Festa di Cristo Re

Quando Pio XI nel 1925 istituì questa festa, lo fece per fare fronte alla forza nuova del secolarismo moderno che crede nella autosufficienza dell’uomo e nega ogni rivelazione di Dio. È questo un credo da allora molto affermato, come mi diceva un ragazzo: ora non prego più perché sono convinto che la vita dipenda solo da me.

Tuttavia, sono convinto che questa autosufficienza dell’uomo nasca più da un’alienazione della realtà che da una forza nietschiana che è in grado di reggere il dramma dell’esistere senza pregare un Dio. Nietzsche annunciava infatti tempi tristi e duri dopo la morte di Dio, mentre l’uomo moderno più che altro non vuole pensare, chiede di distrarsi, vuole ridere.

Ma ci vuole poco per richiamare all’uomo moderno la propria piccolezza, la sua reale non autosufficienza. Basterebbe ricordare quella stupenda pagina di Manzoni, quando Renzo cerca nel lazzaretto il suo amore e incontra fra Cristoforo che gli fa una domanda tremenda: cosa fai Renzo se non trovi Lucia? A quel punto il protagonista preso dall’ira e dalla vendetta dice: mi farò giustizia da solo se non la troverò e “troverò qualcun altro” (riferendosi a don Rodrigo)… A quel punto fra Cristofoto gli afferra un braccio e trovato il vigore di un tempo dice: “sciagurato”… e mostrandogli con l’altra mano tutto intorno (siamo al lazzaretto) gli ricorda chi è colui che giudica e perdona….

Ho richiamato questa scena per dire che non è difficile accorgersi anche oggi che non siamo noi i “Signori” della vita. Non è difficile affermare questo! Il problema è che tutto ciò è anche molto ambiguo. Se il giudizio è quello che siamo in balia del destino, di una dea bendata, di una fortuna, tanto vale non pensarci se si puo’…. Prete non parlarmi del dramma della vita! Meglio Crozza che mi fa ridere. Se questa ambiguità prevale, allora sì che è doloroso vivere.

Ecco perché occorre un cammino per uscire da questa tremenda ambiguità che affida la “regalità del mondo” a un fato arbitrario, a un destino cieco. Bisogna avere incontrato un Dio diverso. E ci si accorge che non è “da questo mondo” che ci verrà un pensiero diverso sul nostro destino, meno ambiguo, meno tremendo…
Io penso che solo nel Dio di Gesù Cristo questa ambiguità sulla volontà di Dio si possa scorgere. Significa compiere l’esperienza di Davide: lui che diceva “io ti farò una casa, Dio” deve rendersi conto che è Dio stesso che in realtà ha curato i suoi passi fin da quando era bambino e sorvegliava il gregge del padre. Ma non è così anche per noi? Chi ci dà questa certezza su Dio –contro ogni idea ambigua di destino– se non Cristo stesso nel suo morire per i suoi? E come crederemmo diversamente che in un destino cieco se non dicessimo ogni giorno (lottando contro il nostro istinto pauroso) quella preghiera che ci fa dire “Padre”?