Domenica delle Palme

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Inizio da una domanda: cosa ha spinto Maria a sprecare il suo prezioso “nardo” per il Signore? Cosa spingerà la folla ad attendere Gesù e ad acclamarlo al suo ingresso a Gerusalemme? Cosa spinge noi a spendere il nostro “nardo”, il nostro prezioso tempo, per il Signore, per partecipare a questa settimana Santa?

La prima indicazione che traggo dal Vangelo è che questa motivazione può essere fraintesa. Giuda fraintende il Gesto di Maria e chiede che l’unguento prezioso venga venduto per i poveri. Alcune persone della folla fraintendono la loro curiosità e accorrono soprattutto per vedere Lazzaro.  

Il fraintendimento di Giuda sembra dirci che il nostro “spreco” di tempo a venire in Chiesa in questa settimana, non è da cercarsi nell’utilitarismo. C’è una vocina maligna che dice: meglio aiutare praticamente gli altri, meglio darsi da fare per un impegno umanitario. Mi dicevano alcuni ragazzi che la vita dei monaci di clausura è per loro inutile, sarebbe più utile quella dei missionari in Africa.

È un fraintendimento grave che spesso viene da chi poi non si occupa “degli altri”. Quando andavo come volontario in carcere, spesso i secondini all’ingresso mi dicevano: “cosa vieni a fare? Stai a casa che tanto questi detenuti non cambiano, ti prendono solo in giro”. Statisticamente, i secondini avevano ragione: circa l’80% di chi entra in carcere una volta ci ritorna anche una seconda. Davvero noi non cambiavamo la situazione. Davvero non c’era la possibilità di “aggiustare” le cose. Eppure, quanto era importante esserci gratuitamente e senza pretese essere lì soltanto per ascoltare.

Allo stesso modo, un secondo esempio, da qualche anno con un collega di scuola andiamo al don Orione di Seregno, un luogo dove ci sono molti uomini con gravi disabilità. Noi non cambiamo la loro situazione e penso che neanche la società più perfettamente organizzata potrebbe cambiarle. Noi non siamo medici, eppure quelle due ore passate con loro, senza la pretesa di aggiustare il mondo, sono davvero un gesto gratuito che insegna a vivere.

Credo che il gesto di Maria resti oggi importante. La gratuità di qualcosa che non viene motivato dal suo utilitarismo, ma che trova le sue ragioni proprio nel “surplus” e nell’eccedenza gratuita. Del resto, sarebbe possibile esprimere un gesto d’amore senza questa eccedenza? Un’amicizia può essere motivata dalla sua utilità o necessità? L’amico non è forse per eccellenza chi è “più che” necessario, chi esce dalla categoria dell’utilità?

Torniamo alla domanda iniziale: cosa ci spinge a sprecare il nostro “nardo”, il nostro prezioso tempo, per il Signore Gesù.
Credo che in noi, come nella folla, ci possano essere due sentimenti o motivazioni di fondo. Da una parte, sono animato da una profonda gratitudine. La gratitudine per aver ricevuto molto, per la vita che ho, per chi ho incontrato… Gratitudine che non può essere risolta con una causa o una fortuna, gratitudine che so avere a che fare con la “cura di Dio per me”, con il volto del Padre espresso da Gesù. Dall’altro lato, oltre a questo “grazie” esiste un “ancora”. C’è ancora il bisogno della salvezza, il bisogno di essere salvato. Salvato da cosa?

Ognuno di noi nella sua vita ha le sue richieste. Ognuno ha le persone o i casi per i cui pregare. Eppure, credo profondamente che oltre tutte le nostre richieste, al di là di ogni domanda di soddisfazione, esista un bisogno più profondo di salvezza. Sotto la brace di tutte le nostre domande si nasconde un fuoco e una inquietudine che ha altre radici. Per qualcuno può essere come la salvezza da una solitudine profonda oppure dallo sguardo giudicante su di sé, dalla paura di sé o degli altri.

Quello che ci spinge dal Signore sarà sempre questo profondo desiderio di salvezza che intuiamo avere a che fare con Gesù. Si tratta dell’intuizione che la sua persona possa riguardarci, possa sanarci da quel bisogno. Come per la folla, si accende un giorno e subito accorre, mentre il giorno dopo è già distratta e lontana.
Ognuno di noi forse mantiene la stessa ambiguità di questa folla, eppure il Signore morirà anche per loro. E anche i suoi più intimi, non meno della folla, al venerdì li vedremo altrove.