Santissima Trinità

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Non si respira una bella aria in questi giorni. A prescindere dalla propria posizione politica, è difficile essere positivi. C’è chi si sente schernito, minacciato e i toni si alzano sempre di più. Le scene catastrofiche che alcuni media propongono fanno paura. Le copertine di alcuni giornali stranieri sul paese Italia buttano benzina sul fuoco. In queste circostanze, ognuno di noi rischia di essere tirato dentro questo vortice negativo. Ma se c’è questo pericolo, nasce anche in me, più forte di prima, la domanda: di cosa ho paura? cosa mi salva? cosa mi spaventa davvero? Come Mosè che ha il desiderio di “vedere Dio faccia a faccia”, ovvero di avere una certezza solida e sicura sul nostro destino. Un desiderio di verità, un desiderio di capire.

Cosa mi salva? Non vorrei rispondere con qualcosa di falsamente spirituale. Come un fuga cieca in Dio, quando la realtà mi va male. Non è questo. Ciò che è spirituale è anche incarnato (non “carnale” come dice Paolo, ma “incarnato”). Concretamente, ciò che mi fa sperare sono delle relazioni: gli amici che ho, la famiglia, i miei studenti, quelli ai quali ho sinceramente provato a volere bene. Tutti loro e non solo loro: anche quelli che ho incrociato pochissime volte ma per i quali è nato uno sguardo di affetto sincero, come un fiorellino nel deserto.

Questo è il mistero che sostiene la vita. Anche Gesù, “odiato senza motivo”, dice il Vangelo, non soccombe sotto quell’odio perché ha il Padre e i suoi, nel dono delle Spirito, che “conosce fin dal principio” o, detto altrimenti, il “cui amore era fin da principio”.  Solo questa relazione gli permette di “essere odiato senza motivo” e non soccombere. Così accade ogni giorno per noi.

Mi viene sempre in mente il romanzo “il vecchio e il mare”: un pescatore anziano parte da solo per la caccia di un grosso pesce. Lo afferra e lotta duramente per vincere. Riesce a catturarlo, ma nel viaggio di ritorno il destino si fa beffe di lui perché i pescecani gli mangiano tutto. Si ritrova così a riva, stanco e affaticato, senza nulla in mano: solo la carcassa di uno scheletro. La storia pare tante volte finire tristemente così. Eppure il romanzo non termina qui: perché un giovane gli fa visita, lo cura, gli fascia le ferite e ascolta il suo lamento. Sembra dire Hemingway: dove tutto viene cancellato e distrutto pare rimanere e resistere solo quel segno umani di affetto.

La festa della Trinità in fondo dice la stessa cosa. Il mistero di Dio è relazione. La questione non è spiegare il dogma ma farne esperienza. Avere amicizie che “testimonino” l’assoluta affidabilità di questo Dio. E vivere questa esperienza avendone scoperto il senso e la portata: “la verità di Dio stesso”. Esperienze che non restano in sospeso nel nulla, ma hanno senso, hanno visto in Cristo il loro destino e la loro origine buona. Che la legge della vita sia il suo Amore è ciò che Gesù rivela. Gesù non “porta l’amore” come se prima non esistesse, ma rivela che il mistero di tutte le cose è la perfezione di quell’amore che lui ha rivelato dando la vita per i suoi amici. Nulla è più grande di questo. Così cambia tutto! Non hai paura del telegiornale, del tuo destino, di quello che ti potrà capire… sei capace di vivere la vita senza soccombere a tutti i profeti di sventura che popolano ogni tempo.