I Domenica dopo il Martirio del Precursore

Is 29,13-21; Sal 84; Eb 12,18-25; Gv 3,25-38

Il Vangelo di oggi ci mette di fronte la scena di un dibattito tra Giovanni Battista e i suoi discepoli. E’ importante avere in mente la scena: Gesù e i suoi discepoli sono legati a Giovanni, tanto che Gesù non ha ancora iniziato il suo ministero, lo inizierà con l’arresto del Battista. Ma un gruppo si stacca (come mai si stacca?), su indicazione dello stesso Giovanni (“ecco l’Agnello di Dio” aveva detto)… e invece un altro gruppo non si separa ma continua a seguire il Battista prendendolo per il Messia, intendendo in modo diverso il Battesimo (questo è il tema del dibattito), contro le stesse parole del fondatore di questo movimento.

Io penso che questo dibattito sia interessante anche oggi. Ci sono persone, come questi discepoli di Giovanni, che scambiano il loro maestro per Dio e la loro idea per la verità. Scambiano il loro ideale per un idolo e il loro sogno per una ideologia.
Attenzione. Imitare è un fatto fondamentale dell’educazione. Quando un ragazzo si appassiona a un calciatore, cosa fa? cerca di imitarlo. San Paolo sapeva questa cosa e dice (molto politicamente scorretto): fatevi miei imitatori. Il prete diventa un bravo educatore quando riesce a dire ai ragazzi: “io per questo ho speso la vita? tu cosa ci stai spendendo?”. Non quando dice: bisogna spenderci la vita.
Questo valeva per i discepoli di Giovanni come per noi. Si sono messi a imitare Giovanni. Perché quando qualcosa ti affascina davvero tu vorresti essere come quella persona lì.
Non ci si può nascondere dietro al fatto che siamo tutti esseri umani e quindi dire: non imitate me, non seguite me. Il papà o l’adulto della fede sa che per seguire Gesù devi imitare qualcuno. E infatti Giovanni Battista non caccia i suoi, non leggo nel vangelo che il Battista disse, adesso io a voi che siete miei discepoli non vi considero più.
Se i ragazzini imitano tutti qualche calciatore o qualche modellina, non sarà che a volte gli abbiamo offerto poco (con la scusa che siamo tutti peccatori?) e che invece il cuore umano è fatto davvero per imitare?

Tuttavia, c’è anche un rovescio della medaglia, che questa scena evangelica ci racconta. Ogni bravo papà deve poter dire al figlio: “fai come me”, ma deve potergli dire anche “non basta che fai come me”. Non basta. Il mio scopo non è “che tu diventi la brava mamma o il bravo papà che sono diventato io”. E guardate che è facile avere in mente questo. Lo si vede quando un figlio entra in seminario (o anche solo non si sposa) e non riproduce più la famiglia che noi siamo stati: non ha più come fine l’imitazione di quel modello famigliare che eravamo noi; così genera il panico. Imitare è un mezzo educativo non il fine. Il fine è che tu scopra come l’ho scoperto io, quell’uomo vero che sei scoprendo Gesù, il vero maestro interiore. Il fine non che io mi riproduca in altri.

Giovanni Battista ricorda ai suoi discepoli (e dovremmo farlo anche noi con grande semplicità e verità): ragazzi, io ho qualcosa da dirti sulla vita, io non sono come il telegiornale che ascolti o la pubblicità che ti vuole imbottire di cose. Ho qualcosa da dirti di meglio su cosa è essere uomo o donna a questo mondo, ma ce l’ho non perché io sia Dio o per mia presunzione, ma solo perché sono rimasto folgorato anche io (insieme a tanti altri) da uomo che non c’è n’è un’altro così e che, per noi, si chiama Gesù Cristo.

Chiudo con una battuta politicamente scorretta ma attuale: da cosa si vede che uno ha incontrato Cristo e non si è lasciato solo affascinare da un suo uomo? Da cosa si vede? Perché si affascina alla persone al di là “delle ideologie e delle strumentalizzazioni” delle quali queste stesse persone sono sempre soggette. E’ così capace di coglie una un’unità tra le tante persone diverse, che in fondo si chiama il mistero della Chiesa. Ecco l’esempio: chi si è affascinato al cardinal Martini, in senso cristiano, non lo ha fatto per la sciocca strumentalizzazione di cui anche lui è stato vittima (dividendo la Chiesa) ma al contrario sa cogliere nella sua vita, per esempio, quei tratti simili anche a personalità a lui tanto diverse. E così sa dire: questo è il mistero dell’unità della Chiesa, che solo “Cristo” è ciò che unisce davvero le loro vite.