Festa dell’Immacolata

Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te“. Lo abbiamo ripetuto centinaia di volte in tutte le Ave Maria che abbiamo recitato. Vorrei ora non dessimo per scontate le parole: “piena di grazia”. Ogni volta che recitiamo questa preghiera dovremmo chiederci cosa sia questa grazia di cui Maria è piena.

Cosa è per noi la grazia? Quali sono i desideri che diremmo “pieni di grazia”? Di chi oggi diremmo: “ecco, una persona piena di grazia”? Per tanti di noi credo che la grazia sarebbe un po’ di serenità, una guarigione, un figlio bravo, una bella famiglia, avere un po’ di riconoscimento in più, magari uno stipendio un po’ migliore, magari non essere troppo preoccupati per il mutuo, per il lavoro…

“Pieni di grazia” sono per noi tutti quelli che non hanno problemi, anzitutto economici e famigliari. Ma se le cose stanno così, siamo molto lontani da ciò che il Vangelo racconta per Maria.
Certamente Maria è stata una donna che ha avuto una vita difficile, sicuramente è stata schernita da molti. Mi ha sempre affascinato il modo con cui molto pittori hanno ritratto il volto di Maria. Perché in moltissime rappresentazioni –da Giotto ad Antonello, a Piero– c’è come un velo di malinconia sul volto di questa donna e non sarà un caso. Avere un figlio con un destino così, con una pretesa così su Dio… chi sinceramente avrebbe voluto questo? Noi non ci saremmo accontentati di chiedere come tutti un po’ di salute e un buono stipendio? Non avremmo preferito un figlio che non ci dava grandi pensieri e preoccupazioni? Non avremmo preferito una vita tranquilla?

“Piena di grazia”… ogni tanto dovremmo pensarci e resteremmo senza parole a misurare la distanza tra quella grazia e ciò che noi chiediamo ogni giorno. Cosa mi colpisce di più? Che Maria ha saputo attraversare la solitudine di portare un messaggio al quale nessuno credeva (perché è andata così), ha saputo andare contro l’idea comune di una donna realizzata e felice con tanti figli. Dio gli ha chiesto anche questo: la felicità di Maria non è nata dall’approvazione del suo ruolo o dal suo successo di donna. Non è nata -come per noi- dallo sguardo delle sue coetanee. Neanche è nata da circostanze felici. La felicità di Maria è nata solamente dentro di lei, dalla risposta alla sua vocazione, dall’adesione a ciò che -costi quello che costi- ha capito essere la verità della sua vita.
Non credo sarebbe stato possibile senza già intravedere, fin dall’inizio, quello che avrebbe visto con i suoi occhi alla fine, ovvero che non faceva nascere un figlio per vederlo morire e che il suo amore era destinato all’Eterno. Altrimenti, perché crederci e subire una vita tanto diversa se tutto finisce in nulla? Dio non gli chiedeva un inutile sacrificio; ciò che avrebbe generato era invece destinato a vincere la morte, a un amore che non muore. Solo per questo la vita è sempre una avventura che vale la pena di essere attraversata. Solo per questo -e non per masochismo- Maria ha detto il suo sì. Ma tutto questo non lo si può credere intimamente “a forza di volontà”, non ce lo si può dare “da soli”. Questa è la grazia che è stata anticipata a Maria.

È possibile non avere dubbi su questo? È possibile avere una fede così certa da non lasciarci spaventare quando attraversiamo i momenti più difficili? Credo sia possibile. Credo che questo abbia a che fare profondamente con la fede stessa e la sua natura di adesione libera, ovvero con la fiducia che riponiamo nella bontà della vita e di Dio. Del resto, se non fosse qualcosa del quale solo liberamente mi posso fidare, se non chiedesse la mia libertà, non si chiamerebbe fede.

L’obiezione di Maria, la malinconia del suo volto, sono la traccia più bella della sua libertà, quella libertà che pone domande e interroga Dio nei momenti difficili, ma al tempo stesso una vita che non perdere la fede, ovvero che non si misura sul proprio successo, ma su un bene che siamo chiamati a compiere e che rimane per sempre.