Anno C – V domenica di Avvento

Is 30,18-26b Sal 145 (146) 2Cor 4,1-6 Gv 3,23-32a

Vorrei arrivare al centro di queste letture partendo da un particolare, apparentemente insignificante: un Giudeo – prima si dice che Gesù battezza in Giudea, vicino a Gerusalemme – va nella Valle del Giordano e mette zizzania tra i discepolo di Giovanni. Non discute né con Gesù né con Giovanni, mette in confusione la parte più debole. Ma i discepoli non si fanno scoraggiare e pongono la questione a Giovanni stesso, con tutta quella lunga perifrasi per non usare la parola Gesù (servirà a qualcosa…) “colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui”.
Forse senza saperlo, l’anonimo Giudeo – che assomiglia a quelle persone che “loro” hanno capito tutto della religione e vogliono spiegartela e dirti come è andata veramente e come è stata tradita e oscurata dalla Chiesa (ce n’è in ogni tempo) ecc. – questo Giudeo offre lo spunto a Giovanni per dire di nuovo ai suoi quella novità che fa la differenza del cristianesimo, differenza che neanche Giovanni non potrà mai colmare.
Deve essere stata una cosa dura da capire (che non ci si aspettava), anche perché i discepoli di Giovanni hanno appena detto di avere ascoltato già una volta la testimonianza di Giovanni su Gesù. Malgrado questo è bastato un omino della Giudea per metterli in crisi, come a Pietro che è bastata una donnina davanti a un fuoco per far tradire il Signore – non aveva ancora visto il Risorto. E qui Giovanni deve ripetere qualche cosa che anche i suoi uomini religiosi sembrano non intendere, “suona anche tanto bello ma non so cosa significa”; anche per gli uomini religiosi già ben preparati dal catechismo.
Cosa dice Giovanni? Giovanni dice che c’è una purificazione che viene dall’alto. Che c’è una salvezza che viene dall’alto, che c’è un uomo che ha visto e udito dall’alto. C’è una prospettiva dall’alto – dove l’uomo rinasce dall’alto – dove vede e ascolta cose diverse da quello che può ascoltare o vedere soltanto dalla terra. Questa prospettiva (che non è nelle nuvole ma cose che vedi e ascolti) viene da Dio. O viene da Dio – è dall’alto – oppure è “dalla terra” e destinata a finire.
Lo dice anche Paolo: noi non siamo veri testimoni perché abbiamo convito tutti, molti restano impassibili, ma siamo testimoni perché possiamo far conto sul fatto che viene “dall’alto”. “Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo… ” ed è Dio che dice “tu rifulgi dalle tenebre”.
Lo dice anche la prima lettura di Isaia: o la salvezza viene dall’alto oppure si muore. E butta via (il testo dice come si butta via un “assorbente pieno di sangue”) tutte le tue false certezze (anche religiose) che non vengono dall’alto. Noi siamo pieni di piccole e false certezze per il nostro accomodamento quotidiano. Simon Weil dice che tra due persone che non hanno l’esperienza di Dio – paradossalmente – colui che lo nega gli è forse più vicino. Perché le false certezze, il falso Dio che assomigli del tutto al vero impedisce per sempre di accedere al vero.
Abbiamo bisogno più del pane di attendere qualche cosa “dal cielo” e non solo cose che siano il prodotto dalle nostre braccia. Una desiderio più grande che un buono stipendio, sapere l’inglese, un po’ di salute… un desiderio più grande di questo.
Il cielo si è abbassato troppo sulle nostre teste e ci sentiamo un po’ soffocare. Iniziamo a sentire nostalgia per un cielo più alto e un mondo più profondo delle nostre quattro false ricchezze che possediamo.
Ma siamo esitanti, come questi discepoli di Giovanni, perché temiamo che un desiderio più ampio contenga anche i nostri incubi, la nostra umiliazione, il nostro fallimento… temiamo di non reggere a qualcosa di più grande, qualche cosa che competa con l’infinito, con Dio.
Ecco, il “cielo” di Gesù è quello “dall’alto” – che torna ad essere infinito – e allo stesso tempo svuotato dall’incubo del nostro fallimento o del nostro successo perché abitato soltanto dal desiderio univoco del nostro bene, Dio desidera solo questo per te e si impara a non sentirsi più poveri di fronte a Dio. Non sentirsi più poveri di fronte a Dio.
Per credere abbiamo bisogno di tornare a questo livello, in questa dimensione. La carne è carne: devi rinascere dall’alto e dallo Spirito o non capirai mai questo Dio, questo Padre, la sua chiamata, cosa ti sta chiedendo. Siamo sordi perché siamo in un altra sintonia e non riusciamo a percepirlo.