I Domenica di Avvento

Is 13,4-11; Sal 67; Ef 5,1-11a; Lc 21,5-28

“Badate di non lasciarvi ingannare!”
Mi domando se questo monito del Signore non assuma proprio in questi giorni un significato particolarmente attuale. “Badate di non lasciarvi ingannare” sembra voler dire che di fronte agli sconvolgimenti, come di fronte alle bellezze apparentemente solide del tempio, ci si può facilmente ingannare. Da cosa possiamo essere ingannati?
Non penso all’inganno che vivono i terroristi, disposti a dare un senso ai loro gesti folli. Questa è menzogna evidente. Mi domando se esiste un inganno anche per noi.

“Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate”. Devono avvenire, ma non è la fine.
Un primo inganno è quello di avere paura. Forse come i discepoli, per molto tempo ci siamo abituati a guardare le belle pietre del tempio pensando che fossero eterne. Le belle pietre del tempio nascondevano, in realtà, un mondo di ingiustizie, di prevaricazioni, di poveri, la compromissione tra il potere di Erode e le ambizioni dell’impero romano. Come sempre, i più umili ne facevano le spese. Gesù rimprovera i suoi di non fermarsi troppo a guardare queste belle pietre come fossero la loro salvezza. Anche oggi, forse, il terrorismo mette in crisi le belle costruzioni sulle quali fondavamo la nostra falsa sicurezza. La retorica dell’uguaglianza, della pace e della libertà viene messa in crisi dalla realtà: non c’è polizia che ci possa difendere, non c’è stato che ci possa davvero tutelare dalla fragilità con la quale abbiamo costruito la nostra falsa e inconsistente convivenza. Perché anzitutto di questo si tratta. “Non lasciatevi ingannare” da chi politicamente promette giustizia, sicurezza, pace. “Non lasciatevi ingannare” da una visione della storia che, mascherando le cose, nasconda la fragilità dell’uomo.

Poi c’è la paura. “Gli uomini avranno paura per l’attesa di ciò che dovrà accadere”. Invece, è detto a questi discepoli: “alzate il capo, guardate in alto”. Non è detto di mettersi a combattere o di vendicarsi. E’ detto che si verrà perseguitati ma in quei momenti la verità avrà una sua evidenza nuova e non avrà bisogno di alcuna difesa. Davvero oggi non ci sono parole: come non vedere l’ingiustizia di questo integralismo e di ogni integralismo? Come non vedere che il fine di questi attentati è l’odio stesso e la paura? Come non vedere il pericolo di rispondere con una crescita sempre maggiore di odio che risponde a odio? La rabbia, il terrore e lo sgomento ci conducono nel nulla, nella violenza, nel loro stesso odio. “Badate di non lasciarvi ingannare”.

Ma come non avere paura? “Risollevatevi e alzate lo sguardo”. Non bisogna guardare “oltre” o far finta che tutto ciò non esista. Né è necessario distrarsi, attendendo che accada di nuovo. Per non avere paura è necessario guardare “in alto”, possedere un’altra visione della storia e della vita: sapere per cosa vale la pena vivere. I fatti di Parigi ci mettono davanti alla domanda decisiva: perché vale la pena vivere? È una provocazione che nessuno di noi può evitare. Bisogna inesorabilmente alzare lo sguardo.
Cercare una risposta adeguata alla domanda sul significato della nostra vita è l’unico antidoto alla paura che ci assale guardando la televisione in queste ore, è il fondamento che nessun terrore può distruggere. Come dice il vangelo, questa stessa perseveranza, ovvero la certezza incrollabile di un fondamento buono e di una giustizia vera (che non siamo in balia del nulla o dell’odio), ci salverà davvero.