I domenica di quaresima

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La prima considerazione è che nei momenti di “deserto” della vita è necessario avere una guida, una parola di riferimento autorevole per uscirne vivi. Anche Gesù supera le tentazioni e il deserto grazie a un riferimento, a una parola autorevole. Lo abbiamo sperimentato tante volte in tutte le crisi che abbiamo passato: serve intravvedere una luce. Lo sperimentiamo ancora più forte in questi giorni di confusione e di smarrimento. Oggi ognuno dice la sua verità e talvolta si ha l’impressione che tiri acqua al suo mulino o alle sue idee o alla sua visibilità. Ma c’è molto smarrimento. Nella storia le Chiese ambrosiane non sono mai state chiuse per le Messe alla domenica, neanche per la peste! Come dice Amos: manderò la fame e la sete nel paese, ma non la fame e la sete di cibo o di acqua, ma quella di ascoltare le parole del Signore. La fame di avere una guida vera nel momento dello smarrimento.

Eppure anche le scritture non bastano. Anche Satana cita le scritture, cita il Salmo 90, ma lo usa travisandone il senso. Non basta avere le scritture, serve anche saperle leggerle in verità, in modo non ideologico e non interessato. Anche questo abbiamo visto in questi giorni perché c’è persino chi dice che il virus è stato mandato da Dio… quando -come ricorda la lettura di Paolo- Dio non manda virus per punire. Dio ci ha dato il ministero della riconciliazione e non della punizione. Eppure, ci sono distorsioni del messaggio cristiano anche in questo.

Quale è stata la guida di Gesù per affrontare le tentazioni e il deserto? La sua guida è stata il libro del Deuteronomio, nei capitolo 6 e 8, dai quali trae le sue risposte al Satana. È importante richiamare il contesto di quelle pagine e non solo le citazione come slogan.
Soffermandomi solo sulla prima tentazione possiamo dire che conosciamo tutti lo slogan: “non di solo pane vive l’uomo…”, ma sapremmo dire a cosa Gesù si riferisce? Sapremmo citare il contesto nel quale questa frase prende il suo senso? Per noi è diventato: non bisogna solo pensare al lavoro e alle cose materiali, ma anche alla spiritualità e a Dio… ma è questo il vero senso di questa citazione di Gesù?

La frase è tratta dal capitolo 8 del Deuteronomio, il libro dei discorsi di Mosè che -dopo aver attraversato il deserto fuggendo dalla schiavitù- vede la terra promessa, la terra della libertà, e vi sta per entrare. Non vi entra ancora, ma sta per entrarci.
In quel libro si raccolgono i discorsi di Mosè diremmo noi: “un attimo prima di diventare liberi”. Per me sono come le cose che sul letto di morte dovrebbe dire un genitore al figlio che sta per diventare adulto. In quel testo si dice questo: quando sarete entrati nelle città che non avete edificato voi, quando berrete dai pozzi che non avete costruito voi e dalle vigne che non avete pianto voi… ricordatevi del cammino che i vostri padri hanno fatto per giungere fino a lì. Ricordativi del deserto e di quanto soffrivate le fame e la sete e di come Dio non vi ha abbandonato in quel deserto.
Perché tutto questo, chiedo io lettore? Perché altrimenti quell’acqua o quel vino (o quelle case) non avranno per voi lo stesso sapore, il sapore di chi sa quanto sono costate! E aggiunge il Deuteronomio: ricordatevi come a un certo punto nel deserto i vostri padri hanno ricevuto la manna, qualcosa che tu non conoscevi né i vostri padri avevano mai visto prima e ti è stata data da Dio perché tu sappia che non di solo pane vive l’uomo, ma di quanto esce dalla bocca del signore (la promessa della manna).

Che non di solo pane viva l’uomo è banale ed è sotto i nostri occhi, ma il problema è: cosa cerchiamo di più del pane? Cosa è questo “non solo” che manca? Nessuno si accontenta di coprirsi e di nutrirsi, tutti cerchiamo qualcosa di più, ma cosa è questo qualcosa di più? Io credo che il punto stia qui: se questo qualcosa in più che cerchiamo ogni giorno nelle cose del lavoro è la traccia di Dio oppure se è solo la traccia di un nostro affanno verso qualcosa che non ci soddisfa mai del tutto. Può bastarmi una carezza se quella carezza è il segno che qualcuno mi vuole bene. Non mi basterà mai neanche un bacio se questo non è segno di nulla o se è segno soltanto della mia bravura. Mi basta una minestre insipido se è fatto per me da mia nonna, non mi basta neanche un pranzo di Natale se mi viene dato solo per dovere.

La prima tentazione di Gesù è la tentazione di un ateismo pratico: non tanto non credere in Dio, ma separarlo dalla vita. Separare il pane e il suo senso dei quali viviamo (entrambi) dal loro destino ultima, da una cura per noi. In questi giorni abbiamo bisogno sopratutto di questo, non solo delle medicine e delle opinioni degli scienziati, ma di un senso, di una “manna” che venga dall’Alto e che ci dica che la vita vale la pena di essere donata, che vale la pena di affrontare questa lotta.