IV domenica dopo l’Epifania – Festa della S. Famiglia

Is 45,14-17; Sal 83; Eb 2,11-17; Lc 2,41-52

Due osservazioni a partire dal Vangelo che abbiamo letto.

C’è una logica di questo racconto che – se ci fate caso – è davvero vicina alla logica della risurezione. Perché lo dico? Perché capiamo che la Risurrezione è un evento (l’Evento) che contiene però una dinamica che ritorna, che viene anticipata o che si verifica sempre.
Ecco le somigliaze non certo casuali:
a) L’episodio è a Gerusalemme, nella cornice della Pasqua ebraica.
b) Per tre giorni Gesù non viene trovato come per tre giorni rimarrà nel sepolcro.
c) I suoi genitori lo cercano, ma non lo trovano. Come le donne che vanno al sepolcro e lo trovano imporvvisamente vuoto.
d) Al sepolcro due uomini pongono una domanda proprio simile alla risposta di Gesù “perché cercate tra i morti colui che è vivo”.

Questa osservazione ci permette di capire che c’è un gesto di Gesù (la logica della sua Croce) che è più grande di un semplice fatto che capita, di un incidente di percorso. C’è una logica della croce.
In settimana raccontavo ai ragazzi della strage di cristiani del Messico…. E raccontavo della morte di Padre Costantino Pro che quando è lì per essere fucilato dalle guardie capisce che l’unica cosa che c’è da fare è aprire le braccia in forma di crice. Perchè? Perché c’è qualcosa di quel gesto e di quell’evento che contiene una logica che è comprensibile a tutti, che accade ancora oggi, che è stata anche anticipata nell’infazia di Gesù.

Quali parole assume in questo racconto questa logica? Il perdere e il ritrovare il proprio Figlio.
Il comportamento di Gesù disorienta i genitori. L’andare a morire di Gesù disorienterà i discepoli (!). C’è un’asia tanto più grande quanto più questo figlio era il figlio di una promessa. E quando viene ritrovato rifiuta di riconoscere in loro il padre e la madre. (C’è un altro padre…). La risposta non fa che aumentare l’incomprensione.
Allora ecco come siamo lontanti dalla nostra retorica della famiglia. Perchè se è vera questa logica per un cristiano, la famiglia deve passare un bel disorientamento, un ordine più grande a sé… deve mettersi “madre contro padre” e “figlio contro figlia”. Invece da noi non accade nulla.
Siamo abituati a dire: se i figli hanno una bella famiglia alle spalle le cose vanno bene… non è così. Questo non è il Vangelo cristiano. Non è così perché lo abbiamo sotto gli occhi: abbiamo genitori “santi” e figli che sono da un’altra parte. E abbiamo famiglie “bene”. Ma abbiamo anche ragazzini tra noi e famigli da un’altra parte (potrei fare nome e congome di chi ha lottato con i suoi per venire a messa). Questo nostro discorso basta giusto per dire: se la famiglia è buona qualche valore… ma il Vangelo cristiano non è questa roba dei valori dei bravi ragazzi. Per i buoni valori, della buona educazione, non c’è bisogno di Gesù.
C’è qualcosa di più grande della carne, c’è qualcosa di più grande della famiglia naturale. C’è una comunità dove – come in Giovanni ai piedi della croce – si può tornare a essere famiglia. “Tornare”, significa che non è spontaneo, che spontaneamente faremmo “due cuori e una capanna”. “Tornare” significa che si deve perdere qualcosa (si deve perdere questa esclusività Genitore-Figlio per esmpio). Perdere qualcosa, perdere un figlio, è qualcosa di difficilissimo che va contro il DNA delle mamme. Che quando accade non se non è contro qualcuno (Gesù non scappa perché è contro Maria) ma per qualcuno (Gesù scappa per il Padre), anche se accade così e nelle migliori intenzioni, genera semper molto risentimento (fidatevi). Ma per ritrovare il nostro essere madri e padri cristiani, come paternità non solo della carne ma della fede.