Dedicazione del Duomo di Milano

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Il Vangelo di oggi contiene tre detti di Gesù. I primi due sono collegati tra loro ed esprimono lo stesso insegnamento: la pianta che si giudica infallibilmente dal frutto, l’uomo buono o cattivo che si distingue dal suo agire e dalle sue parole. Il terzo detto invece contiene un’altro insegnamento ed è stato tagliato nella lettura di oggi: una vita fondata su una certezza solida che è in grado di superare le prove.

Mi soffermo sui primi due detti, collegati tra loro, perché penso contengano due questioni molto attuali. La prima è ciò che chiamerei “il criterio del frutto”. Siamo abbastanza abituati a discernere la bontà di una scelta da ciò che produce nell’oggi. Ho fatto la cosa giusta se oggi sono sereno, se sono felice. Facciamo invece più fatica a cogliere la logica di ciò che la scelta di oggi produrrà un domani, ovvero la logica del frutto. C’è a Milano, nella Metro, la pubblicità di un’applicazione di incontri che esalta la vita da single. Si vedono dei giovani felici e davanti la scritta “Single per vivere senza limiti”. È una provocazione molto attuale: credere che impegnarsi stabilmente in una relazione sia sopratutto una fatica, oggi ormai inutile. È vero: quanto ti impegni in qualcosa, ci devi rimettere tempo e libertà, devi considerare le esigenze dell’altra persona ecc. Perché dunque non eliminare questi aspetti negativi, di vincolo e di impegno, e tenere invece solo la parte buona di una relazione, come la compagnia e l’affetto?

Credo che questa provocazione contenta solo una parte di verità. Dimentica cosa accade alla lunga, dimentica la logica del “frutto”. La vita di chi non si è mai impegnato dentro delle relazioni continuative (sia affettive che non) diventa alla lunga una vita sterile, che non produce frutti, senza figli, senza nipoti, senza amicizie solide. Al momento più essere molto divertente, ma alla lunga penso ci si sentirà soli, si capirà di non aver lasciato nulla, nessun segno o traccia che rimanga oltre a noi stessi… Una vita felice non è detto che sia una vita serena e priva di affanni, ma certamente non può essere per me una vita sterile, senza frutto. Al contrario, posso sopportare molto oggi se so che la fatica che faccio ha un senso, porta un frutto buono. Non sono più in grado di sopportare nulla, nessuna minima frustrazione anche banale, se non vedo alcun frutto per domani.

Così parla anche il profeta Isaia. Isaia sta parlando della sua città, Gerusalemme, che è stata a lungo devastata dagli eserciti. Tuttavia, non fa quello che molti fanno sui social nei gruppi dedicati alla propria città -dove tutto è una lamentela continua- e non dice neanche “la mia città è stupenda”. Isaia dice: “so che la mia città sarà stupenda, arriveranno popoli che non la distruggeranno ma la abbelliranno, le case di ferro saranno di bronzo e quelle di bronzo saranno oro”. Non è quello che Isaia vede oggi, ma quello che è capace di sperare, è il futuro o la tensione per la quale il lavoro di oggi ha un senso.

A noi manca molto “vivere guardando ai frutti”. Il futuro è troppo spesso più nero del presente e sentiamo spesso i discorsi di speranza come vaga retorica. Ma sperare non è credere bonariamente che tutto andrà bene. Sperare è credere che le cosa avranno un senso, che le cose buone avranno visibilità e rimarranno e per questo valgono la fatica di oggi. Dice Gesù: “la donna quando partorisce è afflitta dal dolore, ma si dimentica in fretta del suo dolore perché è nato un figlio.”

Il secondo tema contenuto nei primi due detti è anche quello di un legame inesorabile tra frutto e pianta, tra cuore e azione o parola. Non c’è la divisione, alla quale siamo abituati e che chiamiamo “ipocrisia”, dove tu mostri un comportamento esteriore, una bella facciata, ma in realtà sei un’altra cosa. Per Gesù l’agire e il cuore sono strettamente collegati. Un amico mi diceva: “vuoi capire in cosa credono in ragazzi? non guardare cosa fanno a scuola, guarda come usano il loro tempo libero”. È dal “tempo libero” che si vede il cuore.

Per me, oltre che dal tempo libero si vede dalle piccole azioni quotidiane che -spesso ce lo dimentichiamo- sono le nostre scelte. Più che dai grandi propositi, dai grandi cambiamenti, delle grandi rivoluzioni, quello che siamo o che abbiamo costruito si vedere dalla nostra routine. Le azioni quotidiane sono già il modo con il quale scegliamo ciò che vogliamo essere -anche se spesso inconsapevolmente. Abbiamo scelto di venire a Messa alla domenica, abbiamo scelto di confessarci, abbiamo scelto di dire una preghiera alla sera… è questo che costruisce il nostro credo e la nostra fede, molto più delle promesse di grandi slanci o di grandi cambiamenti. Ogni tanto dobbiamo ricordarcelo. Diceva C.S. Lewis in un saggio sul cristianesimo: “Non perdere tempo a domandarti se «ami» il prossimo: agisci come se lo amassi. Subito, così facendo, scopriremo un grande segreto: quando ci comportiamo con qualcuno come se lo amassimo, ben presto arriviamo ad amarlo.”
In altre parole, dove non conosci il cuore -dove non conosci la qualità di una pianta, fossi anche te stesso- guarda il frutto, guarda il tuo agire, guarda cosa ha scelto di fare. Questo ti dirà oggi molto di più di quanto pensavi.