Anno B – VII domenica dopo il Martirio

Is 43,10-21 Sal 120 1Cor 3,6-13 Mt 13,24-43

Cosa accade quando accade Dio? Ci sono esperienze della nostra vita che posso avere la certezza di dire “ecco Dio!”? La certezza che c’è qualcosa “di vero e buono” oltre noi stessi?
La domanda è una domanda di sempre. Anche se non ce la facciamo – anche se i nostri ragazzi non se la fanno – guida le nostre azioni e ci fa dire di una cosa “questo veramente è bello”, “questo ha senso!”. E alla fine “non ho vissuto per nulla”.
E’ la domanda dei discepoli e delle folle al Signore ed è la domanda che muove queste “parabole del Regno” che iniziano tutte dicendo: “il regno dei cieli è simile…” – come dire: “ecco cosa accade quando accade Dio”.
Cosa pensa il discepolo di questa domanda? Cosa pensa anche Israele di questa domanda – che Isaia dice essersi dimenticato della sua esperienza di Dio (e gliela ricorda)? Cosa pensiamo noi a duemila anni di distanza? Cosa accade quando accade Dio?
Anche noi società atea o laica, anche noi abbiamo una risposta – e questa resta annidata nella profondità della nostra esperienza che nessun ateo è abbastanza ateo da poterla sradicare del tutto. E basterebbe l’infinita serie televisiva di film sulle catastrofi naturali (sulla fine del mondo o delle risorse) per convincerci.
La nostra risposta è questa: quando accade Dio accadono grandi eventi dove l’uomo sa di essere un fragile filo d’erba. Quando io nell’esperienza sono costretto ad un essere impotente – di fronte a infinite esperienze della vita – lì, “certo”, “accade Dio”. E questa esperienza (che costata ogni società – perché nessuno è così potente da non farla) annida questa profonda idea: la piccolezza dell’uomo (la sua impotenza) corrisponde alla grandezza di Dio. E al limite l’annullamento dell’uomo (o del mondo) corrisponde all’apparire di Dio.
In questa prima parabola Gesù fa come esplodere una “bomba” dentro questa idea – e i discepoli ne vogliono anche una spiegazione perché non capiscono proprio come sia vero: Dio non accade in questa parabola quando accade “la fine del mondo”! Certo accadrà anche in questo, accadrà anche che le steli di grano vengono raccolte, ma questo non è l’accadere primario di Dio. L’accadere di Dio è il crescere silenzioso del grano insieme alla zizzania, e l’evento definitivo non sciuperà nulla di questo grano, anzi verrà raccolto e custodito. Altro che catastrofe!
L’apparire di Dio è ben più silenzioso di ogni facile giustizia o di ogni sentimento che schiacci l’uomo a piccolo verme, e essere impotente. Altro che piccola formichina: questo lasciamolo fare ai film. Il Dio cristiano ci stima a tal punto da non volerci cambiare con nulla, anche se contenessimo molta zizzania. Ecco la novità che siamo duri d’orecchie a sentire: Dio ci stima a tal punto da non voler permettere a nessuno – neanche in nome di Dio o a giusta causa – di voler strappare un solo filo d’erba. E proprio questo è l’accadere di Dio: non la sua fine, ma la sua custodia. Non associare l’apparire di Dio alla tua piccolezza, perché Dio è contento quando ridi e piange quando tu piangi. Ecco cosa accade quando accade Dio: il grano cresce con la zizzania e nulla del grano (delle cose buone che il Signore mi ha insegnato a crede) andrà perduto.

C’è una seconda risposta che diamo alla nostra domanda: “cosa accade quando accade Dio?” Noi diciamo – superficialmente – che “si cresce”. Quando vediamo che una cosa prende piede e si espande e si diffonde ecc. subito diciamo “qui c’è all’opera Dio” e magari ci rifacciamo a queste parabole del seme di senape e del lievito.
Eppure dobbiamo stare molto attenti in questo. Potremmo cadere in una grossa ingenuità: perché noi siamo malati di “crescita”. E’ diventata legge di mercato: se non cresci vai male. E abbiamo addosso anche una certa ansia per questo cristianesimo che vorremmo veder crescere e che invece retrocede drasticamente (prima era il 45 % ora siamo al 38 %) e come faremo? E i nostri giovani? C’è ansia in tutto questo – che certo non è del Vangelo.
Ma il Vangelo che abbiamo letto – fatto di gente che erano 4 gatti e dicevano “abbiamo evangelizzato l’Asia” (dovremmo imparare) – il Vangelo ha una sottile ironia di Gesù.
Gesù parla con persone che vorrebbero (come noi) la comunità come un grosso albero dove sono presenti tutti, con i rami… (una visione di Ezechiele 31, il “cedro enorme”). E invece Gesù è ironico e dice: siete un semino da nulla che sì – tra cento anni o al tempo della mietitura non sai – sarà un albero dove ci sarà posto per quelli che neanche immaginavi (e che magari avresti strappato via come zizzania). E poi: siete come un pizzico di lievito in 10 chili di pasta.
La differenza è sottile ma decisiva oggi, dove si torna ad essere pizzico di lievito o granellino. La differenza è che l’ansia della nostra crescita ci è tolta per sempre! Se dovessimo essere preoccupati di questo (di quanto siamo obesi, di quanto ci siamo ingranditi), ci condanneremmo noi stessi e strapperemmo zizzania (dove pensiamo noi) e non vedremmo il seme o il lievito.
E invece noi restiamo (!) piccolo seme e pizzico di lievito – e il Signore saprà far crescere e anche far fiorire il “deserto” (dice Isaia) – a patto che però ci è togliamo per sempre l’ansia della nostra riuscita e del nostro successo.
Non ci abbatteremmo ad ogni insuccesso e non ci sentiremmo tanto orgoglioso ad ogni successo. Avremmo invece una fiducia che viene dal Signore e che nessuno ci può togliere perché questo è veramente l’accadere di Dio.