III Domenica di Avvento

Letture

LETTURA Is 45, 1-8
Lettura del profeta Isaia

Dice il Signore del suo eletto, di Ciro: «Io l’ho preso per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui i battenti delle porte e nessun portone rimarrà chiuso. Io marcerò davanti a te; spianerò le asperità del terreno, spezzerò le porte di bronzo, romperò le spranghe di ferro. Ti consegnerò tesori nascosti e ricchezze ben celate, perché tu sappia che io sono il Signore, Dio d’Israele, che ti chiamo per nome. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri. Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo. Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore, ho creato tutto questo».

SALMO Sal 125 (126)

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. R

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R

EPISTOLA Rm 9, 1-5
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.

VANGELO Lc 7, 18-28
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo. Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».

Il Vangelo di oggi contiene due domande importanti e ne conterrebbe anche una terza se fossimo andati avanti a leggere il testo. La prima domanda è posta da Giovanni a Gesù: “sei tu il Messia o dobbiamo attendere ancora?” Detto in altri termini: “Chi sei Gesù?”
La seconda domanda la pone invece Gesù alla folla: “Cosa siete andati a vedere nel deserto?” Ovvero: “Chi è il Battista per voi?”. L’ultima domanda che sarebbe comparsa poco oltre nel testo dice invece: “a cosa paragonerò questa generazione?” Ovvero: “chi siamo noi?”.

“Chi è davvero Gesù per me? Chi sono io?” Sono forse le due domande decisive della vita. Non mi stancherò mai di dire quanto è importante chiedersi: “chi è Gesù per me?” Perché tutto cambia a seconda di ciò che crediamo, ovvero della fiducia che abbiamo nella su figura.
Certo, si vive anche senza rispondere a questa domanda, ma chi non vi risponde è semplicemente perché implicitamente ha già risposto: “sei stati un uomo saggio – forse – ma nulla di più”. Allora la vita va avanti con la sua routine e le sue incertezze. Alla pretesa di Gesù di rivelare la verità di Dio e della nostra vita diciamo, magari implicitamente: è una pretesa falsa, nessun uomo può mostrarmi chi è Dio, può dirmi la mia verità. La verità rimane un enigma (“dobbiamo attendere ancora” direbbe Giovanni) e si finisce a credere solo nelle proprie piccole certezze costruite nel tempo.

Ma dobbiamo avere il coraggio di rinnegarLo oppure, viceversa, di prendere sul serio questa sua pretesa. Non ci sono altre possibilità. O ci siamo sbagliati, o il Vangelo è falso, oppure la pretesa di Gesù di dire tutta la verità su Dio è una pretesa che non può lasciare identica la vita. Per questo nel centro di questo Vangelo c’è la frase, quasi misteriosa: “beato colui che non troverà in me inciampo!” Ovvero, beato chi decide di non rinnegarmi, chi accoglie questa mia pretesa. Perché o la si accoglie o la sia rifiuta.

Perché Giovanni è in crisi? Perché anche lui, a un certo punto della sua vita, si ritrova a dover fare di nuovo questa domanda? Infatti, Giovanni aveva già riconosciuto il Cristo. Allora perché ha un ripensamento?

Anzitutto, credo che sia fondamentale e forse umanissimo avere qualche ripensamento. Altrimenti c’è solo l’ideologia, dove non ti confronti mai con la possibilità di aver sbagliato. Noi invece dobbiamo ogni tanto confrontarci con la possibilità che ci siamo sbagliati e che altri abbiano ragione al posto nostro. Sarebbe come, in una relazione affettiva, non avere mai il coraggio di mettersi in crisi. Potrebbe essere anche il segno che ci siamo innamorati solo di una nostra idealizzazione. Quando conosciamo un’altra persona, infatti, sempre essa ci mette in crisi, sempre non è mai del tutto “come verremmo” ecc.
Si dice che oggi siamo nell’era delle mille crisi, dei mille dubbi. Se è così, se le nostre crisi sono vere (e non invece quell’essere sempre in crisi che è come non esserlo mai per davvero) forse in questa pagina ci possiamo rispecchiarci meglio.

La crisi ci permette di stare davanti con insistenza alla domanda: “chi è Gesù?” Ovviamente, questa domanda esiste solo se Lui è significato in precedenza qualcosa, perché non c’è crisi se abbiamo vissuto la religione come un fatto solo di tradizione o culturale, senza mai aver perso nulla per Lui. Se Gesù, di fatto, era insignificante per noi nella vita, le nostre crisi saranno solo su cose molto più minori, cose che non avranno mai la pretesa di svelarci il mistero e il significato della vita. Se non siamo mai andati in crisi sulla domanda “Chi è Gesù?” può essere semplicemente che sia anche che la nostra vita non c’entra nulla con lui. Quindi, è come se a quella domanda avessimo già risposto: “non ti credo Gesù”.

Perché il Battista è in crisi? Credo che l’unica spiegazione che si possa dare, stando al testo, è per le circostanze lo hanno posto lontano da Gesù e in carcere. Liberare i carcerati era tra l’altro uno dei segni della venuta del Messia e questo non avviene. Giovanni non vede più Gesù e non vede il suo agire. In altre parole, non lo sente presente, non lo vede cambiare il mondo e la storia come si aspettava. Il mondo gli pare rimanere sempre lo stesso e lui ancora in carcere e i potenti ancora a soggiogare i più deboli…

Anche per noi oggi potrebbe essere così: il mondo continua a essere storto dopo duemila anni e le cattiverie e malvagità dell’uomo non ci sembrano cambiate così tanto.
Ci sono momenti dove non si vede più l’agire di Gesù e allora ritorna dentro di noi la domanda: “ma allora chi sei?”, “forse sei stato soltanto un uomo?”.
Gesù non fa un mondo migliore o un mondo diverso. Gesù solamente “si prende cura”. Lui si prende cura e basta. Tutto qui, perché è tutto qui quello che dobbiamo essere capaci di vedere. Perché è solo questo che conta. Non conta aggiustare il mondo o farlo più perfetto, come tutte le ideologie hanno cercato di fare.

Ma Giovanni è in carcere e di bene non ne vede neanche un po’. Di ciechi o storpi guariti lui non ne vede. Si dovrà fidare della parola che i suoi discepoli gli diranno. Mi chiedo: cosa poi avrà pensato? Come avrà risposto a quella angosciosa domanda? È singolare – anche se nessuno lo nota – che il Vangelo non lo dica. Non sapremo mai cosa alla fine della vita avrà davvero pensato Giovanni di Gesù. Sarà rimasto deluso o si sarà fidato? In ogni caso, comunque sia andata, nella sua onestà di cuore e di ricerca, nel suo cercare e desiderare la verità, Giovanni rimane “il più grande tra i nati di donna”.