I domenica dopo la dedicazione

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Vorrei guardare all’episodio della conversione dell’etiope dal punto dal suo punto di vista. Si tratta di un funzionario del regno di Candace, l’antico regno di Meroe, a sud dell’Egitto, un uomo di pelle nera proveniente dai confini del mondo civilizzato. Pensiamo fosse realmente eunuco oltre che amministratore. Come mai amministratore ed eunuco? Forse perché la fedeltà era la prima dote richiesta a chi deve amministrare ricchezze non sue e gli eunuchi, custodi dell’harem, erano uomini castrati apposta per la loro fedeltà. Il suo stato fisico era quindi molto significativo per la storia. Era andato in pellegrinaggio a Gerusalemme ed era probabilmente un proselito, non da madre ebrea, credente nel Dio di Israele
senza poter essere giudeo a pieno titolo. Deve aver visitato il tempio Tempio, noto in tutto l’oriente, ma senza poterci entrare proprio per il suo stato fisico.

Ritornava dunque a casa, dopo questo pellegrinaggio, lungo la strada a sud di Gerusalemme che conduce a Gaza, l’ultimo luogo di abbeveraggio prima del deserto sulla rotta per l’Egitto. Una strada già desertica, come afferma il racconto. Su questa strada l’etiope legge Isaia e non a caso lo interessa proprio questo profeta: degli eunuchi Isaia parla con grande speranza: “non dica l’eunuco sono un albero secco…”. E avrà proseguito a leggere (il viaggio era lungo) fino a pagine a lui misteriose, come quella del carme del servo sofferente.

Ora, su questa strada deserta, dove non ti aspetti di incontrare nessuno, tanto meno a piedi, incontra un uomo che si avvicina e gli domanda: “stai capendo?”. Proprio mentre lui non capiva, qualcuno da una strada deserta salta fuori e chiede: “stai capendo?”. Si direbbe: la persona giusta al momento giusto. Come quando una frase o una domanda ci colpisce proprio perché “sembrava messa lì per noi”. E di cosa gli avrà parlato Filippo? Gli avrà parlato di Gesù, di un uomo espulso dai capi e ucciso che però ha dato la vita per tutti. Già, lui escluso dal tempio in quanto eunuco, conosce chi non ha escluso neanche le prostitute nella sua cerchia… Chissà se non era ciò che nel profondo andava cercando? In ogni caso, camnin facendo, Filippo gli parla anche di un battesimo: del modo che hanno i cristiani per incontrare quel Dio e cambiare la propria vita. Un gesto fatto apposta per te, segno di un Dio che ti viene incontro. E proprio mentre gli parla di questo arrivano a una fonte, a un oasi dove c’è dell’acqua. Immagino che l’etiope si sarà detto: “non è quest’acqua qui ora apposta per me, perché chieda il battesimo?”.

Ho ripercorso questo racconto perché mi pare che sia fondamentale nella vita leggere dei segni. Lo dice anche il Vangelo: “mentre i discepoli andavano per il mondo, il Signore era con loro e confermava la Parola con i segni”. Senza poter leggere dei segni tutto è casuale, tutto è muto e senza senso. Anche le emozioni o i dolori spesso non si leggono più come segni, ma semplici fastidi da eliminare. Magari invece erano segni di un affetto o di una fatica o segni di una cura…

Faccio un piccolo esempio. Tutti sappiamo che questa settimana è morto don Franco, della Bareggia. Sono state giornate di primavera totalmente inusuali, sono stati giorni con albe e tramonti rossissimi. L’altra sera, andando alla veglia funebre, avevo difronte una luna incredibilmente bella. Pensavo: mi hanno insegnato a credere sia tutto frutto del caso, sia solo l’anticiclone, siano solo le correnti di aria calda e fredda ecc. ecc. Ma vengo preso da un dubbio: se non fosse solo questo. Se oltre a tutto questo ci fosse anche “un segno per me”. Un segno che voglia parlami, dirmi qualcosa, farmi riflettere sul mistero dell’alba e del tramonto della vita…

Nessuno avrà mai una riposta sicura, ma senza segni siamo perduti. Ho impressione che saremo sempre solo come l’eunuco di Candace che legge il libro della propria vita senza capire nulla.