IX domenica dopo Pentecoste

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Gesù ha davanti persone con una precisa aspettativa. Loro sanno cosa serve in questo momento della storia, sanno cosa attendersi dal domani, sanno chi è Dio e come li ha aiutati in passato, sanno il ruolo della religione… e tra le tante cose sanno che il nuovo Messia instaurerà una nuova monarchia davidica.

Gesù disillude tutte le loro aspettative. Con un battuta, non solo nega di essere lui quel Messia che loro si attendono, ma anche che non ci sarà nessun Messia come loro se lo attendono. La storia sarà diversa dalle attesa di Israele. Dio non è come se lo aspettano e il futuro men che meno. Se avessero saputo leggere le Scritture già potevano trovarne le tracce: il Messia non sarà un successero politico di Davide, ma qualcosa di diverso. Questo il senso della pagina di Vangelo di oggi.

Anche noi siamo tante volte disillusi da Gesù nelle nostre aspettative. La conversione contiene una buona parte di disillusione. Perché spesso pensiamo di conoscere già come dovrà essere il futuro, quello che dovrebbe fare Dio, quello che per noi è giusto, quello che deve accadere… e invece del futuro sappiamo ben poco! E dobbiamo accorgerci sempre di questo nostro “non sapere”. Gesù ci chiede di liberarci dai nostri pregiudizi e non sarà mai un Dio “tappabuchi”.

Lui aveva scelto un’altro titolo per parlare di sé: “figlio dell’uomo”. Titolo che richiamava la grande visione di Ezechiele. Titolo che dice tutta la diversità tra i regni della terra, le loro logiche, i loro poteri, le loro politiche e l’avvento di un Regno. C’è qualcosa che ci deve rendere umani e non dipende dalla politica o dalle fortune che abbiamo, ma dalla nostra personale conversione. La strada è diversa.

Anche la prima lettura parla di questo “diverso” di Dio rispetto ai nostri sogni e alle nostre capacità. Una frase, nel racconto della elezione di Davide, lo dice particolarmente bene: “l’uomo vede l’apparenza, ma Dio guarda al cuore”. Sembra una frase dolce e romantica. Sembra richiamarci quella bella frase del piccolo principe: “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Invece è per me una frase drammatica, forse tra le più drammatiche della Bibbia. Dice in sostanza che noi il “cuore” non potremo mai vederlo del tutto. Il cuore di chi amiamo, il cuore di chi abbiamo di fronte, il cuore dei nostri figli… c’è qualcosa che non capiremo mai dell’altro. Anche quando fosse il nostro amore che guardiamo negli occhi, pure in quello sguardo non sapremo mai con certezza cosa contiene il “cuore” dell’altro. E’ drammatico se ci pensate e implica una certa umiltà nella vita.

Forse anche per questo non possiamo che fidarci. Come Samuele si è fidato di chi gli ha indicato il Signore così dobbiamo fare anche noi. Talvolta fidarci di qualche intuizione o di qualche incontro che ci pare venga dal Signore e che ci sembra non essere un caso. Fidarci di qualche parola di Vangelo magari dura e difficile. Di più non possiamo fare, di più sarebbero delle pretese e delle aspettative che prima o poi andranno a finire.