Gv 14,1-6 – IV Pasqua, venerdì

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

Un primo punto: Giovanni fa una grande teologia del legame tra il Signore Risorto che torna dalla casa del Padre (e prepara sempre un posto per i suoi) e il tempo che i discepoli hanno trascorco con il Signore Gesù e che ora se ne va. Tra il Signore che viene e ritorna nella storia e il suo andarsene. E per capire questo bisogna conoscere la scansione più propria del tempo ebraico che è: una cosa non è ancora avvenuta e deve compiersi. Il passato non è una cosa che semplicemente “è successa” ma qualche cosa in cui accade ciò che “deve accadere” prima che si arrivi nel punto in cui (propriamente) si deve parlare del presente, del luogo in cui siamo, della realtà in cui viviamo, del Dio al quale siamo legati. E poi c’è un compimento modulare (temporalmente altrettanto tempo e forse di più) in cui incominciano ad accadere e accadranno fino alla fine del mondo le cose che devono accadere (il tempo dell’Apocalisse è raccontato tutto così).

Dunque qui Gesù spiega il modo con il quale Egli ritorna come se ne è andato, fino alla fine, e ritorna appunto generando i suoi testimoni (facendoli abitare nel suo luogo anche se lui non c’è più – non si tratta della morte e del paradiso!!), portando discepoli alla comunità, irradiando nei gesti e parole a coloro che lo seguono e sono gli stessi gesti e parole alle quali si era già fatto riconoscere e continua a farsi riconoscere (non è vero che non conosciamo il luogo… perché sono i suoi gesti storci).

Per i dodici, in questa forma di distacco dal Signore, che se ne va al Padre, c’è anche il principio del legame che adesso diventa possibile. E questo legame è destinato a sovrastare il legame di una contiguità puramente materiale, di una contemporaneità secondo la carne (direbbe Paolo). Ma c’è un altro risvolto. Quando leggiamo che si tratta di testimoniare il Signore risorto e testimoniare che questi è colui che è stato posto da Dio, noi possiamo ancora farlo se abituamo questi Gesti che sono stati di Gesù. Da cosa lo capiamo che il Signore viene? Che ci fa abitare nel posto che ci ha preparato? Se vedo quello che vedevo nelle parole e nei Gesti di Gesù. Per riconoscere che siano quelli del Figlio abbiamo bisogno della memoria di Gesù. “Succede questo”, allora cosa ci dicono le scritture che ci dicono cosa è fin dall’inizio. Se c’è qualche cosa che contrasta con questo non è il Signore che viene. Una piccola icona: se gli apostoli non hanno visto il Signore Gesù che passando davanti a una vedova che ha perso il proprio figlio gli ha battuto sulle spalle e gli ha detto: come devi essere contenta te che adesso c’è un angioletto di più in cielo… non facciamolo neanche noi. Non è difficile.

Una seconda riflessione mi viene vedendo la goffaggine di questo Tommaso. Bisogna averla bene in mente, come è scritta con tutta la sua onestà (proprio perchè non stà lì – in questa trasparenza – la possibilità di riconoscere il Signore). Perché la vocazione non è determinata dall’essere adeguati, dall’aver capito, dal servire la comunità, da averne le capacità, dalla nostra storia. No. Lo ripeto: questo Tommaso è un discepolo solo perché è stato chiamato dal signore e – nonostante tutto – è ancora lì con il Signore. Punto. Che signifca: una volta che io mi sono chiesto “Dio sai quello che fai, vero?” e d’atra parte io mi ritrovo lì – e negli Atti degli Apostoli è così, si ritrovano lì e non saprebbero ricostruire il collegamento. Lo capiscono dal fatto che si trovano lì, perché nei vangeli raccontano la loro biografia e hanno capito tutto e il contrario di tutto (come qui), poveri figli… Ma la bellezza della testimonianza dello Spirito è che proprio questo vedono (e glielo fa vedere lo Spirito), e non per questo se ne vanno a casa. Lo vedono e lo raccontano. Lo spirito Santo gli fa vedere che tutti i giorni trotterellenado intorno a Gesù capivano roma per toma. Come Tommaso. Però in tanto stavano attaccati e si sono trovati qui. Questa è la certezza che sono nel punto giusto della vocazione, questa e non altro.