Lo scandalo del male

Come l’anno scorso abbiamo iniziato l’anno parlando dell’esperienza dell’amore e dell’innamoramento, dell’attrattiva amorosa, penso che siamo abbastanza grandi per parlare di una seconda tematica “vitale”. Una tematica che ci riguarda tutti, dalla quale da quando si diventa grandi si inizia a imbattersi, tematica che fa traballare il mondo religioso o che all’opposto lo fa avvicinare alla ricerca di un senso (Harry Popper, Il signore degli Anelli…). Parlo dell’esperienza del dolore. Si colloca su due livelli: quello del sentimento emotivo (sento che accanto a me si prova dolore, provo io dolore)… ma ogni emozione contiene un messaggio che va capito, non è qualcosa che semplicemente va eliminato, c’è un secondo livello quello della testa (il tema del male, perché mi è capitato questo male?…). Dunque il tema del dolore e parallelamente il tema del male.

Site grandi e perciò non dite: “che palle, non c’è qualcosa di più allegro?” Sarebbe una grave mancanza se in questi anni non parlassimo di questo tema o ci confrontassimo con lo “stare vicino a uno che soffre, a uno che ha una malattia o un lutto…”. Io penso che la maturità di una persona non si calcoli sull’età anagrafica ma su quanto sappia non solo ridere, ma anche affrontare ciò che (senza strumenti) sembra duro affrontare. Lo dico in termini un po’ forti: “circola l’idea che si è uomini solo quando si ha successo: si ha una bella ragazza, si ha un bel lavoro”. Io non sono d’accordo: per me un uomo adulto è uno che sa cambiare un pannolino a un signore di ottant’anni senza imbarazzo. O sa accarezzare la fronte di un malato terminale senza scappare. Qui c’è un uomo adulto e la scuola deve formarvi a essere persone adulte. Non è inutile parlare anche di questo tema per il quale sicuramente è difficile parlare. Ricordo un papà di uno studente che stava morendo di cancro e che mi disse: “sono preoccupato per mio figlio”. Io pensavo: “sarà preoccupato che rimarrà solo, senza un padre…”, invece aggiunge “che abbia gli strumenti che servono per affrontare questo dolore”.

Vorrei anzitutto raccontarvi alcune esperienze personali di vicinanza al dolore (fanno anche parte del mio mestiere, come di chiunque “visiti gli ammalati”), alcune posizioni che sono state prese nella storia (filosofia, letteratura, psicologia) difronte a questo tema, poi quale posizione ha preso la fede cristiana, chiedere a voi di prendere posizione, di esprimervi. Ci sono poi alcuni film, canzoni o opere d’arte che cercano di simbolizzare ciò che è difficile da raccontare o da spigare, quasi a cercare un linguaggio diverso per questa esperienza umana.

Due atteggiamenti opposti

Non possiamo evitare i colpi, ma è interessante

  1. Una facile sacralizzazzione. Un modo per cui gli uomini cercano di tirare avanti, sopratutto prima dell’antibiotico e degli anti-dolorifici. C’è un esempio interessante in Claude Levi-Strauss (un grande antropologo francese), studiando degli indios che vivevano nello stato di Panama con una ricchissima tradizione di miti, racconto di uno sciamano che intona un canto per permettere a una donna che ha un parto difficile di superare questo dolore. Cosa narra questo parto? un viaggio tra gli organi malati della donna per guarirli e che attraverso una lotta riesce a riportare in vita i nascituro. Come se il dare senso e il dare parole, attraverso un mito, a quel dolore possa in qualche modo guarirlo o alleviarlo. Il mito come forma terapeutica antichissima (alla base della psicanalisi moderna). La donna riesce a resistere a quel dolore perché lo ha inserito in quell’universo di senso. Allo stesso modo il racconto della prigionia nei lager dello psicologo Frankl dove racconta di quel ragazzo che face una patto con il cielo “avrebbe sopportato le peggiori vessazioni se dall’altra parte fosse stato risparmiato chi gli era caro”. [1. Si veda, C. Levi-Strauss, Antropoliga Strutturale, Cap. 10 “L’efficacia simbolica”]
    Questa posizione non è banale ma seria. Tuttavia esiste anche una sua banalizzazione, una “facile e immediata” sacralizzazione. Una espressione di Lacan che parla di “sensi truculenti”, a tal punto cerca un senso che li trova ovunque. Senso truculento è: sto male e allora capisco che Dio mi ama. Il senso può essere truculento. Subito sacralizzazione. Ci sono anche altre sacralizzazioni del male, forse anche più sottili: dolore legato a un senso di colpa (soffro perché ho sbagliato perché ho peccato)… è questo qualcosa che non va banalizzato.  [1. L’antropologia religiosa, Jaca Book]. Lacan: la religione si presta a questo tentativo di “spiegare tutto”, di trovare una “corrispondenza di tutto con tutto”.
  2. Pericolo opposto: interpretare il dolore solo come un fastidio. Solo come qualcosa che capita che però non. Come se la scienza dicesse: non ti preoccupare che risolveremo tutto. Forma psicologica di “negazione”.

Primo grande insegnamento biblico è che il tema del dolore necessita di un discernimento.