Anno C – Battesimo del Signore

Is 55,4-7 Sal 28(29) Ef 2,13-22 Lc 3,15-16.21-22
Non so quale immaginario o quali idee nascano in voi davanti alla scena del battesimo del Signore. Ho la sensazione che non ci sia un evento della vita del Signore che ci lasci tanto indifferenti e al quale non abbiamo nessuna immagine per noi. A volte diremmo il “momento dell’elezione”, ma subito capiamo che è debole l’immagine perché sappiamo che Gesù è Gesù fin dalla nascita… Né possiamo dire liberazione dai peccati…
E se per molte altre immagine abbiamo un significato immediato che le rendono comprensibili anche senza tutta la teologia (le tentazioni , Gesù che guarisce, i Re magi, la croce…) per il battesimo ho l’impressione di una certe freddezza, di un vuoto nel nostro immaginario.
Allora vorrei che provassimo ad associare a questa immersione di Gesù nel Giordano una parola semplice e profonda al tempo stesso che – a mio avviso – ne illumina il senso e offre un appiglio.
La parola è “solidarietà” e infatti non c’è un altro motivo per cui il Signore fu battezzato. Il racconto di Matteo dice appunto che Giovanni voleva rifiutarsi da battezzarlo, ma Gesù insiste per fare anche lui il cammino di tutti gli altri discepoli.
Lo so, “solidarietà” è parola ambigua e maltrattata e magari ci vengono in mete i servizi sociali… E’ parola ambigua che può dare anche fastidio. Il fastidio di chi si abbassa dal suo gradino per mostrarsi gentile e affettuoso ma rivelando tutta la sua superiorità, mostrando che tu in fondo sei solo più in basso e bisognoso di aiuto. Questa è la solidarietà di molti uomini oggi, che altro non fa che aumentare il loro narcisismo. E’ una forma mascherata e sofisticata di disprezzo.
Quale è invece la solidarietà di questo Battesimo? E’ una forza, una forma di resistenza, una cocciutaggine, contro la rassegnazione dell’uomo.
La nostra vita è attraversata da scandali. Lo scandalo di comportamenti sbagliati dei nostri fratelli e che pure sentiamo come “nostri fratelli”. Lo scandalo dell’interruzione di legami e amicizie che contenevano una promessa che viene continuamente infranta o tradita.
Gesù si immerge nel Giordano confondendosi con tutti questi uomini attraversati dagli scandali, perché non vinca la rassegnazione, perché non abbia la meglio chi crede che in fondo l’uomo resterà questo nulla.
Quando rinasce in noi il dubbio di essere nulla, di non avere combinato nulla, ci venga in mente questa immagine del Figlio di Dio che scende con gli uomini nel Giordano. Ci incoraggi ad attendere e a pregare una voce che dica a noi “tu sei il mio amato”.
La solidarietà del Figlio è contro ogni rassegnazione dell’uomo. E’ questa solidarietà del Figlio che rende – come dice Paolo – famigliari di Dio.
Lo ha capito una donna ebrea, durante la sua esperienza in un campo di smistamento in Olanda. Questa donna – che si chiamava Etty Hillesum –aveva i mezzi per scappare dal campo ed evitare la deportazione in Polonia ma decide di rimanere e vivere affianco del suo popolo.
Scrive in una delle sue bellissime lettere:
“Io credo che dalla vita si possa ricavare qualcosa di positivo in tutte le circostanze, ma che si abbia il diritto di affermarlo solo se personalmente non si sfugge alle circostanze peggiori. Spesso penso che dovremmo caricarci il nostro zaino sulle spalle e salire in un treno di deportati.”