Gv 6,30-35 – III Pasqua, martedì

In quel tempo, la folla disse a Gesù: “Quale segno tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi [quale è la tua opera]? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo”. Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; [Infatti] il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo”. Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre questo pane”.

Gesù rispose: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete”.

Siamo soliti pensare la domanda iniziale dei Giudei come una mancanza di fede: chiedono un segno e ne hanno appena visto uno. Ma qui non si chiede un segno di prova ma il compimento di un segno, quale segno egli compirà per rendere perfetta la Legge. E per fare un esempio gli contrappongo Mosè (come la Sammaritana gli contrappone Giacobbe). La manna è qui chiaramente la Legge, il segno per Israele.

Gesù risponde alzando il livello della del referente: da Mosè a Dio. E questa precisazione si rivolge non solo al passato (i padri) ma al presente degli ascoltatori. Di questo pane Gesù da una nuova definizione in accordo con i suoi interlocutori (con un allargamento escatologico a tutto il mondo). E’ Legge quello che viene da Dio, in forza di quel legame e non in forza della autorità di Mosé.
In accordo, gli interlocutori chiedono “sempre” questo dono. Non nel senso materiale di un pane che si mangia fisicamente – come dei materialisti ingordi (stavano tutti e due gli interlocutori parlando della Legge – e non regrediscono alla materialità del pane), ma la vera Legge di cui vogliono vivere tutti i giorni. Per questo non si aspetteranno una designazione della Legge (come fa dopo Gesù spiazzandoli), ma vorrebbero solo un donatore eterno (che garantisca il flusso da Dio a noi). L’ultimo versetto di risposta va unito a quelli seguenti… il brano andrebbe lasciato in sospeso su questa invocazione dei Giudei che accettano la definizione di Legge di Gesù – viene dal cielo – e chiedono chi gliela garantisca sempre.

Visto così, noi e tutti i nostri parenti contemporanei siamo proprio come questi bravi Giudei che mendicano sempre un pane dal cielo (anche in Chiesa si dice – sapendo che sempre abbiamo questa porta aperta: “pensate alle cose del cielo voi attaccati al denaro” ecc.). Perché in fondo non ci accontentiamo più di quello che producono le nostre mani, ci ricordiamo anche che i nostri “padri” avevano un “senso della vita”, “almeno loro credevano in qualche cosa” – si dice. Fin qui, nel fondo di ognuno, più o meno coscienti, siamo tutti disposti a chiedere e a credere che pur dal cielo ci serve qualche cosa (una legge o un aiuto che sia)… Bisogna essere proprio molto anestetizzati alla vita per non chiedere neanche più “pane dal cielo”. E per quanto cerchino di togliere anche questa fame primordiale, l’uomo si ribella, e schiva in tutti i modi pur di sentire ancora il brontolio alla pancia. Il sacro non passerà mai di moda. Anche quelli che cercavano di farlo fuori si sono rassegnati.

Ma quando Gesù darà la sua risposta (vedremo domani) forse in parte ci dovremo rassegnare, perché potremo smetterla di andare in giro alla ricerca, la Sammaritana con il secchiello e noi mendicanti di briciole. Perché da qui in poi, la sete si trasforma in sorgente e il pane non si dovrà più cercare, basterà per sempre e ce ne sarà d’avanzo per tutti.