I domenica di Quaresima

Gl 2,12b-18; Sal 50; 1Cor 9,24-27; Mt 4,1-11

Ci sono molti temi e molte letture di questa pagina delle tentazioni. Potremmo quasi dire che è uno degli episodi più interpretati del Vangelo: dalla letteratura al cinema, da Dostoievskij a Martin Scorzese… Capiamo la sua importanza considerando che ha come tema l’identità e la singolarità di Gesù. Per questo la meditiamo ogni anno, all’inizio della Quaresima, e oggi mi soffermo solamente su un particolare che mi sembra attuale.

Abbiamo detto più volte che dobbiamo osservare come ciò che chiede il Satana non sia la trasgressione di un comandamento. Non si tratta di uccidere qualcuno o di bestemmiare o di “desiderare la donna di altri”… Non è dunque la tentazione a fare qualcosa che non andrebbe fatto. C’è qualcosa di ben più profondo nella tentazione, qualcosa che opera a livello del desiderio e della immaginazione e non a livello della trasgressione di un comando. Nel testo, ciò che concretamente propone il Satana è qualcosa che ha un suo aspetto positivo: risolverebbe il problema della fame, il problema della fede e della conversione dei cuori…
Dunque, cosa contengono di sbagliato? Perché Gesù le rifiuta e cosa dicono queste tentazioni a noi che –sembrerebbe– non abbiamo mai vissuto la possibilità di trasformare pietre in pani o di possedere regni interi (magari avessimo questa possibilità! direbbe qualcuno).

Io penso che uno degli aspetti diabolici sia il fatto che sono dei “sogni” che contengono un certo “automatismo”, una certa “magia”. Come se potesse non esserci “tempo e fatica” tra il desiderio e la sua realizzazione. Come dire: vuoi del pane, eccolo! Eccolo subito!
Noi stessi a volte lo desideriamo: come sarebbe bello –diciamo– se invece di fare tanta fatica, in un attimo, potessimo avere ciò che desideriamo o potessimo risolvere i nostri problemi. E aggiungiamo: “perché Dio non lo fa?”. Magari sono problemi anche buoni: con i figli o con una persona in difficoltà o che non capisce…
Questo propone il Satana: dare voce al sospetto che Dio possa subito. Se tu vuoi, Gesù, puoi subito, magicamente. Senza neanche chiederti la fede, senza chiederti la tua fiducia, la tua libertà. Ricordo che neanche i miracoli avverranno senza la fede di chi li chiede e dove non c’era questa fede fiduciale l’evangelista dice: “Gesù lì non poté fare molti miracoli”.
Vuoi del pane? Puoi subito averlo, puoi senza fatica essere riconosciuto, puoi immediatamente dominare. E se fai così, magicamente (capite?), risolvi anche i problemi degli uomini: non dovranno più soffrire per lavorare, non dovranno più aspettare, desiderare, non si tradiranno ecc.
In fondo, questo chiede il Satana: Gesù fai quello che gli uomini spontaneamente ti chiedono: di rinunciare al cammino faticoso della loro libertà.

Gesù invece dice che questo modo di pensare la propria vita (o di illudersi a riguardo della propria vita), come se magicamente la religione risolvesse dei problemi, è una tentazione e sarebbe mortale all’uomo stesso. Le pietre si cambieranno in pane, ma ci vorrà il lavoro e la pazienza. Serve e servirà la fatica dell’agricoltore (la sua libertà!) che deve seminare e aspettare la stagione buona e sperare nel raccolto… La gente si convertirà al Vangelo, ma senza spettacoli magici, da un affetto e un amore straordinario dei discepoli che andrà imparato, con il tempo, dentro ad alcuni errori, nella possibilità che qualcuno non creda. Tutto il mondo avrà l’annuncio del Vangelo, ma con la fatica dei missionari, delle mamme e dei papà che insegnano il Vangelo ai loro figli… Non ci sono automatismi per il Vangelo.

Perché questo rifiuto? Perché sarebbe mortale l’annuncio di un Dio che assolve subito ai miei desideri?
Per tanti motivi. Primo, perché i miei desideri possono essere “falsi”, “nocivi”, “mortali”, possono cambiare… ma sopratutto perché la nostra vita ha luogo in un tempo e noi sperimentiamo solo nel tempo (come il lungo tempo della quaresima) che il legame con qualcuno al quale vogliamo bene (che è la cosa più importante) è davvero “consistente” e libero al tempo stesso.
Solo nel tempo si capisce la “responsabilità”. Di più, è il tempo stesso che chiede la responsabilità nella tenuta dei legami, negli anni che passano, nel fatto, magari, che tu ti ritrovi non più giovane e non per questo devi rimpiangere malinconico i tempi passati, ma puoi leggere la gratitudine di una “storia” stupendamente unica.
Ogni automatismo può cambiare le circostanze, ma non può cambiare il cuore di una relazione che si misura nel “peso” della nostra responsabilità lungo un tempo e senza il quale ogni relazione risulta momentanea e sfiorisce nella continua rincorsa di sempre nuovi problemi o di nuove emozioni.

Gesù insegna che serve tempo –serve il lungo tempo di una e poi tante quaresime– per cambiare le pietre in pane. Solo così però si cambia il cuore dell’uomo, in modo da imparare molto altro oltre alla propria necessità di sfamarsi.