Corpus Domini

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Siamo nel XIII secolo, quando si discuteva molto sulla realtà dell’eucarestia. Molti erano i dubbi e le domande, ma –a differenza di oggi– la gente aveva il coraggio di parlarne e di approfondire. Allora, come oggi, non tutti credevano che il pane consacrato potesse essere davvero il Corpo di Cristo. La più grande difficoltà non è tanto quella di andare contro una evidenza, ma di accettare una presenza così vicina e tangibile di Dio. Così come i contemporanei di Gesù faticavano ad ammettere che Dio potesse essere un uomo, ugualmente per noi, ciò che è davvero sconvolgente è che Dio si faccia a noi vicino in questo pane. Sono convinto che questa resti la vera difficoltà di tutti quelli che non riconoscono Gesù qui. Non tanto perché pensano al pane eucaristico come un “simbolo”, quanto perché preferiscono mantenere una distanza tra se stessi e Dio. In effetti farebbe tremare i polsi pensare che Dio sia il pane che spezziamo…

Torniamo il XIII secolo. Il figlio di un calzolaio di un villaggio al nord della Francia, di nome Giacomo Pantaleon, particolarmente dotato nello studio in Legge (diremmo un avvocato), fu mandato in Belgio come canonico nella diocesi di Liegi e divenne amico di una suora di nome Giuliana, superiora di un monastero vicino alla città. Suor Giuliana raccontava di aver ricevuto in sogno una missione: istituire una feste che celebrasse il Corpo del Signore. Ma né lei stessa, né gli altri credevano che questo fosse possibile. Giacomo Pantaleon però parlò di questo fatto in un sinodo vicino al quale dovette partecipare come esperto di leggi e il vescovo si convinse a istituire solo per la diocesi di Liegi una festa in onore del Santo Sacramento. La cosa però non piacque a molti che continuavano a non credere a quella suora. Giuliana fu costretta ad abbandonare il suo monastero e morì pochi anni dopo nascosta in un monastero lontano. Tutto sembrava destinato a fermarsi lì.

Tuttavia, Giacomo Pantaleon fece in fretta carriera e tredici anni più tardi fu eletto papa con il nome di Urbano IV. Scrisse segretamente una lettera sul valore dell’eucarestia, con il desiderio di istituire realmente nella Chiesa universale la festa voluta dalla suora che aveva conosciuto a Liegi. Tuttavia, la cosa non sembra possibile nella chiesa: non se ne capiva realmente il motivo.

Negli stessi anni però, un prete di Praga era assalito dai dubbi sull’eucarestia. Decise quindi di mettersi in cammino verso Roma, sul pellegrinaggio della Via Francigena, per essere liberato da questo tormento. E fu nella Chiesa di Bolsena, dopo aver percorso più di mille chilometri a piedi, che –come al solito assalito dai suoi dubbi– vide il pane eucaristico sgocciolare vero sangue umano. Chiamato il Papa, che allora non risiedeva a Roma ma a Orvieto, fu palese a tutti l’evento del miracolo e le reliquie furono trasportate ad Orvieto con una grande festa. L’evento diete il motivo per poter pubblicare lo scritto del papa e realizzare il desiderio di una suora di Liegi ormai morta… e forse il desiderio di Gesù stesso.

A memoria di questa storia restano non solo questa festa ma anche due opere di grande valore: la stessa cattedrale di Orvieto e l’affresco di Raffaello nelle stanze vaticane che raffigura il papa in ginocchio davanti al semplice sacerdote di Praga con in mano il corpo di Cristo.

Ho raccontato l’origine di questa festa anche per un altro motivo: quando ci si accorda al desiderio di Gesù c’è sempre una provvidenza che ci guida, anche oltre la nostra vicenda mortale. Questo mi insegna questa festa e anche il vangelo di oggi: i discepoli seguono il volere di Gesù e trovano come lui aveva detto. Potrei raccontare tante opere di missionari e di preti che esistono per puro caso o per pura provvidenza… perché nate accordate al volere del Signore. L’eucarestia mi ricorda anche questo: io spesso sono preoccupato che quello che ho in mente si realizzi… il pane di Gesù mi ricorda invece di trasformare il mio desiderio nel suo, di credere e di avere fiducia nella sua presenza nella vita e nella storia. Presenza davvero reale.