Martedi 4 Ottobre 2011 – San Francesco d’Assisi

Sof 2,3a-d;3,12-13a.16a-b.17a-b.20a-c; Sal 56; Gal 6,14-18; Mt 11,25-30

La festa di S. Francesco ci permette di rilleggere il senso del nostro mandato di educatori. Vorrei farlo alla luce di quanto scrive Francesco all’inzio del suo testamento.

Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

Siamo di fronte a uno dei testi più famosi della spiritualità cristiana. In poche frasi viene detta tutta l’essenza del mistero di una conversione e di una vocazine.

Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così. Si tratta in realtà della guerra tra Assisi e Perugia, della sconfitta e dell’incarcerazione di Francesco. Ma è importante capire che si tratta di una crisi. C’è un uomo che si è abbituato a vedere le cose in un certo modo e che – a un certo punto – si scontra con una realtà che è amara. Si impatta con la realtà — amara. Gli sembrava cosa troppo amara anche solo il vederli quei lebbrosi.

Se pensiamo ai nostri ragazzi forse capiamo che è così anche oggi. A me sembrava cosa troppo amara (troppo difficile, troppo lontana) avvicinare questi ragazzi. Avvicinarli per quello che sono, nella loro totale apatia, nel loro mondo di cose futili, schiacciati sul presente, sulle voglie, sulle emozioni..
Insegno in una scuola e vi dico che il filo rosso di tutti i discorsi dei professori sui ragazzi (di questi tempo, ma secondo me è sempre stato così) è una lamentela. Il filo rosso oggi è una lamentela. E’ l’amaro di S. Francesco, non avrei un’altra parola.

Ma il Signore – dice Francesco – mi pose di fronte a loro. Questa è la realtà e se è vera, se sono capace di starci di fronte, mi scombussola sempre (al di là di ogni ottimismo) ed è amara. Dico sempre che scambiarsi la pace seriamente anche tra di noi sarebbe un gesto difficilissimo.
Fare gli educatori è così: amaro. Lo ha detto anche il papa rivolgendosi ai docenti delle università spagnole. E’ amaro stare di fronte alla povertà dei nostri ragazzi, non inventiamoci scuse.

E usai con essi misericordia, aggiunge Francesco. Cosa significa questo per un educatore? Non significa che fai la mamma! Non significa che esci con il sorriso. Significa per me che sei capace alla fine di fare affidamento a quello che c’è in comune tra te e i ragazzi che hai di fronte. Misiricordia è questo: io so posso fare affidamento sul comune desiderio della vita e della felicità, sul comune cerchio della vita. Lo dice Schekspeare in una bellissima espressione nel Mercante di Venezia: capire che anche l’altro è come me. Dice il mercante di venezia. “non ha mani un ebreo? non ha occhi un ebreo? sensi, affetti, passioni?”. Sentire questa comunanza è il senso della compassione.

Allora diventa vero che allontanandomi da essi – cioè solo dentro una distanza che si matura dalla realtà – essa lascia dentro di noi una traccia. Accade che quella distanza lascia una traccia che è la loro dolcezza, di animo e di corpo – come dice Francesco.
Davvero indelebile. (Non dice così anche il Magnificat che diciamo tutte le sere?)