Domenica prima del martirio di S. Giovanni

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Il vangelo di oggi è tra le pagine più conosciute e citate di tutto il Vangelo. Una pagina che ha avuto un grande peso storico nei rapporti tra la Chiesa e le varie forme di potere: l’imperatore, la città, lo stato… Un detto che viene spesso citato per dire una separazione tra questi ambiti: da una parte il tuo personale credo religioso (Dio) e dall’altra la vita civile e pubblica (Cesare). Tuttavia, l’idea semplicemente di una separazione è scorretta e anacronistica.

Anzitutto dobbiamo osservare che la situazione non è poi così cambiata dai tempi del Signore. Il potere romano era considerato illegittimo dagli ebrei del tempo e il malcontento rispetto a questa dominazione straniera era molto alto in tutto il popolo. Noi non siamo in un contesto così diverso: anche noi abbiamo una pessima reputazione della nostra classe politica e dirigente, anche noi non facciamo che lamentarci dei nostri governanti e delle tasse che dobbiamo pagare… Non c’è telegiornale o discorso comune che non lamenti la corruzione e le ingiustizie di chi ha potere. Anche se andassimo all’estero, dove a volte le cose ci sembrano funzionare molto meglio, ci accorgeremmo dello stesso malcontento. Insomma, sono passati duemila anni eppure il potere di chi governa non è poi così diverso. Lo dice in un altro passo anche il Signore: “sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono”. Se lo dice il Signore come una massima, in tutte le stagioni della storia il potere di Cesare non cambierà poi di molto e allo stesso modo il nostro malcontento. Ma cosa dice Gesù su questo? Cosa dice Gesù sulla nostra perenne lamentela e sul senso di frustrazione che ci abita?

Lo spiego con due esempi. Insegno in una scuola pubblica e anche io devo rendere a Cesare quello che è suo, ovvero, devo stare attento alle riforme, alle leggi, alle relazioni da scrivere e sono oppresso della burocrazia, dalle inettitudini dei funzionari (Cesare!)… tuttavia, io so che non sono lì per loro. Questo è il punto decisivo del messaggio di Gesù: Cesare non è tutto! A lui devi solo una parte, devi solo delle monete… il potere di Cesare non è illimitato!
Ti potrai dunque lamentare di lui ogni volta che occorre, ma devi sapere che non lavori per questo: io non entro in classe per Cesare ma perché ho ricevuto una vocazione, non fatico per Cesare ma per corrispondere alla mia chiamata di uomo, a ciò che il Padreterno mi fa compiere. Questa è davvero una bella notizia! Dove invece Cesare diventa tutto, diventa l’unica ultima motivazione del nostro vivere, allora ci sentiamo morire, diventiamo acidi o cinici, rancorosi e desiderosi di scappare. Invece Gesù dice: “ricordati che Cesare non è tutto!”
Allo stesso modo immagino un lavoratore brianzolo quando arrivato il mese delle tasse e inizia a imprecare per quello che deve pagare e si chiede per chi abbia lavorato. Per chi o per cosa intimamente vuoi aver faticato? Per il guadagno? Solo per Cesare o per qualcosa di più importante di lui, per una vocazione di uomo e lavoratore?

Il fatto vero è che lamentarci di Cesare ci piace perché a volte sappiamo di non avere altro, parlare male della politica ci piace perché sappiamo che non sapremmo parlare in altro modo. Se non hai altro, più grande e più vero, inizi a odiare Cesare o a idolatrarlo, ma è la stressa cosa. Come quei ragazzi che amano la propria ragazza e pensano sia “tutto”, pensano sia un dio, in realtà perché non hanno altro, fino a quando non vengono delusi. Noi cerchiamo qualcosa o qualcuno davanti al quale inginocchiarci e Cesare lo sentiamo talvolta ben più concreto e presente di Dio.

Chiudo questa riflessione con la domanda di Agostino: l’immagine di Cesare è impressa sulle monete che gli vanno restituite, ma l’immagine di Dio dove è impressa? Cosa devo dare al Signore? Come ricorda Agostino, è l’uomo stesso a essergli ad immagine. Per questo ho usato la parola “vocazione”, per questo Gesù dice: “ama Dio con tutto il cuore, l’anima e la mente e l’altro (soltanto) come te stesso”, ovvero con una misura diversa. Agli altri diamo “non senza una misura” tutte le nostre energie, ce lo suggerisce Dio stesso. Così a Cesare diamo il peso e le attenzioni che si merita, solo una piccola parte del nostro tempo e di quello che sappiamo essere il centro della nostra vita.