I Domenica di Avvento

Letture

LETTURA Is 24, 16b-23 Lettura del profeta Isaia Io dico: «Guai a me! Guai a me! Ohimè!». I perfidi agiscono perfidamente, i perfidi operano con perfidia. Terrore, fossa e laccio ti sovrastano, o abitante della terra. Avverrà che chi fugge al grido di terrore cadrà nella fossa, chi risale dalla fossa sarà preso nel laccio, poiché cateratte dall’alto si aprono e si scuotono le fondamenta della terra. A pezzi andrà la terra, in frantumi si ridurrà la terra, rovinosamente crollerà la terra. La terra barcollerà come un ubriaco, vacillerà come una tenda; peserà su di essa la sua iniquità, cadrà e non si rialzerà. Avverrà che in quel giorno il Signore punirà in alto l’esercito di lassù e in terra i re della terra. Saranno senza scampo incarcerati, come un prigioniero in una prigione sotterranea, saranno rinchiusi in un carcere e dopo lungo tempo saranno puniti. Arrossirà la luna, impallidirà il sole, perché il Signore degli eserciti regna sul monte Sion e a Gerusalemme, e davanti ai suoi anziani risplende la sua gloria. SALMO Sal 79 (80) Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi. Signore, Dio degli eserciti, fino a quando fremerai di sdegno contro le preghiere del tuo popolo? R Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbondanza. Ci hai fatto motivo di contesa per i vicini e i nostri nemici ridono di noi. R Dio degli eserciti, ritorna! Guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato, il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. R Da te mai più ci allontaneremo, facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. R EPISTOLA 1Cor 15, 22-28 Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. VANGELO Mc 13, 1-27 ✠ Lettura del Vangelo secondo Marco In quel tempo. Mentre il Signore Gesù usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta». Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: «Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?». Gesù si mise a dire loro: «Badate che nessuno v’inganni! Molti verranno nel mio nome, dicendo: “Sono io”, e trarranno molti in inganno. E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori. Ma voi badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe e comparirete davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro. Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni. E quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi prima di quello che direte, ma dite ciò che in quell’ora vi sarà dato: perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. [Quando vedrete l’abominio della devastazione presente là dove non è lecito – chi legge, comprenda –, allora quelli che si trovano nella Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda e non entri a prendere qualcosa nella sua casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che ciò non accada d’inverno; perché quelli saranno giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà. E se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe. Ma, grazie agli eletti che egli si è scelto, ha abbreviato quei giorni. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là”, voi non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare, se possibile, gli eletti. Voi, però, fate attenzione! Io vi ho predetto tutto.] In quei giorni, dopo quella tribolazione, “il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo».

Credo che la noia sia un sentimento molto diffuso nella nostra società. Il libro di Bernanos “Diario di un curato di campagna” inizia con queste affermazioni:

La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! Il mondo è divorato dalla noia. Naturalmente, bisogna riflettervi un po’ sopra, per rendersene conto; la cosa non si sente subito. È una specie di polvere. Andate e venite senza vederla, la respirate, la mangiate, la bevete: è così sottile, così tenue che sotto i denti non scricchiola nemmeno. Ma basta che vi fermiate un secondo, ecco che vi copre il viso, le mani.

Quello che descrive Benanos credo sia qualcosa che vediamo molto spesso prima che in noi stessi nei nostri giovani. La noia pare essere una malattia molto diffusa tra i giovani: per molti nulla attrae davvero il loro sguardo a lungo, nulla resiste al tarlo che divora le giornate passate senza alcuna autentica passione. Avevo uno studente che per ammazzare la noia nelle ore di scuola passava il tempo a contare le formiche che entravano dal bordo della finestra, completamente appiattito alla vita. Una ragnatela che circonda ogni cosa di un “già visto”, “già fatto”, “non serve a niente”.

Forse nei più giovani è più evidente questa apatia perché essi sentono meno l’obbligo di un impegno o di una responsabilità e non c’è un forte senso del dovere a obbligarli a compiere qualche azione. Tuttavia, ho l’impressione che la questione della noia, ovvero di non avere nulla che davvero sentiamo valga la pena e ci appassioni, sia una questione anche degli adulti. Per noi forse non si chiama noia, ma più semplicemente “routine”. È il passare delle settimane e del tempo orma sbiadito di ogni entusiasmo autentico di attesa, di bellezza, di futuro. La routine è la quotidianità quando si è spento ogni desiderio di un futuro desiderabile, di un domani bello che ci attende e che ci chiede qualcosa.

La noia degli adulti subentra nella routine anche quando nella vita ci si è scontrati con qualche lutto che ci ha fatto smettere di sperare. Sono tante e frequenti le ferite che viviamo: una separazione, un tradimento, la morte di un parente caro, una malattia, la delusione o la perdita del lavoro… sono tanti i lutti hanno spento la speranza facendoci sentire di essere stati degli illusi. Il futuro non ha più nulla da dire, i figli ormai sono grandi e più che al futuro si pensa con nostalgia al passato, talvolta con non poca amarezza: quando i figli erano ancora piccoli, quando le cose andavano bene, quando anche l’aria e l’acqua ci sembravano più buoni.

Per tutti, giovani e grandi, la noia o la routine sono sempre figlie di un disprezzo, un veleno che macchia la vita rendendola senza speranza. E di adulti senza speranza è pieno il mondo: si aggirano cinici e intolleranti nei confronti degli spacciatori di illusioni giacché non vogliono più illudersi e si irritano facilmente perché speso la vita si rivolge loro con volto seduttivo inducendoli a sperare ancora un po’… e allora devono mettere a tacere con rabbia l’incantatrice che ieri li ha illusi e oggi non vuole riconoscere di non avere nulla da dare realmente.

Oggi cominciamo l’Avvento e penso dobbiamo interrogarci seriamente sulla speranza che ci anima, sul futuro che attendiamo. Come lo vediamo questo futuro? È forse la descrizione di una illusione? Siamo forse anche noi poveri al punto da non aspettarci più nulla di bello, da non attendere più né Natale né altro?

Il Vangelo di oggi non vende illusioni. Gesù sa che ci saranno delle guerre e il tempo domani sarà duro. Lo dice con chiarezza nella pagina che abbiamo ascoltato. Nessuna illusione per i suoi discepoli. Ma insieme a questa dura realtà (che è stata poi la descrizione di una guerra realmente accaduta in Palestina) aggiunge due cose. Per prima cosa aggiunge delle parole di cura per i suoi e di chi dice: quando vedrete la guerra, non fatevi ingannare e scappate, mettetevi in salvo senza fare gli eroi perché Dio non vuole la vostra fine e non si manifesterà dentro a quel sangue. Questa cura significa anche un’altra cosa: che le pietre apparentemente solide del tempio sono destinate a cadere mentre le vite di chi Dio ama sono destinate a durare per sempre. Quello che è prezioso non è il mondo e tutte le sue strutture o circostanze, quello che è prezioso è la vita di ciascuno, la sua fede, la sua tenacia, la sua anima. È l’opposto a quello che siamo abituati a pensare: pensiamo a noi stessi come cosa fragile e senza valore contro un mondo immutabile ed eterno, ma non è così.

La seconda cosa che aggiunge Gesù è che l’annuncio di una buona notizia che deve ancora attraversare il mondo ed essere conosciuta dagli uomini. Ci sono ancora figli su questa terra che attendono una buona notizia, che attendono noi che gli mostriamo la bellezza che abbiamo incontrato. Per Gesù basta questo a dare un motivo di vita e di durata al mondo. Quando questo non sarà più necessario, quando sarà inutile l’annuncio, sarà inutile anche il mondo, ma fintanto che c’è un uomo sulla terra che non conosce Dio allora siamo qui con un compito che è il vero e unico motivo della nostra esistenza.
Queste due cose credo costituiscano la speranza non illusoria di Cristo, il motivo che anima la sua vita senza che quella polvere della noia gli si attacchi addosso.

Il tempo di Avvento deve riproporci la domanda: in cosa riponiamo la nostra speranza? Cosa sostiene le macerie del domani perché possiamo non diventare persone ciniche che vivono nella routine delle loro giornate.