Santissima Trinità

Es 3,1-15; Sal 67; Rm 8,14-17;Gv 16,12-15

Mi colpisce quanto dice Gesù nel Vangelo: “molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. Questo significa che capire qualcosa di sé e della propria fede non è un fatto puntuale che può avvenire in poco tempo, ma qualcosa che tiene conto della storia di ciascuno. Gesù stesso deve fermarsi, smettere di parlare e aspettare che accada qualcosa, dopo la sua morte. Gesù sa che i discepoli troveranno una corrispondenza e una verifica tra il suo insegnamento e i fatti della vita, ma sa anche che questo non avverrà subito. Serve pazienza, è necessario del tempo, anche molto tempo, prima che i discepoli possano raggiungere la piena consapevolezza di quello in cui hanno creduto. Non sarà un processo lineare: ci saranno passi avanti come passi indietro, ci saranno dei salti nella loro storia. Anche Pietro dovrà passare attraverso il tradimento e il rinnegamento del suo credo. Detto in altri termini: al contrario di quanto siamo abituati a pensare oggi, le cose importanti non accadono subito o automaticamente… occorre tempo, pazienza, bisogna sapersi fermare…

In altri termini, dobbiamo credere che esista una grazia dei tempi. Dobbiamo sperare che le cose accadano quando ne possiamo portare il peso. Che i nostri figli possano fare degli incontri significativi, ma nei tempi giusti della loro vita. Possono accadere crisi molto profonde o prove molto grandi da affrontare, ma ciò che fa la differenza è sempre il “quando” esse capitano. Spesso non sono le crisi in sé a essere solo scandalose, ma lo sono in relazione al tempo nel quale avvengono, in relazione alle persone che abbiamo vicino o alla nostra maturità e al nostro cammino. Per questo le immagini che usa Gesù sono quelle del seme che matura o della pianta che cresce. Per questo Gesù trascorre così tanto tempo con i suoi e non si presenta subito a loro come il Messia. Per questo il Vangelo di Giovanni parla così tanto dell'”ora” nella quale accadrà la morte di Gesù e dice spesso una frase: “non era ancora giunta la sua ora”.
Diverse volte mi è capitato di sentire una persona dire: “se mi fosse capitata questa cosa solo qualche tempo fa, io non sarei qui a parlarne così…”. Io stesso devo affermare che molte prove sono arrivate per fortuna nel momento della mia vita nel quale almeno potevo affrontarle. Per questo è importante capire quale stagione della propria vita si sta vivendo, per cosa è questo mio tempo e non perdere così la “grazia dei tempi”. Per quali pesi è fatto il tempo nel quale vivo? Per capire che cosa? Tra marito e moglie, come tra amanti, capire il tempo che si sta vivendo, con le sue sfide, è già per metà un imparare ad amare.

Per questo la fede chiede attenzione. Non avviene subito e non avviene neanche senza volerlo. Si nasce e si cresce senza volerlo ma non si diventa uomini senza volerlo. E’ questo uno degli aspetti più belli del racconto di Mosè al roveto ardente. Ciò che è straordinario in questo racconto non è il fatto che questo roveto “parli” o “bruci senza consumarsi”. E’ molto più straordinario che Mosè se ne accorga e senza scappare voglia avvicinarsi. La sua curiosità, che gli permette di osservare ciò che è straordinario, e la sua voglia di capire e di avvicinarsi a vedere sono il vero miracolo del racconto. Se rimaniamo distratti, se tutto ciò che facciamo per guardarci attorno è leggere il giornale (o facebook), se continuiamo a guardare solo dove mettiamo i piedi (il nostro lavoro o la nostra famiglia) non vediamo nulla di ciò che ci sta attorno e per noi non c’è davvero nessun roveto che brucia. Non distrarsi è per me la cosa più difficile di tutte e penso occorrano davvero tutti i segnali dello Spirito per risvegliare ogni giorno la nostra attenzione alla vita.