III domenica dopo l’Epifania

Letture

LETTURA Nm 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a Dal libro dei Numeri In quei giorni. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: «Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna». La manna era come il seme di coriandolo e aveva l’aspetto della resina odorosa. Il Signore disse a Mosè: «Dirai al popolo: “Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall’Egitto?”». Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull’accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall’altro, intorno all’accampamento, e a un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie. SALMO Sal 104 (105) Il Signore ricorda sempre la sua parola santa. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell’alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isacco. R Fece uscire il suo popolo con argento e oro; nelle tribù nessuno vacillava. Quando uscirono, gioì l’Egitto, che era stato colpito dal loro terrore. Distese una nube per proteggerli e un fuoco per illuminarli di notte. R Alla loro richiesta fece venire le quaglie e li saziò con il pane del cielo. Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque: scorrevano come fiumi nel deserto. Così si è ricordato della sua parola santa, data ad Abramo suo servo. R EPISTOLA 1Cor 10, 1-11b Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all’impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento. VANGELO Mt 14, 13b-21 ✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Faccio due considerazioni sulle letture di oggi. La prima è che il Vangelo come la prima lettura parte da una situazione di delusione e sconforto. Gli israeliti sono rimasti senza cibo nel deserto e rimpiangono le cipolle d’Egitto. Ma anche Gesù vive un momento di delusione: era appena stato a Nazareth dove i suoi abitanti l’avevano male accolto e non credevano in lui. Anche Erode si fa una opinione di Gesù che è simile a quella di Giovanni e il testo racconta anche la sua decapitazione. Dopo questi eventi, tutti avversi a Gesù, il vangelo di oggi inizia dicendo: “sentite queste cose Gesù si ritirò in una regione deserta”. Capiamo che l’idea di allontanarsi dagli altri per stare da solo, dopo una delusione, è qualcosa che succede a noi e succedeva anche a lui. Anche al Getsemani Gesù si allontana dai dodici per stare da solo. Eppure questo ritirarsi di Gesù non è una chiusura, non è una cieca lamentala come gli israeliti nel deserto. Al contrario, Gesù si lascia commuovere dalla folla e questa commozione lo porta a superare quel momento di sconforto e di ricerca della solitudine. È come se qualcosa di più importante e non rimandabile fosse davanti agli occhi nonostante Erode e nonostante gli abitanti di Nazareth. Della folla che lo segue Gesù ha compassione.

La compassione è una parola chiave nel Vangelo. Non si intende solo un sentimento di pietà per qualcuno che sta peggio di noi. Significa invece la nostra capacità di sentire, al di là delle parole e dei dialoghi, quello che provano e vivono gli altri. Sentirlo anche solo con uno sguardo, con una vicinanza fisica. Compassione è la parola chiave di quella parabola di Gesù che racconta di un uomo derubato e picchiato da dei briganti e lasciato mezzo morto per strada. Passa un levita e un sacerdote ma vanno oltre, passa uno straniero e “ne ebbe compassione”, dice il testo. Sentire l’altro è il modo con il quale tutto comincia nel Vangelo.

In settimana, con la scuola, abbiamo sentito la testimonianza di alcuni ragazzi che escono dalla tossicodipendenza e sono a San Patrignano. Ci stupiva come questi ragazzi non sentissero il male che stavano facendo a loro stessi fino a quando non hanno incrociato lo sguardo di qualcuno che ha dimostrato loro una certa empatia ed è solo attraverso questo sguardo, magari il pianto di un amico o di un genitore, solo percependo questa loro empatia di riflesso che si sono accorti di cosa stavano combinando. Come dire: abbiamo bisogno dell’empatia degli altri anche per capire noi stessi. Forse per questo, questa parola è così importante nel Vangelo.

Il secondo commento è invece sul gesto della moltiplicazione. Credo ci sia un contrasto importante in questa scena: da una parte il cibo che la folla dovrebbe comperare andando nei villaggi, dall’altra il cibo che gli viene dato gratuitamente, come dono, da Gesù attraverso i discepoli. È un contrasto essenziale: come se Gesù dicesse: proviamo a far vivere a questa gente un’esperienza diversa, dove c’è qualcosa per te gratuitamente, dove non devi comperare nulla. Come se dicesse: questa sete e fame che li ha spinti a seguirmi non può essere soddisfatta se non dentro una diversa esperienza di gratuità.

La chiesa dovrebbe custodire questa diversità come la cosa più importante. Anche se si trova costretta a vivere questa esperienza limitata, come un segno, come in questo brano. Forse ancora oggi conserva qualcosa del genere. Tutto sommato, nelle nostre città, a ben pensarci, non esiste un altro posto deve puoi entrare e stare qualche ora e non deve “comperare nulla”, non devi “pagare un biglietto di ingresso”, ma basta spingere una porta. Ricordo che quando si visitavano le città con i ragazzi si andava sempre nelle chiese e anche i meno credenti concordavano che almeno lì si poteva entrare senza pagare (i ragazzi sono sempre un po’ squattrinati). Se questa cosa è vera per gli edifici dovrebbe esserlo ancora di più per quella forma di relazione che instaura la comunità, per le amicizie e per il sostegno che abbiamo. E penso che dovremmo sentire come in questo brano il contrasto con il mondo.

Questo episodio deve aver colpito i discepoli. Questa gratuità improvvisa nata da qualcosa che pensavano non bastasse neanche per loro. È il Signore a fare il miracolo. Così evidente che quel pane dato gratuitamente, per quanto piccolo, qualcuno deve averlo identificato poi con quello dello spezzare del pane dell’ultima cena, ripetuto fino ad oggi nella Chiesa. Questo pane eucaristico che è Gesù resterà sempre il segno più efficace dell’esperienza diversa e gratuita che la Chiesa vorrebbe farci vivere.