II domenica di Avvento

Link alle letture.

“Inizio della buona notizia di Gesù, Cristo, Figlio di Dio”.
La buona notizia (il Vangelo) ha un’origine o un inizio; c’è una “buona notizia” che inizia in un certo momento della storia. Non è scontato o banale questo. Anzitutto, dopo duemila anni di cristianesimo, nella nostra cultura post-cristiana, c’è ancora una notizia da dare? E’ possibile ancora dare una notizia, dire una cosa bella? Mi raccontava un marito sposato con una moglie non credente, che una sera, uscendo per andare a un incontro in parrocchia, la figlia chiede: “dove va papà?” e la moglie risponde “va a sentire una cosa che si ripetono da duemila anni”. Dovremmo chiederci: dopo quarant’anni che sono cristiano (o venti o sessanta), cosa è rimasto della bella notizia del Vangelo? C’è e mi gonfia ancora il cuore ogni volta a pensarci? Oppure è scolorita? Ma sopratutto: quale inizio ha avuto? Qual’è stata la suo origine e quando ho capito che c’era una bella notizia per me?

Oltre a questa domanda, mi sembra che il vangelo di oggi contenga anche questo secondo messaggio: l’inizio dell’incontro con il Signore è stato preparato. La notizia, se è tale, anche ti sorprende, ma pure necessita di una strada da raddrizzare. Nei bagni dell’università parigina della Sorbona, diversi anni fa, c’era una scritta: “Dio è la risposta”. E sotto, un’altro aveva scritto: “E quel’è la domanda?”. Ecco, può accadere che sia impossibile parlare del Vangelo, della Buona Notizia. Non che la si rifiuti, che ci si opponga, ma semplicemente non la si ascolta, appare inutile o non necessaria… perché banalmente siamo presi in altro, magari sempre in paranoia per qualcosa! La buona notizia che è Gesù deve essere preparata, attesa, aspettata: bisogna fare silenzio per potere ascoltare, altrimenti sentiamo sempre solo la nostra stessa voce. Come le donne sagge con le lampade accese, come il servo pronto che attente l’arrivo del padrone, dirà più avanti Gesù. Perché anche Gesù si è accorto che a molti della buona notizia non interessava nulla, forse non erano pronti, il terreno del loro cuore era magari pieno di sassi o di rovi…

Ma non si prepara da soli questo incontro. E’ Giovanni che aiuta l’incontro e raddrizza i sentieri. Bisogna essere aiutati da un maestro e per questo esistono dei maestri (o i profeti) e sono importanti. I tanti maestri che abbiamo incontrato nella vita (e che noi non abbiamo deciso di incontrare!) non sono stati loro “il Signore” (guai a divinizzarli!) eppure hanno raddrizzato i cammini interiori. Come? Giovanni –dice il testo– vestiva con abiti impuri (a differenza delle comunità esseniche) e mangiava cibi impuri… dunque non è qualcuno che ci aiuta nell’incontro insistendo, per esempio, su una perfezione, “sull’essere a posto” o su un senso di colpa… come dire, non ci si prepara all’incontro dalla “paura”, dalla scaramanzia, da chi ci insegna ad andare a Messa solo per sentirsi a posto o perché porta buono. Non insegna questo Giovanni.

Giovanni sta fuori dalle città, nel deserto, dove si vive una mancanza. Lo incontri solo se ci vuoi andare, se decidi di entrare nel deserto, ovvero dove non ci sono riempitivi, dovi non ci sono distrazioni, non ci sono cellulari, mail, lavori… dove impari a stare anche da solo, con la tua fragilità di uomo. Eppure, luogo prezioso, e chi non ci è mai andato, chi rimane attaccato alle distrazioni del vivere, non sa cosa si è perso, forse non saprà mai chi è davvero. Quello che in questo deserto ti insegna il maestro Giovanni è un cambiamento, una conversione: il segno di una immersione, il segno semplice, umano, simbolico, carico di significati ed emozioni, segno di morte e rinascita. Rinascere a cosa? Morire a cosa? E’ come un chance, come un’aggiunta di tempo, un di più che ti è dato per tornare a vivere nella giustizia, per tornare a domandare un desiderio autentico, per rientrare di nuovo nella terra promessa.

Una bellissima lirica del poeta americano T.S. Eliot lo richiama più di mille parole:

Potete reggere forse la Città se il SIGNORE non resta con voi?
Mille vigili che dirigono il traffico
non sanno dirvi né perché venite né dove andate.
Una colonia intera di cavie o un’orda d’attive marmotte
edificano meglio di coloro che edificano senza il SIGNORE.

Là dove non c’è tempio non vi saranno dimore,
sebbene abbiate rifugi e istituzioni,
alloggi precari dove si paga l’affitto,
scantinati che cedono dove il topo si nutre
o latrine con porte numerate
o una casa un po’ meglio di quella del vicino;
Quando la Straniera dice: “Qual è il significato di questa città?
Vi accalcate vicini perché vi amate l’un l’altro?”.
Cosa risponderete: “Ci accalchiamo
per trarre denaro l’uno dall’altro”? oppure “Questa è una comunità”?
E la Straniera partirà e tornerà nel deserto.
O anima mia, che tu sia pronta per la venuta della Straniera,
che tu sia pronta per colei che sa come fare domande.