Anno C – VI domenica dopo il Martirio del precursore

1Re 17,6-16 Sal 4 Eb13,1-8 Mt 10,40-42

“Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli”.

La parola “accoglienza” è diventato spesso un tema di chiacchera politica o eccleisale.
La chiacchera politica che discute senza criteri sulla necessità o meno di accoglie stranieri, immigrati, rom…
E questa chiacchera politica da Bar – aimé – è per molti l’unico quadro complessivo di questa parola.
Allora Dio ci scampi da voler tirare in ballo il vangelo, e la parola evangelica “accoglienza”, per queste chiacchere.

Oppure è chiacchera ecclesiale che – sempre un po’ moralistica – invita ad una accoglienza indiscriminata, insegna ai bambini che bisogna “volere bene a tutti” “non prendere in giro nessuno”, ma parola così spesso lontana dalla fatica reale della vita quotidiana e dallo spessore del vangelo (come dire: il vangelo non è la buona educazione).

La lettera agli Ebrei parla invece in modo molto più reale ed esce subito dai nostri schemi.
Sa che nella vita reale sono pochi e nascosti – “alcuni” dice – quelli che praticano realmente l’accoglienza e altresì sa che “senza saperlo” questi pochi accolsere degli angeli.
Penso che se togliete questo “senza saperlo” togliete la verità dell’accoglienza. Perché la verità dell’accoglienza stà nella generosità di dare valore alla persona, e non nel contraccambio al valore che una persona merita. Ti so accogliere proprio nel momento in cui so che non sei un angelo, eppure – quando ti guardo, quando ti ascolto, qunando ti cerco – credo nel tuo valore, come uno che crede che anche tu sei stato fatto “poco meno degli angeli”.

Sono tante le tracce che molto dovremmo imparare dal vangelo su come si accolgono gli altri e come si accolgono i piccoli e quelle persone che sono “apostoli” ovvero “mandate dal Signore” – come gli angeli appunto (e non sono per forza i preti).
Accogliere i piccoli e respingere con forza i violenti, i lupi rapaci che – nascosti nel mondo – fingono di idolatrarci pur di riempirci dei loro prodotti, delle loro chiacchere e delle loro mode.

I piccoli sono tanti oggi, hanno diverse età, ma sono certamente anche quelli reali, i giovani anagrafici che alcune mamme chiamano “mio figlio”, sottolineando forte con la voce il “mio” e così spesso pensando di essere in fondo le uniche a conoscere veramente chi hanno generato nella carne.
Accogliere loro è anzitutto smettere di pensare che siano nostri e che seguano noi. Smettere di pensare che i propri figli, perché piccoli e bisognosi delle nostre cure, siano di nostra proprietà. Sono loro e chiedono di essere accolti e guardati e considerati come diversi da quelli che noi vorremmo, che noi ci saremmo immaginati e che noi speriamo con tutto il cuore.

Ci sono ragazzi che chiedono spazio tra noi. Spazio reale di una accoglienza che non li soffochi. Cercano persone con orecchie disposte ad ascoltarli per quello che sono perché troppo soffocati e riempiti dalle cose di altri.

Riempiti dalle mode di altri: quelle stesse mode che hanno occupato i loro pensieri e li hanno portati in giro per negozzi alla ricerca di un sé, del loro vestito, dimostrano anche di essere violente propagande di idee inospitali – perché in fondo per nulla interessate di loro. Detto in altri termini con un esempio: alla Maria de Filippi di Amici nulla interessa di noi che la guardiamo (non sa neanche chi siamo), ma ci violenta usando ogni mezzo per tenerci attaccati alla sua trasmissione. Come potrebbe essere questo uno spazio ospitale dove vive davvero qualcosa di nostro e non di loro?

E poi riempiti dalle agende di altri: schiacciati tra la scuola, il baschet, l’inglese e la pallanuoto. Schiacciati perché è come se gli si comunicasse ovunque che loro hanno spazio solo quando apprendo… hanno spazio e successo solo se sapranno bene l’inglese… hanno spazio solo se possiedono quello che avevamo pensato per loro…

L’io dei piccoli è oggi molto schiacciato perché privato di una reale gratuità nei loro conflonti, di un ascolto che non abbia secondi fini.
Uno spazio vuoto nell’altro apposta per loro, che non abbia nulla da chiedergli e nulla da vendergli.

Se offriamo questo ai nostri piccoli, li scopriremo (non senza dolore) sempre diversi da come li pensavamo, e forse alla fine qualcuno capirà che è anche lui è rimasto in vita per questo: per la cura disinteressata e gratuita di un padre.
Ho l’impressione che sarebbe come il bel bicchiere d’acqua fresca di cui parla il vangelo.