Messa in Coena Domini

Quest’anno ho il privilegio di non dover predicare e di poter vivere la celebrazione in silenzio come voi. Ogni anno arrivo a questa S. Messa in modo diverso e, anche se il rito è sempre uguale, so che tante cose sono cambiate dall’anno precedente.
Ho sempre temuto che l’eucaristia diventasse nella mia vita una routine, come forse un marito può temere che vedere sua moglie diventi solo abitudine. Posso dire che ad oggi il Signore mi ha risparmiato da questo rischio. Senza alcuno sforzo, questa Pasqua mi pare nuova. Nuovo è tutto quello che è accaduto in questo anno, tutti i passi fatti o non fatti, le preoccupazioni e le gioie che si sono aggiunte, insieme a un buon numero di capelli bianchi che sono spuntati. Non penso ai miei passi o alle novità della mia vita (che per la verità sono ben poche!), ma a tutte quelle che ho condiviso: chi si sposa, chi si è lasciato, chi ha trovato la morosa, chi ha iniziato una università nuova, chi è all’estero, chi è stato in ansia, chi ha trovato lavoro, chi ha perso la fede, chi è in crisi… Sono queste tutte le cose che rendono ogni anno il mio essere prete diverso e questa celebrazione vera. Dentro questa storia, non posso non percepire la preoccupazione del Signore di questa notte: non per la sua vita, ma per quella delle persone che gli sono state affidate. Cosa accadrà a Giuda? cosa a Pietro?… Ma, insieme alla preoccupazione, c’è al tempo stesso un infinito senso di espropriazione delle relazioni da parte di Gesù che rivolgendosi al Padre dice: “li hai dati a me, ora però sono tuoi”. Questa espropriazione fa di Gesù non il mercenario, ma il pastore. E’ una grazia poter arrivare qui questa sera con una storia, con tante storie di persone alle quali si è voluto bene e dire al Signore: “ora però sono tuoi!”.

La seconda cosa è che questa sera, in questa S. Messa, percepisco il senso dell’ora. L’ora di Gesù è il momento decisivo, il tempo dove si arriva al dunque, il tempo dove si fa verità di quello che è accaduto. Lo si percepisce se si pensa che è l’ultima cena. L’ultimo non è solo la fine di una serie, ma il punto prospettico privilegiato dal quale poter vedere bene il tutto. Per questo gli anziani venivano rispettati o considerati “saggi”, perché più vicini a quella fine dalla quale si possono vedere le verità che all’inizio non si era in grado di percepire.
Questa sera penso interiormente a quelle domande alle quali non posso mentire a me stesso né sfuggire, come nell’ora decisiva di Gesù: “cosa è importante? cosa conta davvero nella mia vita? a chi ho voluto bene?” Qui si rivela il cuore dell’uomo, “dov’è il nostro tesoro”– direbbe Gesù, a volte anche nell’errore o nell’amarezza, come accade in questa notte a Pietro, mai però nella disperazione.
Per molti forse, una risposta può essere simile a quella del duca De Guiche alla fine del Cyrano de Bergerac: “Quando la vita suona l’ora della raccolta, si sentono, senza aver fatto troppo di male, mille piccoli disgusti di sé stesso, il cui totale non fa un rimorso pieno ma un malessere oscuro. E il mantello del duca trascina sicuro, scalando degli onori i gradini rampanti, un crepitìo di illusioni secche e di rimpianti.” E’ l’ennesimo estremo ripiegamento su di noi che Gesù cerca di cancellare dal cuore dei suoi, per toglierci la preoccupazione di fare della vita un capolavoro perfetto, una “eccellenza” e per poi vivere del rimpianto di non esserci riusciti… Forse per questo il prete dice: “versato in remissione dei peccati”. Più che le cose che abbiamo sbagliato, i peccati rimessi sono per me questo senso superato del nostro limite, la necessita di affidarci a qualcuno che ci salvi davvero… Ho impressione che questo pane ci sia dato anche per questo: per non scivolare dentro questo laggiù, ovvero il luogo dove viviamo tutti la strana tensione tra ciò che pensiamo ci sia dovuto (o che dovevamo raggiungere) e l’essere umili creature che crepano. Per questo penso si debba passare tanto tempo davanti al Santissimo, anche se sembra all’inizio che non centri nulla. Come all’inizio i dodici avevano capito ben poco di quest’ultima cena.