III domenica di Quaresima

Letture

LETTURA Es 32, 7-13b
Lettura del libro dell’Esodo

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo”».

SALMO Sal 105 (106)

Salvaci, Signore, nostro Dio.

Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R

Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti.
Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. R

Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione,
per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R

EPISTOLA 1Ts 2, 20 – 3, 8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

Fratelli, siete voi la nostra gloria e la nostra gioia! Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla. Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.

VANGELO Gv 8, 31-59
 Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Due particolari mi colpisco di questo Vangelo. Il primo riguarda il fatto che il Vangelo comincia con delle riflessioni molti elevate, quasi teologiche, sulla verità e sulla libertà e termina in modo invece molto “basso” con il tentativo di lapidare Gesù. Come può accadere che delle questioni così alte possano generare tanta violenza? Forse perché ciò che noi oggi vediamo come una semplice riflessione speculativa (essere liberi o essere schiavi, la verità) era invece vissuta e discussa in modo anche emotivo. Questo credo che accada anche nei nostri litigi e fa emergere come non esista una verità solo speculativa ma un modo di vedere la vita che si colora sempre di emozioni. Un genitore non la vede come un figlio o una madre non la vede come il padre su una stessa questione. Si può arrivare a un litigio o a sentirsi soli e non compresi, come accade in questo vangelo, ma è importante capire sempre cosa c’è in gioco. Non è mai solo il fatto di teoria o di “dati” differenti, ma è la questione di un affetto, di una stima, in altre parole, di un sentire. In altre parole, è questione di chi ti fidi, chi stai seguendo.
Prendiamo la questione delle chiusure della scuola. La “verità” qui non è solo un fatto di “dati”, una questione oggettiva, ma soprattutto di chi ti fidi, a chi dai credito e fiducia sia la cosa giusta. Così è anche per le cose molte più importanti. Lo scontro, quando è serio, è allora di fondo un modo diverso di fidarsi o di sentire il mondo e per questo può fare così male.

La seconda osservazione riguarda un’espressione particolare che usa Gesù: “se rimanete nella mia parola”. Nessuno di noi si esprimerebbe così, al massimo diremmo: “se mi ascoltate”. Invece qui c’è qualcosa di più e di diverso che merita di essere approfondito.
Se si legge il Vangelo si capisce subito che Gesù non solo agisce dinanzi agli uomini, ma va con essi e li invita ad andare con lui. Gesù “sta con”. Gesù chiama a sé i dodici, “ne costituì dodici perché stessero con lui”, dice il testo. Ma l’essere con è proprio un modo della vita di Gesù. Anche quando è solo, Gesù dice spesso che è “con il Padre”. È questa una esperienza che possiamo fare anche noi: l’esperienza che Dio non ci abbandoni, che la Chiesa o degli amici non ci abbandonino ecc.
Tuttavia, e questo è il punto che voglio sottolineare, Gesù non si è limitato a questo “stare con”. C’è qualcosa d’altro al quale Gesù tende e nel quale mette molta della sua speranza, ed è qualcosa di molto difficile da capire, un livello di più grande intimità. Gesù tende verso un “essere in”. Desidera ardentemente essere nel pane e nel vino, essere nei discepoli ogni giorno dopo la sua morte, essere tutti “una sola cosa” in unità in Dio. Così in questo testo non dice di stare davanti alla sua parola, ma di viverla interiormente, di farla penetrare nell’interiorità di noi: “rimanete nella mia parola”.
Forse per questo motivo Gesù dice: “quando preghi chiudi la porta dalle tua camera e prega Dio nel segreto”. Il segreto è certamente il cuore della propria intimità.
Questa presenza “in” è qualcosa di straordinario: Cristo è nel mio fratello, Cristo è in me. Se accettiamo questo dobbiamo riconsiderare molto su chi siamo e “dove siamo”, ma soprattutto dobbiamo accettare una vicinanza con Dio molto maggiore di quella che a volte pensiamo, credendo in una presenza solo esterna alla nostra vita.
Forse anche questa pretesa, come la pretesa “di non vedere la morte” che è strettamente legata a questa, sono anch’esse pretese che richiedono prima il nostro affetto e fiducia che una adesione intellettuale.