IX domenica dopo Pentecoste

2Sam 12,1-13; Sal 31; 2Cor 4,5b-14; Mc 2,1-12

Vorrei fare due piccole osservazini su queste letture.

1) La pretesa di Gesù. Nel vangelo che abbiamo ascoltato non c’è soltanto un miracolo – magari folcloristico – ma c’è anche uno scandalo. Tutto va bene fino a quando Gesù, constatando la fede di quegli uomini che erano arrivati fino a scoperchiare il tetto, non dice “ti sono perdonati i peccati”. Che Gesù sia un taumaturgo e guardisca va bene, ma mettersi al posto di Dio che solo perdona i peccati, questo no. Allora questo è importante: cosa non accetta chi non accetta Gesù? La sua pretesa. La sua pretesa, non il miracolo! E, nonostante il miracolo, si può continuare a non cogliere la sua pretesa. Cos’è questa pretesa? E’ la pretesa che il dito di Dio si è fatto vicino agli uomini. Tu pensi di avere invitato un uomo a cena da te, ma io ti dico che è come se qui avessi Dio e tu fossi di fronte a tutto il tuo desiderio infinito. Diceva un grande teologo tedesco: Gesù non è un tipo modesto ma aveva una pretesa grossa.
E cos’è la pretesa? E’ cogliere ciò che c’è in gioco. Questo vale per noi: se io non colgo cosa c’è in gioco tra me e te, ciò che c’è in gioco tra il mio sguardo e il tuo (con tutta quella domanda di eterno che contiene), anche Gesù resterà solo un eroe del passato, forse un bravo taumaturg (ma oggi abbiamo la medicina e tanthé…) Ma anche Gesù quando constata al fede costata che qualcuno è vicino a cogliere ciò che c’è in gioco e al punto da costargli molto: fino a scoperchiare un tetto, fino a implorare più dei cagnolini le briciole (la donna siroefraemita), fino a sfidare il proprio catechismo che proibiva di toccarlo (la donna emorroissa).
Questo vale per noi e per la nostra fede. Solo per fare un esempio: sono a Messa solo per assolvere il precetto o perché colgo la pretesa di questo momento. Cosa mi costa questo? Se ho colto qualcosa di più grande sono disposto anche a sacrifici maggiori (a evitare di fare Pasqua via…) perché so cosa c’è in gioco….
E aggiungo: guardate che il sacrificio, nel senso del fare fatica o del rinunciare a soddisfare subito i nostri desideri, è una dinamica necessaria per cogliere ciò che c’è in gioco nella vita, quanto valgo io e quanto vale questa vita. Il dramma del fatto che subito abbiamo tutto è che non sappiamo più cosa valiamo noi e cosa vale questa vita perché non cogliamo in essa alcuna pretesa (ciò che c’è in gioco). Senza rinuncie del desiderio, senza l’attesa, non si scopre un valore. Un esempio: se io per lei o per lui (o per il mio amico) non rischio nulla o non rinuncio a nulla (anche fare un regalo è così: rinuncio ai miei soldi per te) allora non so cosa c’è tra me e te, non saprò se ti voglio bene davvero (e non lo saprà nemmeno lei).

2) Quando si coglie la pretesa di ciò che c’è in gioco? Direbbe la prima lettura, quando io sono capace di dire “quello sono io”. Quando io compio un’opera di identificazione (dopo la lettura di una parabola o di un racconto) e dico: “ma io sono così”, “ma quello sono io” (e non ci avevo pensato), allora è come se mi si aprisse di fronte qualcosa della vita. Accade così. Intendo dire: colgo cosa c’è in gioco nelle relazioni qui, con mia moglie, non dopo che uno me lo ha spiegato (guardo in gioco c’è un amore fedele, infinito…) ma quando io arrivo a dire (magari guardando un film) ma quella storia è anche la mia. Io sono così. Io sono. Perché ogni processo di identificaizone (io sono il marito…) se è vero e forte si fonda sul fatto che oltre una differenza tra me e il personaggio colgo qualcosa che ci unisce e questo qualcosa è profondo, è qualcosa che c’è in gioco davvero oltre le apparenze, è una pretesa. Ecco perché la Bibbia racconta parabole, racconta figure e storie, perché noi possiamo dire: “ma Davide sono io!”, “ma Pietro sono io!”…. e così facendo cogliamo ciò che c’è in gioco in noi, che era ciò che c’era  sempre in gioco, cogliamo una presa che sta dentro gli uomini e le loro storie, una pretesa che sta dentro di noi alla quale il Signore vuole farci arrivare per poter dire: lo so Signore che tu puoi togliere i peccati, anche se io sono vaso di creta, perché so chi sei e so che la tu pretesa verso di me e il tuo amore infinito.