della esperienza per dire se non è così.
Ecco allora la mia ultima domanda e provocazione – duplice.
1) Non è che l’inutilità del dire Dio nell’esperienza non sia anche la porta per la sua gratuità. Non è che il Dio cristiano che si lascia mettere in croce e preferisce scomparire lui piuttosto che essere subito, non veda di buon occhio il fatto che non si debba parlare di Dio nei contesti della vita? Perché se ancora lo si fa ancora — se vedo dei credenti che scoprono le forze che tengono insieme l’atomo e si domandano sulla bellezza del mondo e sulla grandezza di Dio — ecco che la gratuità del loro discorso è per me anche un segno della sua forza, della sua verità. A me sembra che Dio si inscriva solo in questa gratuità. Pensa all’amicizia: il fatto che io non debba per forza avere amici, poi quando scopro un amico, scopro qualcuno che non è solo necessario (è finalistico -capite?) ma scopro uno che per me è più che necessario. E questo mi dice che ci vuole oggi anche del coraggio per parlare di Dio nella propria vita. E se volete essere credenti dovete abbittarvi a questo coraggio.
2) Qual è oggi il contesto di senso, di esperienza, per cui dire Dio in modo gratuito e non necessario, non è insensato e non chiude il discorso? Dove parlare di Dio visto che ogni contesto umano è spiegato senza Dio? Perché se dici Gesù senti già che è una cosa vecchia (don -mi dicono- sono le cose della nonna, questo non aveva neanche l’elettricità e come fa a dirci qualche cosa sulla vita). Ecco io penso (se leggete i racconti sul Risorto) che in ogni contesto dell’esperienza si può parlare di Dio “sensatamente” purché la parola Dio non sia qualcosa di cui si parla (come un oggetto del discorso, per cui affianco al motore e alle leggi fisiche c’è Dio) ma sia l’apertura a un senso nuovo del discorso, ti metta in crisi, ti apra una prospettiva nel quale gli elementi sono gli stessi ma ora li vedi in un’altra luce. Ecco, di Dio si parla sensatamente perché genera una apertura di senso attraverso un crisi.
Esemplifico nella mia esperienza: andavo in montagna con i ragazzini dell’oratorio e facevo tutte quelle belle cose che fate voi. A un certo punto quella esperienza mi ha messo in crisi (come la ragazza che invitata a bere una birra ti dice: vengo ma dimmi chi sono per te), e mi ha chiesto: o siamo dei semplici amici e non sai perché, o Dio è in mezzo a noi. Ecco, Dio non è percepito non come un oggetto, un fantasma, una apparizione, ma quello che ti interpella (ti mette in crisi e ti apre una nuova prospettiva) nella tua esperienza attraverso una domanda più profonda. Guardate se non è così per i discepoli di Emmaus.