Anno C – X domenica dopo Pentecoste

1Re 3,5-15 Sal 71 (72) 1Cor 3,18-23 Lc 18,24b-30

Le affermazioni di Gesù iniziano davanti alla reazione di un uomo che diventa triste, anzi “profondamente triste”. Penso che noi diventiamo profondamente tristi quando siamo toccati nelle nostre certezze della vita.
Noi viviamo di piccole certezze nella vita. Sembra inevitabile. Certezze grazie alle quali tirare avanti, sentendosi un po’ bene e rassicurati. Nel bene e nel male.
Sembra inevitabile convincerci che stiamo andando sulla giusta strada, che quanto abbiamo fatto è bene. Convincerci che realmente noi abbiamo ragione (abbiamo tirato su una bella famiglia, una casa, un piccolo conticino in banca e ogni tanto siamo anche altruisti e generosi…) E convincerci, per non scalfire queste certezze, che quando sbagliamo lo facciamo solo perché ci siamo impegnati poco, ci siamo distratti.
Ma sappiamo che non è così. Le nostre piccole certezze non arrivano mai a diventare sicure. E anche i nostri quattro soldi, in certi momenti, sotto la crisi, ci sembrano una certezza da nulla.
E allora ci rivolgiamo al Signore. Molto ingenuamente – come questo giovane ricco – e gli chiediamo di non esserci sbagliati. E spesso accade proprio a noi che veniamo a Messa che ormai ci siamo conviti che il Signore ci rassicuri sempre nelle nostre piccole certezze e che solo resti da impegnarsi di più.
Ma molto ingenuamente lo chiediamo al Signore. Molto ingenuamente il giovane ricco chiede al Signore “maestro dammi la certezza di essere sulla retta via e che la mia sensazione di instabilità e di errore nasca solo dal mio poco impegno e da un dubbio reale…”.
E ancora più ingenuamente gli chiediamo questa certezza quando pensiamo di essere bravi cristiani perché siamo impegnati in parrocchia, perché adempiamo al precetto, perché diventiamo preti, perché ci sposiamo in chiesa e insegniamo ai figli l’educazione…
E gli chiediamo la nostra piccola certezza di stare facendo del bene, di essere nel giusto. Di non avere sbagliato tutto. Di nuovo di confermare il nostro piccolo tesoro di azioni buone, di piccole certezze.

Ma se ascoltiamo il Vangelo, la risposta ci dovrebbe rendere tristi, come per questo giovane ricco.
Perché il Signore a noi che insegniamo le piccole certezze, risponde: vuoi la certezza di essere nel giusto? Vedi tutti questi? Non hanno nulla di quello che hai tu. Sono così poveri che non hanno nulla da sperare e niente da perdere. Non si azzardano a definire ciò che è giusto e non si vantano di esserlo. Chiedono solo di essere guariti, di essere guardati con compassione e di avere il loro pane quotidiano. Predi la tua roba (soldi o piccole azioni) e dalla a loro e nulla ti farà più paura, neanche la morte.
Se cerchiamo conferme alle piccole certezza di cui viviamo, ai nostri piccoli tesori, è già perché non ci fidiamo di Lui. Se cerchiamo la conferma di quanto siamo e di quanto abbiamo perché non sappiamo che “solo Dio decide ciò che è possibile e impossibile” e che la nostra intelligenza è “stoltezza agli occhi di Dio”.
Se cerchiamo certezze di nostri piccoli tesori di opere buone o di soldi in banca, resteremo profondamente delusi.
Chi entrerà nel Regno è un bene che non si può possedere, ma si può invece imparare a desiderarle, con tutto il cuore e con tutta l’anima. Perché quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Se sinceramente lo desideriamo, se è alla sua bontà alla quale ci affidiamo realmente, allora già lo abbiamo trovato. Perché attendiamo solamente di sapere che puoi lasciare a Dio il compito di colmare il nostro desiderio di vita eterna.
Davvero senza sapere risposta gli chiederemo “Signore che accadrà di noi?”. E attenderemo da lui. Imparando solo a desiderare e a sperare.
Ti vuoi fidare di Dio? Ti vuoi consegnare al padre come fa Gesù, seguendo la strada severa e spensierata dello sciallo di ogni ricchezza che ti divide dal tuo fratello del quale Dio si prende cura? Se ti puoi fidare la domanda ha avuto risposta.
Se invece non ti puoi fidare, fai pure altre diecimila volte la domanda e la risposta non verrà. Dedicati tranquillo alla ricerca di come guadagnare di più e lascia perdere le certezze e la vita eterna. Perché, con buona pace di molti, non possiamo obbedire al comandamento di Dio e all’indice di Borsa insieme, per assicuraci due vite.