Domenica delle Palme

Zc 9,9-10 Sal 47 Col 1,15-20 Gv 12,12-16

Siamo all’ultima tappa, prima della Settimana Santa, del cammino che abbiamo fatto in questa Quaresima meditando (per chi ricorda i Vangeli) il mistero dell’incredulità, dell’incomprensione, del sospetto, degli uomini nei confronti di Gesù.
Il nostro sospetto esattamente uguale al sospetto della samaritana, dei farisei nella polemica sulla libertà, dei giudei sul cieco nato, dei discepoli stessi sulla risurrezione di Lazzaro.

Sospetto che — dicevamo — è la forma stupida della conoscenza (un ragazzo impara solo se ha la fiducia che ciò che studia lo potrà capire altrimenti…) e — dovremo dirlo — solo chi crede in quel gesto di Gesù (che è il Signore che apre le braccia e dice che non c’è nulla di nascosto o di sospetto su Dio, che è tutto in quell’abbraccio lì quello che Dio ha da dire), solo vedendo quel gesto noi troviamo dentro di noi una certezza che non è più sotto la forma del dubbio.

Raccogliamo anche da questo Vangelo due indicazioni.

1) Il massimo del “successo” di Gesù coincide con il massimo del fraintendimento, tanto che Gesù è costretto a scegliersi un puledro per cambiare il senso di quel grido della folla che si aspettava finalmente il liberatore dai romani. C’è una forma della comprensione di Gesù che non ha nulla a che fare con le nostre aspettative di festa e di acclamazione. Gesù lo si comprende non quando lo si “inneggia” ma in un’altra forma, quando ci lasciamo stupire da un suo gesto inconsueto.

Mi permetto di dire: anche il papa ha sottolineato tante volte in questo periodo: la Chiesa non è una forma di potere ma una realtà spirituale. Perché è interessante questo che dice il papa? Perché se seriamente vogliamo fare esperienza cristiana dobbiamo cancellare le nostre aspettative che vorrebbero vedere la religione, la parrocchia, la comunità, tornare a essere come ce li siamo sempre immaginati, ovvero anche come il centro politico, ludico e culturale del nostro villaggio (come fino a qualche anno fa).

Secondo esempio: in un musical molto interessante “Jesus Christ Superstar” degli anni settanta, messo in film da un grande regista, c’è una battuta sferzante – ma non così banale – di Giuda che dopo essersi impiccato riappare e dice a Gesù: “perché non sei nato oggi al tempo i mezzi di comunicazione di massa?” e più avanti dice – in modo quasi dissacrante – “forse non sapevi che la tua morte sarebbe stato uno dei più grandi successi?”
Ecco: c’è una logica (e in queste battute si capisce bene) che fraintende tutto il Vangelo. Fraintende perché mette la nostra aspettativa di Dio, di successo, di potenza, su tutto il resto. Dice le parole giuste, dice “Osanna, benedetto !”, fa accorre folla, ma fraintende il senso.

Detto tra parentesi: per questo motivo la teologia medievale si era preoccupata tanto di fare molte teorie sulla salvezza (cose che dirle oggi ci sembrerebbero inutili speculazioni), ma lo faceva perché era attenta a cogliere la logica dell’agire di Dio, era attenta a coglierne il senso.

2) Per questo anche i discepoli capiscono solo dopo, sottolinea il Vangelo di Giovanni. Chi ha fatto l’educatore o ha provato a fare un cammino di fede con qualche ragazzo sa quanto sia così. La logica la capisci “dopo” e la capisci guardandoti indietro. Superi la tua incomprensione e il tuo sospetto solo nel momento in cui, fidandoti di qualcuno, rimani attaccato all’esperienza di una comunità fino a quando ti poi voltare in dietro e dire: questo era il Signore. Se è andata così con i discepoli non sarà diverso neanche per noi.