Anno A – Epifania del Signore

Isaia 60, 1-6 Sal 71(72) Tito 2, 11 – 3, 2 Matteo 2, 1-12

Due osservazioni su queste letture e su questa celebrazione.
Siamo qui per celebrare la manifestazione del Signore Gesù. Questo non significa – ed è il primo aspetto – che dobbiamo aspettarci che tutti conoscano il nome di Gesù, che come una grossa propaganda (appendiamo cartelloni, occupiamo gli spazi pubblicitari… potremmo qualcuno ci ha pensato) noi diffondiamo il nome di Gesù. C’è molto di più e c’è qualche cosa di molto più profondo.

Che la verità si rivela (abbiamo ascoltato: “viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”) significa qualcosa che va a toccare quello sforzo nostro e di tutti gli uomini di realizzare il nostro desiderio di vivere nella pace, vivere senza rimproveri, vivere in una famiglia lieta… Qui dobbiamo arrivare. Mi diceva un ragazzo: quanta nostalgia di vivere un tempo senza stress…. “senza stress”, senza la mamma che mi urla, il padre che pretende, la nonna che vorrebbe e in più sta male… quanto desiderio.

La prima osservazione è che questa parola insegna che questo desiderio è alla radice di tutta l’umanità: fa muovere i passi anche di persone che vanno con i cammelli e non parlano la nostra lingua, è lo stesso che hai tu e che ha il tuo compagno di banco che è scuro di pelle e che ha un odore diverso dal tuo. Anche i vostri genitori hanno desiderato per loro stessi la stessa cosa: anche loro hanno desiderato di non essere rimproverati, hanno desiderato di essere amati da quella ragazza…

Eppure, insegna anche questa parola: la radice profonda del desiderio della nostra felicità non è alla portata delle nostre mani. Si manifesta. Non è prodotta dal nostro sforzo, dal nostro rimboccarci le maniche.
Dunque togliti dalla testa di voler fare della tua vita una cosa perfetta o di riuscire un giorno (sarà sempre un giorno!!) ad avere messo a posto tutto nella tua vita. Smettila anche di fare il moralista: mi devo impegnare di più, se fossi più bravo… ti sembra che….

Questo significa una cosa importante: la verità – insegna questa pagina – si manifesta (ha la sua stella). Smettila di chiederti cosa posso fare per raggiungerla per me, e inizia a domandarti cosa posso guardare. Perché se non guardi fuori da te, non la vedi questa verità, non lo raggiungi quel desiderio.

Già “cosa devo vedere?” Io dico: ci guardiamo troppo e così abbiamo smesso di vedere. Allora la verità resta nascosta nella grotta e la stella resta muta.
Avete in mente la mamma che dice al suo figli quando è triste: ma non vedi quante cose ho fatto per te…. E a volte capita che il figlio si rende conto di quante frigne faceva per nulla, oppure si rende conto che dove lui non sapeva e non voleva (e stà qui il bello) alla fine è stato ricompensato.

E mi verrebbe da dire: almeno insegniamo ai nostri figli che la profondità del nostro desiderio ci fa tutti uguali sotto questo cielo. È l’unica arma vera che abbiamo contro la minaccia dell’altro. L’altro è sempre una minaccia se non scopro che anche lui è animato degli stessi desiderio che ho io e guarda lo stesso cielo e la stessa stella che guardo io.
Ecco cosa significa quella pagina di Isaia che dice: tutti verranno qui.

La comunità cristiana serve per questo: ad allenarci in questo comune riconoscimento (siamo tutti fratelli non perché abbiamo lo stesso papà ma perché sappiamo essere tutti sotto lo stesso cielo) e ad allenarci a non rassegnarci mai dicendo “troppo bello per essere vero”. Ecco la bestemmia cristiana: “troppo bello per essere vero”.
La si dice spesso quando si è smesso di vedere.
Se il desiderio si è ridotto a questa nostalgia lo abbiamo già perso, e perdendolo abbiamo anche perso il legame profondo che ci univa al nostro fratello.

Nella cattedrale di Auton c’è un capitello che raffigura i tre Re Magi che dormono e mentre dormono di fronte a loro compare un Angelo che con una mano tocca un Re Magio e con l’altra indica la stella. Ma il bello è che i tre Re Magi dormono tutti e tre insieme nello stesso letto e sotto la stessa coperta. Tutti e tre accomunati da un unico desiderio che ci rende uomini.