IV Domenica di Quaresima

Es 17,1-11; Sal 35; 1Ts 5,1-11; Gv 9,1-38b

Il Vangelo di oggi ci fa meditare sulla nostra capacità o incapacità di vedere, meglio di voler vedere o no una verità della nostra vita.
I farisei descritti in questa pagina non sono più cattivi di noi. Potremmo immedesimarci tranquillamente nei loro discorsi che hanno tutti questa logica: “tanto lo so già”, “tanto ho già deciso”. Loro hanno già deciso che Gesù non li interessa, qualsiasi cosa sia accaduta per davvero. Noi possiamo immedesimarci in loro. La realtà smette di essere importante perché so già cosa vedere. La realtà sono le facce dei nostri amici e dei nostri famigliari insieme a tutto quello che succede loro. “Ho già deciso” significa che non mi aspetto grandi cambiamenti, grandi decisioni: so già come va a finire, so già come si comportano. So già che risposta dare a uno che mi chiede consolazione, so già perché mio figlio è fatto così, so già cosa direbbe il prete… “so già, so già”!
Il vangelo direbbe: si può vivere una vita con questa logica, quella di chi dice sempre “ho già deciso”. Ho già deciso su Dio. Ho già deciso sul mio compromettermi con gli altri. Aspetto che siano gli altri a convincermi, ma in realtà ho già deciso di non lasciarmi convincere mai.

Io mi sono trovato spesso di fronte a quest’atteggiamento in questi tre anni. In casi come questi, o uno trova uno spiraglio negli altri, per cui la realtà apre in lui una breccia e uno impara a vedere, oppure potrebbe succedere qualsiasi cosa (tu genitore potresti fare qualsiasi cosa per tuo figlio) ma nulla riuscirebbe a smuoverlo di una virgola. Fino a quando uno non impara a guardare la realtà prima del suo “ho già deciso” non c’è nulla da fare.

Vorrei fare un secondo esempio. Per molti la vita è ferma a un livello bassissimo di desideri e di aspettative. Quando si è ragazzi, si sogna un futuro, si sogna di diventare qualcuno; poi subentra un atteggiamento cinico verso la vita che ci fa dire che “è necessario accontentarsi”. A quattordici anni ti accontenti di ammazzare la noia con i videogiochi e a diciotto hai imparato a sopportare la scuola aspettando il sabato sera o la partita di calcetto. Ecco tutto quello che ti sei abituato a vedere: sopportare lo studio o il lavoro aspettando lo sfogo delle vacanze o l'”uscita” del sabato. Questo è tutto quello che sai vedere della tua vita. Questo sembra tutto l’orizzonte del tuo mondo e uno ha “già deciso” che il resto non è interessante, non è per lui, che venire al vespero non è per lui, che andare al quaresimale non è per lui…
La vita sembra davvero ridotta a quattro o cinque cose. La povertà di tanti ragazzi a volte mi lascia sgomento.
Anche la povertà di pensiero che si è fermata a quattro o cinque slogan sugli altri: sulla chiesa (che è ricca), sui preti (li conosciamo), su Dio (tanto è un mistero), sugli immigrati…
La realtà non esiste più perché ho smesso di guardarla in faccia. Di guardarla nella faccia del mio prete (quello vero), della mia chiesa (quella del mio quartiere), del mio Dio (quello che desidero davvero)…

Per essere cristiani è necessario, prima e sempre, guardare la realtà e lasciarsi stupire da questa. Anche nei suoi drammi. Io dico sempre che un adulto non è un ragazzo cresciuto negli anni, ma un regazzo che ha imparato a cambiare un patello a un ammalato o ad accarezzare un vecchio senza sentirsi in imbarazzo, senza averne vergogna. Perché sa guardare la realtà prima del suo pregiudizio. (Ricordo che educare è insegnare delle cose ma “introdurre alla realtà totale”, ovvero anche quel pezzo di realtà che sta oltre il mio pregiudizio).

Quando vedo che i ragazzi come gli adulti si assestano sul modellino delle loro quattro idee e delle loro quattro cose (dove già andare al cinema o a teatro è troppo…) io spero (e prego) che nella loro vita accada qualcosa, accada qualche incontro, qualche terremoto, qualche miracolo che possa far loro imparare a vedere di nuovo la realtà della vita che ogni giorno incontrano nelle mille facce e nelle mille parole che accompagnano il nostro esistere.

Io cerco di insegnare ai ragazzi a recitare tutte le mattine la preghiera dell’Angelus che dice: “sia fatto di me secondo la tua Parola”. Se uno ci pensa è una frase difficilissima: incominciare la giornata sapendo che in ogni nostro incontro, di cui pensiamo già di sapere tutto, c’è invece qualcosa della realtà che ci attende e che chiede di essere letto come si legge una Parola — potremo farlo solo se impariamo a volerlo e a desiderarlo.