Cristo Re

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Proprio questa mattina mi sono trovato a scuola un gruppo di ragazzi che diceva, senza alcuna provocazione o sfida: “io penso che Dio, anche se c’è, non ha nulla a che fare con la vita di noi uomini. Se c’è, se ne sta lontano, ci lascia al nostro libero arbitrio o all’accadere dei fatti e per questo è del tutto inutile pregare”. Non sono ragazzi atei, ma ragazzi per i quali la vita non c’entra nulla con Dio.

Non ho naturalmente una facile risposta pronta e non posso affrontare questo grande tema. Tuttavia, oggi è la festa di Cristo Re ed è una festa nata proprio come provocazione di questa forma di ateismo. Provo a fare due riflessioni.

1) Paradossalmente, mi accorgo che il pensiero di questi ragazzi (Dio non c’entra con la mia vita) non è in realtà così lontano anche da me, almeno non totalmente. Non posso dire di essere totalmente immune dal dubbio di essermi clamorosamente sbagliato. So che anche per me esiste la minaccia dell’incertezza che fa balenare davanti agli occhi la paurosa fragilità dell’intero edificio della fede. Così, del resto, tanti grandi santi della storia hanno lasciato pagine nei loro scritti di dubbio estremo sull’intera questione della fede (Santa Teresa di Lisieux come di Madre Teresa di Calcutta). Dall’altra parte, sono assolutamente sicuro che lo stesso dubbio che fa traballare l’intero edificio delle certezze capitata o capiterà anche a quegli stessi ragazzi che incontro e che vedono Dio ben distante dalla vita, al punto da essere diventato loro indifferente. C’è dunque questo piccolo punto comune del dubbio che mi fa sentire sempre mai totalmente lontano a loro, ma anche, che fa sentire loro mai totalmente lontani da me. Turodo diceva in una poesia: “Fratello ateo, nobilmente pensoso, alla ricerca di un Dio che non so darti”. E’ vero, non so mostrarti la presenza di questo Dio, ma so almeno cosa si prova nei momenti di dubbio. Forse anche questo Vangelo non racconta qualcosa di diverso: Gesù –che sulla croce dirà anche lui “Dio perché mi hai abbandonato?”– si limita a far nascere sulla bocca di Pilato la domanda che attenta sempre alla compattezza della sua non fede: “cosa è la verità?”. Domanda che chiude questo brano di vangelo e che la liturgia di oggi ha purtroppo brutalmente tagliato.

2) Se prendo sul serio la provocazione di Gesù e dei miei studenti capisco che tutta la questione è nel vedere o nel non vedere le opere di Dio oggi. Non per rispondere a qualche ateo, ma per vivere io stesso da cristiano e dire “Cristo Re” non come una frase fatta, ma con stupore.
Cosa ho da raccontare io delle opere di Dio oggi?
In predica non è facile, ma in questo periodo vorrei direi questo. Le opere di Dio, dove posso dire Dio regna, sono state: un ragazzo che forse ha ritrovato un po’ di speranza e un po’ di fiducia dopo un brutto periodo e ho visto i suoi occhi cambiare… e una passeggiata in montagna dove un’altra amico dice: “sono cresciuto in un contesto dove devi sempre dare il massimo, dove per essere qualcuno devi essere il numero uno. Per fortuna, ho incontrato uno sguardo diverso, chi mi vuole bene per quello che sono… allora ho potuto ricominciare dopo una grossa delusione”. Di fronte a questi due fatti io torno a casa e dico: “qui Dio regna”.
Perché dico “qui Dio regna” e non dico semplicemente “sono stati fortunati” o “hanno trovato uomini in gamba che li hanno aiutati”?
Dico “Dio regna” perché riconosco che quello che accade, la gratuità di quello che è accaduto, per dirlo con il vangelo “non è da questo mondo”, non è sotto la logica del mondo che, da quello che vedo, rimane la logica che rifiuta e scarta chi è debole. In questo mondo si fa “male per male e bene per bene” o “si da se si riceve”… in questo mondo se non sei “furbo” sei nessuno… in questo mondo il pane te lo devi meritare… in questo mondo o ti adegui oppure sei fuori… Ecco, ogni volta che non accade questa logica tra gli uomini io dico “qui c’è qualcosa che non è da questo mondo” e poi penso, se è così, forse Dio regna.