IV domenica dopo l’Epifania

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C’è un aspetto particolare che vorrei mettere in luce del Vangelo. Il testo narra un episodio vissuto da Gesù notoriamente prima della della sua morte e risurrezione. Tuttavia, è come se fosse raccontato alla luce di quello che è accaduto dopo la sua morte. In esso ci sono molti rimandi agli episodio che hanno segnato la nascita della fede, ovvero, agli incontri con il Risorto. Nella filigrana del testo rileggiamo la stessa dinamica della professione di fede pasquale.

Qualche esempio. In tutti i racconti dell’incontro con il Risorto, Gesù sembra far finta di voler andare oltre. Nel racconto di Emmaus, dopo il lungo cammino assieme ai discepoli, Gesù “fece come per andare oltre”… Nel giardino del sepolcro, Gesù sembra voltato quando Maria lo interroga… Quando Gesù compare a porte chiuse, Tommaso non è presente… Insomma, accade sempre qualcosa “voluto da Gesù” che potrebbe anche non far accadere quell’incontro. Così, questo racconto contiene lo stesso piccolo particolare: “camminando sul mare, e voleva oltrepassarli”. Verrebbe da chiedersi: cosa era lì a fare? “Voleva oltrepassarli”, come in Emmaus, “voleva andare oltre“. Ma poi i discepoli fanno qualcosa, qui sono spaventati e credono ci sia un fantasma, in Emmaus sono dispiaciuti e lo invitano a rimanere… Insomma, Gesù soltanto suscita una iniziativa, provoca qualcosa.

Un secondo esempio riguarda la frase “sono io, non temete” che è la tipica frase del Risorto. La fede è questo “sapere che è proprio Lui”. Il termine Cristo non è un significato dell’agire di Gesù, ma quell’incontro che lo riconosce presente: “proprio Lui!”, proprio quella singolare personalità incontrata sul lago anni prima… Allora, questo brano, non mi sembra tanto interessato a raccontare un episodio miracoloso della vita di Gesù, ma a raccontare la dinamica della fede.

Cos’è la nostra fede? Talvolta ho l’impressione che l’abbiamo ridotta a credere che Dio esiste. Invece, la fede dei cristiani professa che “Gesù è il Cristo”, ovvero che esiste una presenza incontrabile (il Cristo) che è proprio la persona singolare dello stesso Gesù storico. Come avviene questo?

Sia nei racconti del Risorto, sia in questo brando di Vangelo, la fede (il riconoscimento) proviene dal superamento di una crisi, avviene dopo una notte di fatica. La crisi dei discepoli che avevano creduto, amato e seguito un uomo che si sono visti portare via miseramente. La crisi di chi torna alle proprie cose senza un senso, senza un perché, deluso dalla vicenda di quei tre anni…

Così, in questo racconto, la tempesta e le onde di un mare che affaticano i rematori. Il vento è contrario e Gesù è sulla riva che vede i suoi remare faticosamente. Eppure non interviene! Dovrebbe farci una certa impressione che non intervenga subito. Aspetta sulla riva vedendoli in alto mare affaticati. Il racconto dice: “sul finire della notte…” ovvero, dobbiamo immaginarci che abbiano remato tutta una notte affaticati e che dunque siano ormai alla fine. E Gesù giunge alla fine della notte! Ma è certamente anche la notte simbolica della crisi che loro attraversavano.

La vita sembra inesorabilmente legata a una lunga notte tempestosa, almeno per le persone dotate di qualche sensibilità. Questa settimana ho cercato una sistemazione per un senzatetto. Riflettevo sul fatto che noi non dobbiamo preoccuparci di ripararci dal freddo, di procurarci del cibo… eppure, non siamo al riparo dalle tempeste e non siamo “più ricchi” o “meno affannati” di chi pensa solamente al suo riparo fisico! Al contrario, pure per noi ci sono crisi e preoccupazioni che ci appaiono tutt’altro che importanti. La vita è sempre inquietudine, per il senzatetto come per noi. Forse per questo ognuno di noi può aspettarsi di essere superato dal Signore, sul finire della sua notte…

La fede non nasce da una interpretazione, da una mistificazione della tempesta. Nel racconto succede qualcosa, qualcosa accade; ma, fintanto che non sai “cosa” succede, allora la chiamerai “fortuna” o “sfortuna” e come ogni evento casuale ti metterà paura, perché non sarà per te il segno fondante di nulla (il fantasma). Per questo il Vangelo dice: “non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito”. Se il segno che ci viene incontro non lo sappiamo leggere, ma è soltanto un fatto casuale, o un’occasione legata a quel momento, è come un fantasma misterioso che ora c’è ed ora sparisce.

Se invece possiamo dire –perché sappiamo con certezza in cuor nostro– che “è Lui”, che “è il Signore”… bene, quel segno resterà dentro di noi come null’altro.